La Cour Royale

Jean-François-Paul de Gondi, Cardinal de Retz

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view post Posted on 18/3/2013, 16:24     +1   -1
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Jean-François-Paul de Gondi, cardinale di Retz nasce in quel di Montmirail (ridente cittadina nella Brie) il giorno 20 settembre 1613, e muore a Parigi il 24 agosto 1679; sarà politico, ecclesiastico, memorialista, scrittore ma soprattutto un grande intrigante, dotato di una smisurata ambizione personale, sempre al centro di cabale e complotti, tutti volti al suo proprio tornaconto.

Facciamo qualche passo indietro, tanto per collocare lui e la sua famiglia.

Quando Caterina de’ Medici arriva in Francia per essere praticamente buttata sui gradini del trono porta diverse cose in Francia, oltre alla dote: la forchetta, il suo pollaiolo di mestiere e gelataio per vocazione e quindi il gelato ed i sorbetti, i profumi, il suo astrologo e a questo caravanserraglio si accoderà anche una famiglia di mercanti fiorentini, i Gondi. Famiglia che dà alla Francia un Maresciallo di Francia, Albert de Gondi, marchese de Belle-Île e poi duca di Retz, noto come maresciallo de Retz; costui ebbe dieci figli tra cui il primo arcivescovo di Parigi, Jean-François de Gondi, a sua volta zio del nostro cardinal de Retz che gli succederà poi sul seggio dell’arcivescovado. Il fratello di Albert, Pierre de Gondi, fu protetto di Caterina de’ Medici, vescovo di Parigi e poi cardinale; dimissionario, passò il soglio episcopale al nipote Henri, cui successe un altro nipote, quel Jean-François di cui sopra. Insomma, una stirpe di vescovi e cardinali da zio in nipote: Gondi verrà nominato Coadiutore dello zio arcivescovo (e solitamente nei mémoires sulla Fronda o nelle lettere di m.me de Sévigné si parla di lui appunto come di M. le Coadjuteur), poi anche vescovo in partibus di Corinto.

È chiaro che in mezzo a tutto questo balletto di vescovi più per tradizione che per altro, il Nostro non aveva il benché minimo interesse nella carriera ecclesiastica, tutt’altro. Lui aveva, ed ha sempre avuto, l’anima del letterato, dello scrittore, del maneggione e del maiale. Piccoletto, bruttino, stortignaccolo, fortemente miope, tronfio come un pavone, è sempre stato persuaso del suo appiglio sulle donne, e la cosa bella è che le donne ci credevano e si comportavano di conseguenza. Celebre, ad esempio, la sua storia con la figlia della duchessa di Chevreuse durante la Fronda; Gondi sarà una delle anime della Fronda Parlamentare, come ci racconta ampiamente nei suoi Mémoires.

La Fronda, questo movimento pseudo rivoluzionario che è stata una guerra civile da operetta, nonostante abbia fatto i suoi morti anche lei, combattuta sui fronti della politica da un lato e dei letti dall’altro, dove le amanti dettavano legge e si creavano partiti per avere i favori dell’alcova di una persona invece di un’altra. Ma la rivolta lascerà un segno profondo nel re bambino, Luigi XIV, facendo sì che in lui germinassero i semi della sua avversione per Parigi che porterà qualche anno dopo, con l'ampliamento del castello, al trasferimento della Corte a Versailles.

Gondi ci s’imbarca per un po’ divertimento, un po’ (tanto) per il gusto dell’intrigo, e un po’ per sete di potere: nel torbido si pesca meglio, è risaputo. Al principio s’ingegna per diventare l’arbitro tra la reggente Anna d’Austria ed il Parlamento, ma c’è il piccolo particolare che Anna lo odia a morte e lo allontana, lui allora si unisce ai frondisti; sarà lui a porre a capo della rivolta Armand de Bourbon, Principe di Conti, fratello del Gran Condé che ha appena rifiutato il dubbio onore proposto dal prete intrigante. Non illudiamoci, Conti è solo un fantoccio di Gondi che, per citare le sue parole, è “uno zero che moltiplica solo perché è un principe del sangue”.
Il Coadiutore, tuttavia, non è indenne da errori di tattica: quando la rivolta inizia a cambiare piega e sembra che il partito della Corte stia per prendere il sopravvento pensa bene di salvare sé stesso ed suoi scagnozzi concordando una pace con Anna d’Austria in modo da garantire onori ed incarichi a tutto il gruppetto; peccato che la notizia si risappia, e che la popolarità e l' autorità di Gondi ne escano a mal partito.

Nonostante tutto sarà al Coadiutore che Anna si rivolgerà per limitare la potenza di Condé, quando questo a sua volta diventerà un frondista: l’amante di Gondi è figlia della migliore amica della regina, la duchessa di Cheuvreuse, e grazie ciò il nostro diviene consigliere di Monsieur Gaston, fratello del defunto Luigi XIII e luogotenente generale del regno: il prezzo del tradimento di Gondi è la berretta rossa, divenendo così il Cardinal de Retz; la sua morale altalenante è presto spiegata da una frase dei Mémoires: "Per rimanere sempre nello stesso partito bisogna cambiare spesso opinione".
Berretta che Mazarino gli nega, nel suo inimitabile modo di fare, qualche tempo dopo: nei Mémoires la scena è molto interessante, raccontata con dovizia di particolari. Retz pensa bene di voltare gabbana ancora, portando con sé nientemeno che Monsieur Gaston, sobbillando i parigini e chiedendo la caduta di Mazarino; ne nascono situazioni che porteranno Luigi XIV (allora bambino, ma di memoria ferrea) a detestare con tutte le sue forze il coadiutore.
Retz dovrà aspettare di avere la tanto sospirata berretta dalle mani di papa Innocenzo X, nemico giurato di Mazarino, ma il cappello non lo proteggerà dall’ira del re che lo fa mettere senza alcun preambolo nella prigione del castello di Vincennes, stessa prigione da dove rocambolescamente evade il miglior nemico di Retz tra i frondisti, il Duca di Beaufort, le Roi des Halles.

Nel frattempo lo zio Gondi muore, e Retz dovrebbe uscire dalla cella per salire sul soglio di Parigi, ma a nulla valgono gli sforzi dei suoi amici e del papa; si sa che l’odio di Luigi XIV era tenace.
Di riffa o di raffa, Retz cerca un mezzo per trattare e ed ottiene di essere trasferito al castello di Nantes, sotto sorveglianza; chiaramente pensa bene di evadere, riuscendoci anche se riesce a ferirsi perché si cala dalle mura del castello con una corda troppo corta.

Per tutta risposta Mazarino dichiara vacante il soglio parigino, Retz scappa a Roma passando dalla Spagna, e lì ha la fortuna di partecipare al conclave per l’elezione di Alessandro VII, riuscendo a far eleggere un papa passabilmente favorevole alla Francia; intanto riesce a far amministrare la diocesi parigina da dei vicari ed ottiene surrettiziamente il pallium di arcivescovo di Parigi (pertanto viene riconosciuto dalla Santa Sede, in barba al re e a Mazarino che lo hanno praticamente destituito). Mazarino cerca di boicottarlo, ma il papa sa di dovergli l’elezione e lo protegge.

Una personalità del genere è però difficile da sopportare, impossibile da tollerare, e soprattutto, non è in grado di condurre una vita tranquilla: a Roma riesce a diventare inviso anche al Papa, poi si rovina, e riesce a campare trasformando in denaro contante una simpatica isoletta che aveva ereditato dal prozio Albert de Gondi, che abbiamo visto maresciallo di Francia ed amico di Caterina de’ Medici: nientemeno che Belle-Île-en-Mer, venduta a Nicolas Fouquet per la modica cifra di circa un milione e quattrocentomila livres. Si sa poi che fine faranno Fouquet e la sua isola.

Dopo la morte del suo nemico storico, Mazarino, Retz spera di poter tornare un po’ a galla, ma con uno rancoroso come Luigi XIV c’è poco da fare: Mazarino aveva fatto promettere al re che avrebbe fatto tornare Retz a casa solo se avesse rinunciato all’arcivescovado parigino; e così fu, ricevendo in cambio l’abbazia di Saint-Denis.

Personaggio scomodo quant’altri mai, troppo farfallone e tronfio per fare e per far fare un buon uso della sua ambizione e delle sue doti, viene però spedito a tutti i conclavi possibili ed immaginabili per riuscire a far eleggere dei papi favorevoli alla Francia, in omaggio alla sue doti di intrigo. A lui dobbiamo Clemente IX e Clemente X.

È sepolto nella sua abbazia di Saint-Denis, ma Luigi XIV vieta che gli si eriga un monumento funebre.

I Mémoires in cui racconta le sue avventure nella Fronda sono stati pubblicati nel 1717 e costantemente rieditati; sono scritti in maniera arguta, gradevole, intelligente e scorrevole; sono molto interessanti nonostante Retz abbia il pessimo vizio di attribuirsi sempre, comunque e dovunque la parte dell’eroe: una sventatezza che si scopre molto facilmente confrontando i suoi racconti con quelli degli altri contemporanei, a partire da La Rochefoucauld (François VI de La Rochefoucauld, l’autore tra le altre cose delle Maximes), che ha provato ad assassinare Gondi più di una volta per arrivare fino alla Motteville (Françoise Bertaud, Dame de Motteville), a Mademoiselle de Montpensier, a Saulx-Tavannes (Jacques de Saulx, comte de Tavannes).

Rezt aveva di certo una dote particolare nel parlare e nello scrivere, che lo faceva temere e odiare: l’abilità di rendere ridicole le persone e screditarle. Il suo pamphlet contro il Duca di Beaufort è un capolavoro nel genere, scritto nel dialetto delle Halles perché Beaufort affettava di parlarlo per essere più vicino al popolino; a lui è riferita la massima "Nessuno riesce a convincere le persone semplici come coloro che parlano un linguaggio incomprensibile".



Edited by Liselotte von der Pfalz - 16/11/2014, 22:55
 
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