La Cour Royale

Anna Maria Martinozzi, Principessa di Conti.

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view post Posted on 13/11/2014, 15:34     +1   -1
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Anna Maria Martinozzi, Principessa de Conti, Chateau de VersaillesRoma, anno 1637. O forse no, 1640. O Forse 1638, chi lo sa. Tra il fatto che la chiesa parrocchiale dei Mancini non esiste più, tra il fatto che Zio Giulio chiamò a bottega una nipote prima dell’altra, e che - tutto sommato- a metà del ‘600 i registri dell’anagrafe (almeno a Roma) non erano così precisi e rigorosi come adesso, i biografi hanno sempre fatto una gran confusione e non sappiamo con esattezza quando nacque la minore delle figlie della signora Laura Margherita Mazarino e del conte Gerolamo Martinozzi; è assodato però che Anna Maria Martinozzi morì a Parigi il 4 febbraio 1672. Sappiamo anche il babbo morì nel 1639 e sembra che la bimba non lo abbia mai conosciuto, il che poterebbe a considerare corretto l’anno 1640 per la nascita. La sorella maggiore, Laura, ha la scelta tra la nascita nel 1637 e nel 1639… o nel 1633, 1635, 1640: speriamo di sapere senza errore quale fosse la maggiore e quale la minore, ma dati i presupposti non c’è da giurarci.


Il nonno paterno, conte Vincenzo Martinozzi, era il maggiordomo del cardinale Maffeo Barberini, in arte e col tempo noto come papa Urbano VIII; Gerolamo ricoprì la stessa carica presso il nipote del papa, il cardinale Antonio Barberini.


Nel corso della primavera del 1647 due lettere giungono a Roma dalla Francia: una indirizzata a Laura Margherita Mazarino e l’altra alla signora Geronima Mazarino, baronessa Michele Lorenzo Mancini; il fratello cardinale Giulio Raimondo invita, ordina e comanda di imballare un po’ di nipotame e spedirlo a Parigi, previo rodaggio in provincia in un qualche convento o similare perché i ragazzini imparino il francese e, soprattutto, le buone maniere (non sia mai che poi si dica che sono maleducati, e che è vero quello che si dice in giro e che Saint-Simon ripeterà per anni, ossia che la famiglia di Mazarino aveva le pezze ai calzoni). Zio Giulio ha una vasta scelta di nipoti, e nella prima tranche partono tre Mancini (Laura Vittoria, Paolo e Olimpia) e una Martinozzi, Anna Maria; i ragazzini toccano il suolo gallico a giugno, affidati alle cure di colei che diverrà una presenza costante, con diversi incarichi, nella vita dei giovani mazarini, questi quattro quanto gli altri: Madeleine de Gaillard de Longjumeau, sposata (e presto separata) a Gaspard de Venel, avvocato e Consigliere al Parlamento di Aix.


Fanno il loro ingresso a Parigi l’11 settembre 1647 e sono presentati in breve tempo alla regina Anna, con una scenetta degna del modo di fare del Cardinale: quando i bambini entrano nella sala del Palais Royal dove la Reggente dà udienze, lui la lascia asserendo che s’è fatto tardi e deve andare a dormire, come a dire che dei pupi gli importa poco… peccato che avesse appena finito di scegliere assieme alla regina la loro governante, nientemeno che l’ex governante dei Figli di Francia, la signora Marie-Catherine de La Rochefoucauld, marchesa di Senecey, che aveva appena lasciato il suo impiego presso il giovane Luigi XIV per raggiunti limi di età (del Re, non della marchesa). I ragazzini saranno dei buoni compagni di giochi per il Re e suo fratello, ed è probabile che Anna d’Austria ne abbia influenzato l’educazione religiosa, soprattutto per quel che concerne Anna Maria; comunque fosse portava spesso le tre ragazze a seguire le funzioni al Val-de-Grâce, che lei stessa aveva fondato: fu lì che mentre Anna Maria e Laura Vittoria si edificavano Olimpia concepiva una robusta avversione per la religione. M.me de Senecey era fissata col proprio rango e la propria nascita, e non tarderà molto a rendere la vita difficile ai nipotini mazarini, lei che era stata scelta per allevare il Re e adesso si trovava ridotta a ammaestrare quattro pitocchi rifatti.


La penna sempre precisa della cameriera e confidente di Anna, Françoise Bertaud, dame de Motteville, riporta nei suoi Mémoires:


“[…] L’11 settembre vedemmo arrivare dall’Italia tre nipoti del cardinale e un nipote maschio. La maggiore dei piccoli Mancini era una piacevole bruna con un bel viso, di età tra i dodici e i tredici anni. La seconda era bruna, aveva il viso lungo e il mento appuntito. I suoi occhi erano piccoli ma vivi, e si poteva sperare che l’età di quindici anni li avrebbe resi gradevoli. Secondo i canoni della bellezza era tuttavia impossibile attribuirgliene allora altra che quella di avere delle fossette sulle gote. M.lle Martinozzi era bionda; aveva i tratti del viso belli, e della dolcezza negli occhi. Faceva sperare che sarebbe diventata effettivamente bella. Le ultime due erano della stessa età, e ci dissero che avevano tra i nove e i dieci anni. […]”


La maggiore delle Mancini era Laura, l’altra Olimpia; notare che le imprecisioni sulle età non sono solo della nostra epoca. M.me de Motteville, con uno spirito che avrebbe fatto di certo piacere a Saint-Simon, aggiunge anche:


“[…] Un Italiano mio amico mi disse qualche tempo dopo che a Roma rimasero stupefatti quando si seppe come questi piccoli furono ricevuto in Francia, e soprattutto quando si scriveva che i principi e i grandi signori pensavano a dei matrimoni. Secondo ciò che queste nipoti erano al loro paese, e secondo la loro nascita, avrebbero avuto pochi pretendenti, e poca gente si accalcava per vederle a Roma… […]”


Il tempismo per l’arrivo della nipotaglia non poteva essere peggiore: pochi mesi dopo, con la giornata delle barricate del 26 agosto 1648, inizia la Fronda, questa guerra civile da operetta combattuta più a colpi di amanti e letti da saltare che con le armi, per quanto non manchino i fatti sanguinosi: il peggiore sarà la battaglia del Faubourg Saint-Antoine, dove perderà la vita Paolo Mancini, con grande disperazione del Cardinale e con rimpianto del Re, che sembrava essere davvero suo amico. Il tempo passa, la Fronda muta di forma e sostanza, ci si mescolano alcuni Principi del Sangue, Mazarino è obbligato ad andare in esilio, ritorna, poi scappa di nuovo, e poi tutto si conclude con il ristabilimento dell’autorità reale, con l’odio viscerale che Luigi XIV tributerà vita natural durante alla città di Parigi, e il tutto sarà sigillato da matrimoni utili, esili misti, disgrazie in generale e premi sparsi a caso; e così se da una parte vedremo una Duchessa de Montpensier far cannoneggiare le truppe reali per proteggere suo cugino il Principe di Condé del quale si era invaghita al momento (sentimento che lui naturalmente ignorava, e che molto probabilmente avrebbe quantomeno deriso), azione punita poi con l’esilio, dall’altra vediamo un Mazarino che tratta con la famiglia di Cesare de Vendôme, figlio legittimato di Enrico IV e Gabrielle d’Estrées, per piazzare la prima pedina del suo scacchiere, Laura Vittoria, con primogenito Louis, duca de Mercoeur, col doppio scopo di iniziare a sistemare i parenti ed innalzare la famiglia assieme a quello di seminare divisione tra i clan frondisti: il figlio minore del duca de Vendôme è il duca di Beaufort, detto le Roi des Halles, fatuo e inutile quant’altri mai ma pur sempre un bel nome da sbandierare per i capi della Fronda. La sua famiglia è felice di fargli un dispetto facendolo imparentare col cardinale, non perché siano contrari alla Fronda ma perché lui è troppo amante del popolino, tanto da imitarne i modi e il parlare, purtroppo per lui con risultati ridicoli che gi costano dei pamphlet caustici a firma del suo nemico preferito: Jean-François-Paul de Gondi, Cardinal de Retz. Gli sposi hanno venticinque anni di differenza? Dettagli… tutto funziona bene, salvo che la sposa morirà giovanissima.


Visto che un matrimonio è stato utile e che la prima nipote è servita a qualcosa, Zio Giulio decide di fare un altro bel dispetto alla Fronda e di salire un altro gradino della scala sociale: da un Borbone bastardo passiamo ad un legittimo… la cricca dei principi è formata dai tre fratelli Condé: Luigi II, detto il Gran Condé, Anne-Geneviève, che tira nella mischia il vegliardo cui è sposata, Henri d’Orléans, duca di Longueville, e il minore: Armand de Bourbon, Principe de Conti. Far digerire una cosa simile al Gran Condé non è pensabile, e Longueville è già sposato: rimane il terzo fratello cui affibbiare Anna Maria. Frondista pentito, mezzo prete, detentore di numerosi di benefici ecclesiastici, libertino e porco, era anche sifilitico: Mazarino sapeva del contagio del Conti, auspicava che nonostante tutto stesse lontano dalla nipote per ogni buona misura. La coppia si stabilirà col tempo nelle terre di Pézenas, in Linguadoca, dove condurrà una vita devota e pia.


Sifilide o non sifilide, trovarono il modo di avere anche dei figli:


  1. Louis, nato a Parigi il 6 settembre 1658 e morto il 14 settembre;

  2. Louis-Armand, Principe de Conti (Parigi, 4 aprile 1661 - Fontainebleau, 9 novembre 1685), sposato con Marie Anne de Bourbon, la prima Mademoiselle de Blois;

  3. François-Louis, detto le Grand Conti, Principe di La Roche-sur-Yon, poi Principe di Conti (Parigi, 30 aprile 1664 - 9 febbraio 1709).

Armand muore nel 1666, e Anna Maria torna ad abitare a Parigi, continuando a condurre una vita devota e dedicandosi costantemente all’assistenza dei poveri e dei malati e alla beneficenza. Mantenne dei rapporti molto stretti con sua cognata, la duchessa di Longueville, che dopo le frasche della gioventù libertina e guerrigliera si era voltata anche lei verso la devozione: la geniale m.me de Sévigné le chiamava les mères de l’Église. Non abbiamo certezza che fosse anche diventata giansenista, mentre lo sappiamo di m.me de Longueville.


Anna Maria Martinozzi muore a Parigi il 4 febbraio 1672; M.me de Sévigné racconta i suoi ultimi istanti nella lettera del 3 febbraio 1672:


“[...] Questa notte, Madame la Principessa de Conti è caduta in apoplessia; non è ancora morta, ma non ha conoscenza; non ha polso e è senza parola; la martirizzano per farla riavere. Ci sono cento persone nella sua camera, trecento nella sua casa; piangono, gridano: ecco tutto quello che so al momento…
Madame la Principessa de Conti morì alle quattro del mattino, senza aver ripreso conoscenza. A volte chiamava Cécile, una cameriera, e diceva: “Mio Dio!” Credevano che il suo spirito stesse tornando, ma non diceva nulla di più. Spirò con un gran grido, nel bel mezzo di una convulsione che le fece affondare le dita nelle braccia di una donna che la teneva. La desolazione della sua camera non può essere raccontata. Monsieur le Duc, MM. i Principi di Conti, Madame de Longueville piangevano con tutto il loro cuore. M.me de Gévres aveva preso il partito degli svenimenti; M.lle de Brissac quello di gridare a più non posso e gettarsi: fu necessario cacciarle. Infine, il dolore è universale. Il Re è sembrato toccato, e ha fatto il suo panegirico dicendo che lei era più considerevole per la propria virtù che per la grandezza della sua fortuna. Lascia, per testamento, l’educazione dei suoi figli a M.me de Longueville… Lascia 20000 scudi ai poveri, altrettanti ai suoi domestici. Vuole essere sepolta nella sua parrocchia, molto semplicemente, come una donna qualsiasi…


Vidi ieri sul suo letto questa santa principessa; era sfigurata dal martirio che le avevano fatto alla bocca, le avevano rotto due denti e bruciato la testa, come dire che, se i poveri pazienti non muoiono di apoplessia sarà da compiangere lo stato in cui li riducono. Vi sono delle belle riflessioni da fare su questa morte, crudele per chiunque altro, ma felice per lei, che non l’ha sentita, e che era sempre preparata. [...]”



Edited by Liselotte von der Pfalz - 20/6/2015, 10:39
 
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