La Cour Royale

Étienne-François, conte di Stainville, duca di Choiseul

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view post Posted on 28/12/2012, 14:37     +1   -1
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Siamo a Nancy, quella che allora era la capitale della Lorena, e mercoledì 28 giungo del 1719 sentiamo un creaturino lanciare il suo primo vagito. Non è bello, non certo con l’occhietto furbetto e un po’ porcello, i labbroni spessi, il naso a trombetta ed il mento che ha una fossetta ma sembra po’ l’osso che sbuca della coscia del pollo; bello no, dicevamo, ma rompipalle si: si tratta dell’intrigantissimo Étienne-François, dapprima titolato conte di Stainville, e poi duca di Choiseul.

Il suo cielo ci lancia degli avvertimenti: un Marte in Pesci afflitto lo inclina all’autoindulgenza, oltre che alla sensualità non troppo regolata, opposto ad un Giove in Vergine che gli aumenta le capacità critiche e d’analisi ma in cambio gli procura la possibilità che i suoi lo possano tradire; l’opposizione dei due pianeti lo porta a strafare, strafare… i rischi di perdite dei beni e di danni economici sono alti, così come quelli di vertenze legali. Una Venere non troppo ben posizionata ne fa un soggetto dispersivo in amore, Mercurio in Gemelli male influenzato da Marte ce lo fa vedere pettegolo, linguacciuto, dispersivo e arruffone negli affari.

Passando dalla carta del cielo a quella dei libri di storia vediamo che il nostro Étienne-François nasce in piena Reggenza, con un clima totalmente diverso da quello del regno precedente: la vecchia nobiltà inizia a rialzare la testa, dopo essere stata debitamente bastonata da Luigi XIV a colpi di etichetta. Il sistema di Law porta un po’ di prosperità, per quanto effimera, e la gioventù di Luigi XV crea speranze per il futuro, ma anche le premesse per la sua ossessione per il proprio piacere… in tutto questo come s’inserisce l’infanzia del piccolo Étienne? Non lo sappiamo bene, perché non ne fa granché parola nei suoi Mémoires: “[…] la mia infanzia e la mia giovinezza sono trascorse come quelle di tutti […]”; dagli archivi familiari sappiamo che la sua educazione fu molto trascurata, e che della sua permanenza nel collegio dei Gesuiti il Nostro conserva un ricordo, oltre che un beneficio, molto mediocre.

La cosa migliore, per lui, fu iniziare la carriera militare a 17 anni, fa le campagne francesi dal 1736 al 1738, e nel 1739 passa al servizio dell’Imperatore. Come aiuto di campo del Duca di Lorena assiste alla famosa giornata di Kreska nella quale gli imperiali si fanno battere dai Turchi. Peccato però che al suo ritorno in Francia scopra di avere perso il giro della giostra: tutti i suoi coetanei sono provvisti di un reggimento, e lui no. Se uno non ha un reggimento, neanche piccino picciò o di scarto, come ammazza il tempo? Leggendo, divertendosi, e seminando epigrammi in giro dappertutto grazie alla sua proverbiale linguaccia. Ma che genio! Giusto per crearsi dei nemici furibondi, come il marchese d’Argenson, ministro della guerra… infatti nel 1741 inizia la guerra di Successione Austriaca, e Étienne-François resta a piedi un’altra volta, d’Argenson è intrattabile e la sola speranza possibile per Stainville è il Maresciallo de Noailles; questi non riesce ad ottenere nulla, perché è necessario vincere troppe prevenzioni, cara grazia se riesce a prendere Étienne-François nel suo stato maggiore. Non che Stainville fosse un codardo, tuttaltro: gagliardo e spregiudicato nel guerreggiare come nel parlare, dà più volte prove di coraggio che gli faranno avere una carriera rapida nonostante l’ostilità delle alte sfere; intanto dalla sua posizione accanto a Noailles riuscirà ad assistere alla famosa battaglia di Dettingen nella quale, per colpa dell’indisciplina d’alcuni ufficiali francesi, Noailles fu battuto dagli Inglesi. Chi porta la rovinosa notizia a Corte? Noailles di certo no, ma ritiene opportuno spedirci Stainville, contando sul suo eloquio e sulla sua oratoria che, si spera, userà a proposito per una volta. Colpo di scena: Étienne-François fa meraviglie, si fa notare per la sua intelligenza vivace e il suo savoir-faire. Gli viene perfino proposto, in via ufficiosa, un viaggio a Vienna per scoprire se e quanto potessero essere pacifiste le vocazioni degli imperiali; lui rifiuta, saggiamente, preferendo aspettare un’occasione migliore per spendere il credito di cui godeva a Vienna.

Torna al servizio militare, dove passa dal servizio del Principe di Conti (battaglia di Charleroi) a quello del Maresciallo Maurice de Saxe, ma senza perdere la sua capacità di inguaiarsi per aver detto una parola di troppo: infatti scommetteva sulle sconfitte dei francesi coi compagni; lo stesso Maurice de Saxe lo deve rimettere al suo posto più di una volta; durante una riunione di ufficiali gli disse: “[…] Monsieur de Stainville, voi avete un bel nome e vi deve attirare della considerazione. Siete alla testa di un bel reggimento, e ve ne attira ancora. Ma dovete a Re fedeltà e riconoscenza. So che linguaggio usate di solito. Se mai vi capitasse di ripeterle, o di accettare una sola scommessa della natura di quelle che fate tutti i giorni, Monsieur de Stainville, ricordatevi bene questo: vi farò marcire in un forte per tutto il tempo che avrò l’onore di comandare le truppe del Re […]”. Étienne-François ricordò la lezione e non marcì da nessuna parte, almeno in quell’occasione: dodici anni dopo, diventato ministro della Guerra, Choiseul doveva ripristinare l’ordine e la disciplina nelle armate reali, le stesse cose che aveva tanto dileggiato in gioventù.

Nel 1748 la pace di Aix-la-Chapelle mette fine alla guerra ed anche alla carriera militare del Nostro, che riprende la sua vita gozzovigliante di dissipazione e piacere; tuttavia, non essendo ricco come il cugino César-Gabriel de Choiseul-Chevigny, duca di Praslin e segretario di Stato per gli affari esteri, si vede assediato dalla rovina, e quindi nel 1750 pensa bene di sposare un mucchio di soldi, personificato nella graziosa e docile Louise-Honorine Crozat de Châtel, nipote del celebre finanziere che colonizzando la Louisiana acquisì fortune immense.

Devota sposa ripagata malissimo, aveva più corna in testa lei di un cesto di chiocciole, sposata minorenne con un marito che non solo le sarà infedele e la maltratterà per tutta la vita, ma che sembra l’abbia perfino violentata, dodicenne, la prima notte di nozze, questo per lo meno secondo la penna di un altro bell’esempio d’integrità morale: Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, quindi è una notizia da prendere abbastanza con le pinze; certo è che il matrimonio di Stainville resterà sterile. Ma che cosa pretendere da un’unione nata solo per sostituzione, come legato ereditario di affetto mancato? Antoinette, moglie di un lontano cugino di Stainville (figlio del Maresciallo de Biron), il duca di Gontaut, era la sorella maggiore di Louise-Honorine, ed anche la prima delle donne cui Étienne-François dovrà la sua fortuna; ne è perdutamente innamorata, e poiché ha la sfortuna di morire di parto alla giovanissima età di 19 anni pensa bene di strappare alla sorellina, di soli 10 anni, la promessa che un giorno futuro sposerà Stainville. Tanto per essere pettegoli, il legame tra la moribonda ed il futuro ministro è tale che tutta la corte sospettava che il figlio fosse suo, non del marito; figlio destinato a far del chiasso abbondantemente per conto suo: si tratta nientemeno che di Armand Louis de Gontaut-Biron, duca di Lauzun, lo stesso dell’affare della piuma d’airone di Marie-Antoinette e generale rivoluzionario ghigliottinato durante il Terrore. Che fare di tutti quei soldi, adesso che se li è sposati? Ma buttarli dalla finestra, ovviamente: in un solo inverno Étienne-François si mangia i ventimila scudi risparmiati dal padre in sessant’anni, i milioni della moglie gli sono più necessari dell’aria che respira.

Nel 1750 scopre che è vacante l’ambasciata a Roma. Gli fa gola, e molto. Per arrivarci riesce a cambiare l’iniziale inimicizia della Pompadour in un legame molto stretto che gli spianerà la strada del successo: vi riesce tramite un affare di donne, come al solito. La duchessa di Choiseul-Romanet, sua cugina, è manovrata da un’altra intrigante, la contessa d’Estrade, perfida amica della Pompadour. Un intrigo inizia, e la Romanet intrattiene una corrispondenza con Luigi XV; Étienne-François pensa bene di impossessarsi delle lettere della cugina e di consegnarle alla favorita, della quale tutto possiamo dire tranne che fosse stupida o irriconoscente. La strada per l’ambasciata di Roma è libera, nonostante Luigi XV gli serbi un enorme rancore per avergli scoperto gli altarini; il Re è sempre inerte e la marchesa è più pressante del dovuto, alla fine Luigi cede e Stainville scrive divertito nei suoi Mémoires: “[…] credo di essere il solo esempio che abbia avuto modo di dare al re la forza di rifiutare al suo ministro quello che non voleva accordarle […]”. Ricordiamoci che Roma è al terzo posto per importanza in Europa, dopo Madrid e Vienna, e un’ambasciata simile è solo un trampolino di lancio per migliori cariche future.

La coppia comitale di Stainville si installa a Roma il 5 novembre 1754, senza alcuna fretta; Étienne-François vi dispiegherà un tale lusso e fasto da annebbiare quello pesante dell’opulenta corte pontificia. La sua entrata trionfale, il 21 marzo 1755, gli costerà oltre centomila livres, e assicurerà alla Francia una grandeur senza pari. Grandeur che Stainville cerca di mantenere sopra ogni limite consentito e oltre ogni pudore. Al teatro Argentina, tradizionalmente, veniva assegnato un palco all’ambasciatore di Francia ma la nobiltà romana aveva ottenuto da Papa che i palchi fossero estratti a sorte. Stainville fece un tale clamore che il Papa gli inviò un camerlengo per cercare di farlo ragionare, e lui chiese nientemeno che la pubblica riparazione ed il palco del governatore di Roma, cardinale Archinto, sottolineando allegramente che “era inutile fare tanto rumore per un piccolo pretucolo quando si trattava dell’Ambasciatore di Francia”. Roma fu obbligata a cedere, e occorse un anno perché Stainville si degnasse di restituire il palco al cardinale Archinto per riprendere quello che da sempre era riservato alla Francia. I rapporti tra lui ed il Cardinale si guastarono, ma non credo sia una sorpresa.
Di bene in meglio, quando morì il cardinale Valenti, allora segretario di Stato, il papa Benedetto XIV Lambertini pensava di rimpiazzarlo proprio con Archinto; Stainville lo seppe, e si precipitò dal pontefice per notificargli la sua nettissima opposizione alla nomina. Il papa fu stupefatto, poi si misero a litigare violentemente tanto che Benedetto, preso Stainville per un braccio, lo sedette di peso sul soglio pontificio gridandogli “Fa’ il Papa! Fa’ il Papa!” e Stainville, senza scomporsi, rispose “No, Santissimo Padre, facciamo ognuno il nostro lavoro: continuate a fare il Papa, e io farò l’ambasciatore”. La collera scese, la nomina fu approvata e Stainville reclamò il favore di poterla comunicare personalmente ad Archinto, aggiungendogli di non esservi estraneo. Archinto fu abbastanza signore da fare finta di credergli, e si dichiarò soddisfatto. Il predominio che Étienne-François pretendeva su tutto ha del bislacco, a volte, o quasi del maniacale. Un aneddoto riporta che un giorno Benedetto XIV abbia visto dalla finestra l’ambasciatore di Spagna fermare la carrozza e scendere per una necessità fisiologica, mentre contemplava rapito il muro del palazzo pontificio. Il Papa gli chiese di lasciare perdere, non perché lo trovasse sconveniente, ma perché il giorno seguente l’ambasciatore di Francia avrebbe preteso far la stessa cosa negli appartamenti pontifici.

L’ambasciata di Stainville non si limitò a queste bagattelle, tornò a Parigi con delle dichiarazioni papali ed un’enciclica che mitigavano la Bolla Unigenitus, lasciando a Roma il ricordo di un’amabile contessa di Stainville, e della grandezza della Francia: “[…] La Francia ha la reputazione di fare molti complimenti, anche promesse ma, di fondo, non fare né bene né male. Ho cambiato, durante la mia ambasciata, quest’idea e credo che assolutamente sia necessario mantenere questo cambiamento, ed il punto di timore o di riguardo cui ho abituato i romani quando è questione degli affari di Francia […]”; è anche vero che scrisse al ministro degli affari esteri “[…] sapeste, Monsieur, com’è difficile far lavorare un Papa e dei Cardinali, sareste stupefatto che un affare del genere sia stato concluso in così pochi mesi […]”



Edited by Liselotte von der Pfalz - 26/12/2015, 09:33
 
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view post Posted on 28/12/2012, 14:59     +1   -1
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Un vecchio adagio sostiene che si pesca meglio nelle acque torbide, e probabilmente il nostro Étienne-François ne ha fatto una massima di vita.

Fin dal regno di Carlo V la parola d’ordine della Francia era l’abbassamento della Casa d’Austria e, per il solo fatto del trattato di Westfalia, le ambizioni degli Asburgo avevano ricevuto il colpo di grazia. L’opera di Luigi XIV era stata tale da impedire che l’Austria riprendesse la sua vecchia influenza sui territori della Germania, e poco prima che il Gran Re morisse poteva, assieme al marchese di Torcy (allora ministro degli affari esteri), intravedere la pace tra Borboni ed Asburgo. I due veri nemici da temere erano in realtà l’elettore di Brandeburgo, diventato re di Prussia, e l’elettore di Hannover diventato re d’Inghilterra. La nuova generazione, tuttavia, non capì l’ardita innovazione di Luigi XIV e di Torcy, e preferì continuare a considerare gli Hohenzollern come alleati, e la storia dimostra quanto sia stata miope questa visione della politica estera.
Nel 1755 il trattato che sanciva l’alleanza francese con la Prussia scadeva, ed il duca de Nivernais era incaricato delle trattative per il rinnovo. Federico II seppe imbrogliarlo talmente bene che firmò il trattato di Westminster alleandosi con l’Inghilterra senza Nivernais sospettasse alcunché. La sola cosa da fare per la Francia fu allearsi con l’Imperatrice-Regina Maria Teresa, alleanza tanto più necessaria in quanto Federico aveva appena invaso la Sassonia. È l’inizio della guerra dei Sette Anni. Chi mandare a Vienna per perseguire la nuova politica? Un uomo fidato, che fosse conosciuto a Vienna e soprattutto vi fosse gradito. Il ministro degli affari esteri, l’abate de Bernis, pensa immediatamente al suo amico Stainville. I dispacci che Étienne-François manderà da Vienna sia a Bernis sia al Maresciallo di Belle-Isle (all’epoca ministro della guerra) sono quasi una preveggenza delle conseguenze, prossime o remote, delle battaglie e degli errori tattici della Francia, da quelli del maresciallo de Richelieu a quelli del Maresciallo de Soubise. Étienne-François ha una sola idea: quella di riparare alle catastrofi, magari riuscendo anche ad avere vendetta; si muove sia sul lato militare sia su quello della buona intesa con Vienna, e cerca di incoraggiare Bernis che invece vede la Francia prossima alla disfatta; nessuna sorpresa se nel 1759 Bernis lo chiama ad aiutarlo al ministero: le continue lamentele dell’abate stancano la Corte, soprattutto il Re: Choiseul (che nel frattempo è stato nominato duca e pari di Francia) si trova in pratica investito del peso del ministero degli affari esteri tutto da solo. È necessario quindi trovare un uomo assolutamente fidato per l’ambasciata di Vienna, un uomo tale da poter portare avanti l’opera inziata da Choiseul: chi meglio del cugino, César-Gabriel? Riesce a vincere i dubbi di un uomo non più troppo in salute, e ritirato a vita provata da undici anni, dimostrandogli quanto l’ambasciata di Vienna fosse simile al mestiere delle armi che aveva tanto amato. Le sue istruzioni private sono semplici: deve conservare le garanzie imposte dal trattato di Westfalia, ed evitare che l’Austria possa cercare di aggirarle tramite delle alleanze straniere; intanto Étienne-François mette in cantiere il Patto di Famiglia, preparando una stretta intesa con la corte di Madrid: lavoro forse più difficile che tenere a bada l’Austria!

Sul fronte della guerra gli eventi precipitano, le campagne del 1759-60 sono disastrose, e Choiseul incarica di far capire a Kaunitz e Maria Teresa che la partita era persa. Vienna si preoccupava solo di recuperare la Slesia, senza preoccuparsi minimamente delle perdite in uomini e denaro che questo comportava per la Francia; la guerra che gli Inglesi facevano via mare ai Francesi non li interessava, ancora meno la sorte delle colonie francesi di Asia, Africa ed America. Choiseul ritenne opportuno rispondere alle offerte di trattativa fatte dai ministri inglesi al conte d’Affry, l’inviato francese a L’Aia, teorizzando una distinzione sottile tra la guerra marittima che gli Inglesi facevano al Re e quella via terra che la Francia faceva per conto dell’Austria, mettendo anche di mezzo una mediazione del Re di Spagna. Le trattative, cui aderì anche Vienna, si fecero difficili, e divennero lunghe ed estenuanti.
Nel 1759 il re di Spagna Ferdinando VI muore, e il fratello salì al trono col nome di Carlo III: il suo atteggiamento verso la corte di Versailles era tutto diverso da quello di Ferdinando, e Choiseul stimò venuto il momento di realizzare questa alleanza tanto attesa. Il 15 agosto 1761, Choiseul firmava assieme al marchese Grimaldi, inviato spagnolo, il trattato noto come Patto di Famiglia, cui col tempo aderiranno tutti i sovrani appartenenti alla Casa di Borbone. Il ministro inglese Pitt era furibondo, le trattative con Vienna si arenarono, e la guerra riprese, con un cambio di alleanza: la Zarina Elisabetta morì nel 1761, e il suo successore, quel matto di Pietro III, richiamò in patria le truppe russe che combattevano a fianco dell’Austria; che altro aspettarsi da uno che chiamava Federico II “la mia Dulcinea”? Tuttavia Federico era allo stremo, e l’aiuto passatogli da Giorgio d’Inghilterra non era sufficiente a coprire la moria dei suoi uomini e l’enormità dei costi della guerra: da una parte e dall’altra la pace diventava necessaria; finalmente si arriva al trattato di Fontainebleau, firmato dall’Inghilterra e dalla Francia: purtroppo la resa costa alla Francia il Canada e le sue dipendenze, una buona parte del Senegal, l’impero delle Indie e qualche isola delle Antille, per giunta la Louisiana viene ceduta alla Spagna in risarcimento della perdita della Florida.
Altra opera di Choiseul è la riunione della Lorena alla Corona di Francia alla morte di Stanislao Leszczyński, così come l’acquisto della Corsica nel 1768, che permette alla Francia di mantenere una presenza navale nel mediterraneo senza doversi sorbire un’altra guerra. La sua politica di ostilità verso l’Inghilterra continuerà, e andrà fino negoziare un trattato segreto con gli spagnoli, bloccato da Luigi XV che non voleva più saperne di guerra, data la sua impopolarità e conoscendo benissimo lo stato dei conti pubblici. È molto probabile che il Re abbia visto in questo abbozzo di trattato una sfida alla propria autorità, e che sia uno dei motivi che hanno causato la caduta del ministro. La stanchezza stessa di Choiseul può aver giocato un ruolo importante: anni passati a cercare di sventare intrighi e a metterne in piedi altri logorano, e Luigi XV non aveva mai avuto una grande simpatia nei suoi confronti (cosa assolutamente reciproca, del resto) per quanto entrambi si conoscessero abbastanza bene da sapere di avere molto tratti della personalità in comune; uniamo anche l’atteggiamento un po’ troppo tollerante di Étienne-François nei confronti dei magistrati e della nobiltà di toga, ma è bene non trascurare un elemento che caratterizza la sua caduta così come la sua asce al potere: le donne.

Di certo Choiseul ha pensato di rafforzare la propria posizione a corte concludendo in maggio 1770 il matrimonio di Marie-Antoinette con il Delfino, ma il Re, nonostante l’età amava ancora le donne, e consolava la propria vedovanza con le grazie della contessa du Barry, vecchia conoscenza di Étienne-François: nei suoi Mémoires racconta di come una certa Jeanne Bécu de Vaubernier gli chieda un favore per uno dei suoi amici, e sia disposta a tutto, ma proprio a tutto, pur di ottenerlo; Choiseul dice di non aver voluto approfittare della buona occasione in virtù di alcuni “[…]timori ben naturali sulla sua salute […]: insomma, temeva che la Vaubernier avesse quello che in Veneto chiamiamo jeja scavejona, termine che un tipo di malattia che si contrae -di solito in maniera totalmente inconsapevole- facendo dell’allegro zumpa zumpa con un partner occasionale o sconosciuto: il termine indica in sostanza una MTS (malattia trasmissibile sessualmente) qualsiasi, dalla gonorrea all’AIDS (indica anche la sfiga più nera possibile, ma non è questo il caso). La du Barry era una donnina invisa al clan degli Choiseul, specialmente alla duchessa de Gramont, sorella di Étienne-François, che aveva anche lei accarezzato l’idea di poter entrare nei favori del re dopo la marchesa de Pompadour (idea da cui il fratello l’ha prontamente e violentemente scalzata); il partito dei devoti vede nell’ostilità del clan un mezzo di sbarazzarsi del ministro, e attorno alla du Barry si crea una cricca per sostenerla: Richelieu, d’Aguillon e altri cortigiani fanno ala alla favorita. M.me de Gramont crea una serie di scandali pubblici umiliando la du Barry, il re chiede a Choiseul di moderare la sorella, ma non succede nulla: Étienne-François lo fa senza successo oppure se ne astiene, magari prevedendo la caduta e preferendo farla imputare ad un intrigo di donne che far vedere di essere stato trombato da un manipolo di nobili intriganti? Non si sa, sappiamo solo che una lettre de cachet della vigilia di Natale del 1770 gli intima di dimettersi dal suo ministero e ritirarsi nei suoi possedimenti in Turenna; tutto sommato non è un così gran male: se la disgrazia gli costa molto, economicamente, finalmente il duca e la duchessa possono ritirarsi in campagna, a Chanteloup, a condurre quel genere di vita campestre molto lussuosa che si sono costruiti con le loro mani. La dolce Louise-Honorine è rimasta per tutti questi anni accanto al marito frascone, nonostante abbia dovuto subire la oltremodo scomoda presenza della cognata Gramont, che in molti sospettano perfino di avere avuto un legame incestuoso col fratello.

Non che la vita sia noiosa a Chanteloup, in spregio alle speranze di Luigi XV che immaginava Choiseul cadere nell’oblio: balli, commedie, concerti, cortigiani che si disputano l’onore di render visita al ministro decaduto… gli amici son quelli di sempre: il duca di Gontaut, la duchessa di Gramont, l’abate Barthélemy, perfino una nuova amate di Choiseul s’installa al castello, è la contessa de Brionne. Tuttavia questa vita è costosissima, e senza gli introiti principeschi delle sue cariche la situazione economica si fa grigia, nonostante i milioni della moglie; ecco allora andare all’asta i quadri del palazzo di Parigi: 135 opere in vendita, 115 vendute per oltre 440000 livres; Caterina II si aggiudica tre tele (due di Murillo), la du Barry un Van Ostade, ma è il Principe de Conti che si aggiudica la maggioranza, con 61 tele per circa 200000 livres. Altre vendite seguiranno, ma saranno solo goccioline d’acqua in un mare di debiti.

Choiseul spera di ottenere qualche cosa dalla fine dell’esilio, sapendo che Maria Antonietta gli è grata per il suo matrimonio, ma le speranze sono deluse. E allora via che vende i terreni che circondano la sua casa, poi il palazzo di rue de Richelieu, alla fine decide di vendere Chanteloup, ma un anno prima di concludere trattativa con il duca di Penthièvre, Étienne-François muore l’8 maggio del 1785. Lascia dieci milioni di livres di debiti che la moglie, pur essendo separata di beni da poco tempo, tenta di rimborsare fino all’ultimo centesimo. Finirà così di rovinarsi.



Edited by marquise de Créquy - 6/12/2014, 11:43
 
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marquise de Créquy
view post Posted on 29/9/2013, 15:56     +1   -1




Il 2 novembre 1758, il Re Luigi XV scriveva a Maria-Teresa:

La salute di nostro cugino il cardinale de Bernis non potendo assecondare il suo zelo infaticabile nel lavoro che esige il ministero dei nostri Affari esteri, non abbiamo potuto esimerci dal dispensarlo da questo fardello. Per sostituirlo, non abbiamo creduto poter fare una scelta più conforme al bene dei nostri interessi comuni e non meno gradevoli a Vostra Maestà confidando questo stesso ministero a nostro cugino il Duca di Choiseuil, che è particolarmente informato della nostra ferma risoluzione a preservare costantemente nel sistema d’unione e di alleanza così felicemente stabilita tra noi e che ha visto, alla sua sorgente, la reciprocità delle intenzioni di Vostra Maestà riguardo lo stesso argomento”.

Con un certo rimpianto da parte di Maria Teresa, per quello che era “l’uomo dell’Alleanza”, Choiseul lascia Vienna per raggiungere Versailles dove avrà inizio il suo lungo ministero.
 
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marquise de Créquy
view post Posted on 5/4/2014, 12:54     +1   -1






Ecco come Walpole descrive la duchessa: " Desidero che la Duchessa de Choiseuil venga a Parigi mentre voi sarete lì, ma temo che non se ne faccia nulla; vi piacerà di sicuro. Lei ha più buon senso e più virtù di ogni creatura umana"
 
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view post Posted on 26/12/2015, 09:36     +1   -1
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CITAZIONE
Non si sa, sappiamo solo che una lettre de cachet della vigilia di Natale del 1770 gli intima di dimettersi dal suo ministero e ritirarsi nei suoi possedimenti in Turenna

La lettera con la quale Luigi XV ordinava a Choiseul di dimettersi ha un tono abbastanza secco:

Ordino a mio cugino il duca di Choiseul di rimettere la dimissione della sua carica di segretario di Stato e di sovrintendente delle Posta nelle mani del duca di La Vrilliére, e di ritirarsi a Chanteloup fino a nuovo ordine.

Ben diversa, per esempio, da quella indirizzata a Machault:

Monsieur de Machault,
per quanto sia persuaso della probità e della rettitudine delle vostre intenzioni, le circostanze presenti mi obbligano a domandarvi i miei sigilli e la dimissione della vostra carica di segretario di stato della Marina. Siate sempre certo della mia protezione e della mia amicizia. Se aveste delle grazie da chiedermi per i vostri figli lo potrete fare in ogni momento. Conviene che restiate qualche tempo ad Arnouville. Vi conservo la pensione di ventimila
livres e gli onori di guardasigilli.

 
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4 replies since 28/12/2012, 14:33   467 views
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