La Cour Royale

Jean Amilcar, il "piccolo Indiano" di Marie-Antoinette

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marquise de Créquy
view post Posted on 17/9/2013, 20:36     +1   -1




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Nel 1787 M. de Bourneuf, ufficiale nel battaglione d’Africa, in guarnigione nel Senegal, portava a Parigi un bambino che il cavaliere de Boufflers offriva alla Regina Marie-Antoinette.

Il cavaliere de Boufflers, attanagliato dai debiti e inseguito dai creditori, cercando di lasciare la Francia aveva sollecitato il governo della colonia del Senegal e l’ottenne grazie all’influenza di suo zio, il principe di Beauvau. Aveva potuto invocare come titoli il fatto che, dopo aver comandato il reggimento di Chartres-Fanteria, era stato nominato brigadiere nel 1780 e maresciallo di campo 1784. Il 13 gennaio 1786 prende possesso dell’incarico. Ritornato una prima volta in Francia nel mese d’agosto 1786, aveva portato tra gli altri souvenirs del suo soggiorno in Senegal, un pappagallo, offerto alla Regina e un bambino che dette a Mme de Sabran e che i bambini di quest’ultima chiamarono Venerdì, un altro ragazzo chiamato Zimco per Mme de Blot e una giovane chiamata Ourika per M. de Beauvau.

La moda dei “Piccoli Indiani” come li si chiamava, era senza dubbio stata provocata dal piccolo Indiano di Mme du Barry, il famoso Zamor, che era veramente un indiano, dato che era stato portato dal Bengala da un capitano inglese.
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Non si sa se la Regina abbia espresso il desiderio di avere il suo “piccolo Indiano”, sta di fatto che nel corso del secondo soggiorno che il cavaliere de Boufflers fece in Senegal per tutto il 1787, affidò a M. de Bourneuf, un piccolo senegalese di cinque o sei anni, destinato al servizio o al divertimento della Regina.

Nel mese d’Agosto il bambino è a Parigi, sotto la guardia di M. de Bouneuf. La Regina è stata avvisata del suo arrivo e lei è senza dubbio impaziente di vederlo dato che l’11 agosto 1787, la contessa de Boisgelin, sorella del Cavaliere de Boufflers, scrive da Bellevue a Marie-Antoinette:

Madame, obbedisco agli ordini di Vostra Maestà. M. de Bourneuf, ufficiale del battaglione d’Africa, che ha portato a Parigi un piccolo Moro che mio fratello prende la libertà di offrire alla Regina, dimora in Rue de l’Université, presso M. il Visconte de l’Angle, n° 48. Aspetterà con il piccolo Moro gli ordini di Vostra Maestà. Con il rispetto più profondo, Madame, di Vostra Maestà la più umile e obbediente serva e suddita.
BOUFFLERS-BOISGELIN”

Gli ordini della Regina non si fanno aspettare. Qualche giorno dopo la lettera di Mme de Boisgelin, il bambino è a Versailles, come testimonia l’atto di battesimo seguente, redatto dalla parrocchia di Notre-Dame di questa città: “L’anno millesettecentoottantasette, il venti di agosto, Jean Amilcar, bambino di colore, nato nelle isole del Senegal, nell’anno millesettecentoottantadue, come da processo verbale di M. Jacques Lamy, è stato battezzato da noi prete della Missione, facente le funzioni della curia. Il padrino è stato Jean Müller, ragazzo dei camerieri della Camera della Regina e la madrina Marie-Jeanne Grougnet, moglie del padrino, che hanno firmato con noi”

La Regina non fece del suo “piccolo Indiano” quello che Mme Du Barry aveva fatto del suo, un giocattolo vivente, tanto accarezzato quanto umiliato secondo i capricci della sua padrona, verso la quale aveva accumulato rancori che soddisferanno un odioso tradimento.
Jean Amilcar era probabilmente destinato a prendere posto nella domesticità della Corte. Affidato per bontà della Regina a uno dei suoi servitori, il piccolo essere cominciava a crescere preparandosi al suo futuro mestiere, senza essere ridotto ad un semplice ruolo di divertimento come animale esotico.

Quando Jean Amilcar fu portato in Francia già si potevano sentire i soffi precursori della tormenta rivoluzionaria. La prima tappa del “piccolo Indiano” sul suolo francese non fu di lunga durata. Due anni solo erano passati dal suo arrivo dai Muller, e aveva solo sette anni quando il castello di Versailles fu invaso il 6 Ottobre 1789 dalle bande di rivoltosi che avevano già più di una violenza all’attivo. Mentre la famiglia Reale veniva portata a Parigi, il “piccolo Indiano” restò probabilmente a Versailles con tutti quei domestici che la partenza precipitosa della famiglia Reale lasciava nel castello e nella Città.
Negli ultimi giorni del 1789 la Regina fece sapere che desiderava che Jean Amilcar fosse portato a Saint-Cloud, nella pensione del Signor Beldon, il cui nome le era stato dato da diverse persone legate al suo servizio: ella si impegnava a pagare il prezzo della pensione di 400 livres l’anno.

Il bambino fu portato quindi da Beldon, da Flanchet, picchetto delle scuderie della Regina, il 1 gennaio 1790. M. de Salvert, scudiere della Regina fu incaricato di pagare Beldon: la pensione era pagabile in anticipo. M. de Salvert pagò quindi immediatamente per l’anno 1790. Beldon fu ancora regolarmente pagato da lui nel 1791 e nel 1792.
M. de Salvert non ritornò nel 1793; la giornata del 10 agosto 1792 aveva concluso la rovina della monarchia. La Regina non poteva più pagare la pensione del suo “piccolo indiano”. Il 21 settembre 1792, la Convenzione Nazionale, nella sua prima sessione, decreta all’unanimità che la regalità è abolita in Francia. Jean Amilcar non è più il “piccolo Indiano” della “fu Regina”.

Beldon non era ricco. Il nuovo regime ne aveva fatto un assessore del giudice di pace di Saint-Cloud, ma questo onore non lo metteva al riparo dalla povertà che minacciava, allora, tutti. Il padrone di pensione non poteva farsi carico del bambino la cui educazione gli era stata affidata, d’altro canto gli era legato e non riusciva a buttarlo fuori. Si decise a sollecitare per lui i poteri pubblici.

Il 12 maggio 1793 Beldon indirizza alla Convenzione una petizione nella quale egli espone da chi e in quali condizioni il giovane Amilcar gli era stato affidato. La Convenzione rinvia la petizione al Comitato dei soccorsi pubblici per fare, entro tre giorni, un rapporto “sulle richieste di sapere se il padrone della pensione sia rimborsato del suo dovuto e dei suoi anticipi, e se sia pagata una pensione al giovane africano”. Le burocrazia fa il suo corso, e il povero Beldon è costretto a pagare gli acquisti per Amilcar.

I tempi si fanno sempre più duri: il prezzo dei viveri aumenta e il povero padrone della pensione ha bisogno di denaro. Indirizza agli amministratori del distretto di Versailles la seguente richiesta:

“Quentin Beldon signore di pensione a Saint-Cloud, incaricato di un “piccolo Indiano” appartenente alla fu Regina di cui ha presentato un memorandum alla Convenzione Nazionale, che è passato sotto i vostri occhi e che è all’ufficio della lista civile, aspettando la vostra delibera al riguardo, vi prega d’avere riguardo del rincaro dei viveri per accordargli un mandato ad autorizzarlo a farsi pagare provvisoriamente fino al periodo in cui la vostra saggezza possa decidere qualche cosa per questo povero piccolo individuo”
Passano quasi quattro mesi senza che Beldon ottenga una risposta. Infine nella seduta del 1° del secondo mese dell’anno II (22 ottobre 1793), il Direttorio del Distretto di Versailles si occupa della sua domanda. Dopo aver ascoltato il cittadino procuratore, il Direttorio considera Jean Amilcar come individuo della classe dei bambini che avevano diritto ai soccorsi accordati dal decreto del 28 giungo 1793, “dato che è stato vittima dei precedenti, il cui orgoglio si estendeva fino ad acquistare degli uomini di una nazione straniera per farne dei doni con la speranza che questo vile traffico procurasse loro sia degli incarichi a corte o accelerassero e dessero luogo ad una decisione vantaggiosa alle loro ingiuste richieste per privarli della loro libertà, legarli a loro e trattarli come dei schiavi”.
Il Direttorio “stima che, conformemente alla legge del 28 giugno 1793, il cittadino Beldon sia pagato per i viveri e il sostentamento fornito a Jean Amilcar; che il detto Amilcare debba rimanere dal detto cittadino Beldon fino alla fine dell’anno 1794, quando avrà raggiunto l’età di dodici anni; che la sua pensione debba essere pagata sui tassi dettati dalla legge e che conformemente a questa stessa legge, Amilcar debba essere messo in apprendistato alle spese della Nazione”.

Le sovvenzioni arrivano col contagocce e la Convenzione vuole sapere il tipo di educazione che riceve il piccolo Amilcar, in una dichiarazione al consiglio il cittadino Denis dichiara: “ che il detto Amilcar ha ricevuto fino ad ora l’educazione e i principi consoni alla sua età, e poi le buone disposizioni che il detto Amilcar testimonia seguendo la sua scrittura e il calcolo […]”. La pagina di scrittura fatta da Amilcar è irreprensibile come la calligrafia.
Gli anni passano e il piccolo “indiano” della Regina entra nel suo quattordicesimo compleanno, è in Francia da otto anni. I suoi primi anni di pensione erano stati dolci sotto la direzione dell’eccellente Beldon, tra i suoi camerati ai quali imponeva, forse, poco la protezione reale, vegliando sul bambino esiliato. Poi venne la tempesta portando via con sé la sua reale protettrice. Messo dai poteri pubblici tra le file degli indigenti, aveva vissuto con “le elemosine della fu lista civile” e il prezzo dei gioielli che il suo padrone vendeva per dargli del pane. Ma Beldon non ha più niente da insegnare ad Amilcar; non può insegnargli un mestiere che lo faccia vivere. Cerca, scrive all’Amministrazione del dipartimento della Seine-et-Oise “per procurargli la protezione di diverse persone per fargli apprendere qualche cosa che possa renderlo utile alla sua patria e al suo bisogno”. Nei termini della già citata legge Jean Amilcar era già da due anni che era nelle liste di apprendistato a spese della nazione, Beldon asserisce nel suo rapporto che il ragazzo mostra “una passione e attitudine per una professione meccanica”.

Nel febbraio o marzo 1796 il “piccolo Indiano” della fu Regina fu ammesso alla Scuola Nazionale di Liancourt. Questa scuola fondata prima della Rivoluzione dal duca de La Rochefoucauld e confermata durante la rivoluzione, ammetteva, dall’età di sette anni, dei bambini orfani o figli di invalidi o di militari pensionati scelti tra i più poveri. Jean Amilcar restò poco tempo alla scuola di Liancourt.

Il 17 marzo 1796, il ministro Benezech scrive agli amministratori del dipartimento della Seine-et-Oise per domandare il loro consiglio su una richiesta di Beldon, che desidera che lo si autorizzi a tenere qualche effetto appartenente a Jean Amilcar, “a titolo di indennizzo per le spese considerevoli che è stato obbligato a fare per il suo nutrimento e il suo sostentamento dopo il rincaro dei viveri e la svalutazione degli assegnati.

In una lettera datata 18 maggio 1796, indirizzata agli amministratori, Benezech fa sapere loro che il cittadino Beldon gli annuncia la morte di Amilcar. In una lettera del Ministro delle Finanze all’Amministrazione centrale del dipartimento della Seine-et-Oise, in data 25 termidoro anno IV (25 agosto 1796), risulta che il povero ragazzo era morto a Parigi, all’Ospedale dell’Unité.

Beldon fu autorizzato a tenere tutto quello che il “piccolo Indiano” lasciava a questo mondo “ un piccolo coperto d’argento, un timpano dello stesso metallo, lenzuola per un bambino e qualche abito di poco valore”.

Edited by marquise de Créquy - 16/11/2014, 13:58
 
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