La Cour Royale

Il furto dei gioielli di Madame Du Barry, 11 gennaio 1791

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marquise de Créquy
view post Posted on 18/8/2013, 12:36     +1   -1




Il 10 gennaio 1791, Mme Du Barry partiva per Parigi per assistere a una festa data dal Duca di Brissac, è certo che abbia dato preavviso al suo personale che non sarebbe ritornata a dormire a Louvenciennes, dato che aveva portato con lei la sua camerista e altri domestici. Quelli rimasti al castello conoscevano dunque in anticipo l’assenza prevista della loro padrona. L’11 gennaio alle sette del mattino, il cameriere Béguin, si alza per primo e rimane sorpreso nel vedere una scala messa sul lato del giardino, davanti ad una delle finestre della camera da letto della contessa. Si affretta ad andare a svegliare e avvertire il valletto di camera Morin che lo spedisce subito a cercare lo svizzero della porta, Girardin, detentore delle chiavi della casa. Tutti e tre arrivano al primo piano. Ecco le loro dichiarazioni fatte sotto giuramento:

Charles Béguin, 31 anni, addetto foraggiere presso la dama Du Barry…
L’11 gennaio scorso, verso le sette del mattino, si è accorto che c’era una scala vicino alla finestra della camera da letto della dama du Barry; è andato ad avvertire il sig. Morin, valletto di camera, il quale l’ha spedito a cercare il signor Girardin, svizzero; è salito con loro nella camera dove ha visto i danni commessi.
Jean-Pierre Girardin, 36 anni, svizzero di porta da Mme du Barry…
L’11 gennaio scorso, verso le sette del mattino, il nominato Béguin, addetto al cortile, andò a svegliarlo e gli domandò se non aveva sentito dei rumori nella notte; disse di no; Béguin gli disse che c’era una scala vicino alla finestra della camera da letto di Mme du Barry; è uscito quindi a vedere in giardino e ha fatto un giro della casa ed è salito in questa camera; si accorse che il comò era stato rotto, che le porcellane che vi erano normalmente sopra erano a terra e che i cassetti erano vuoti e che i diamanti della dama Du Barry erano stati rubati, osservando che sapeva dei diamanti dopo che glielo aveva riferito la cameriera del guardaroba della dama Du Barry.
Denis Morin, 46 anni, valletto di camera di Mme du Barry…
L’11 gennaio, verso le sette del mattino, il nominato Béguin, addetto al cortile, è andato a svegliarlo annunciandogli che aveva visto una scala messa presso la finestra della camera da letto di Mme Du Barry che dava sul giardino e dei pezzi di persiana della suddetta finestra rotti; il dichiarante ha detto al signor Béguin di andare a informare lo svizzero affinché aprisse la porta della suddetta camera; si è diretto poi nella suddetta camera, dove ha trovato lo svizzero che stava aprendo le porte; ha notato, entrando nella suddetta camera, che il comò di porcellana era rotto in diversi posti, che il piano di marmo era posato per terra e che i suoi cassetti erano ugualmente a terra, che le porcellane che erano di solito sul suddetto comò erano a terra, nei vani di una finestra; il dichiarante ha subito inviato a cercare la municipalità di Louvenciennes e la “maréchausée” di Nanterre.
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La “marèchaussée” avvertita così senza ritardo, arriva nella mattinata stessa, e l’ispettore redige immediatamente un processo verbale molto circostanziale, con l’aiuto di due gendarmi venuti con lui e due notabili del comune.

Ma come si comporta Mme Du Barry? Cerca di evitare le ricerche della polizia? Al contrario. Convoca il suo notaio per informarsi sul da farsi, il suo gioielliere per informare dello stato esatto, con la stima, dei gioielli rubati e indirizzato subito un reclamo al Signor Perron, amministratore della polizia. All’indomani del furto, il 12 gennaio, fa avere all’ispettore Campion, una prima lista provvisoria dei diamanti, di cui Morin, in assenza della sua padrona, non ha potuto dare indicazione. E’ una lista lunga e dettagliata.

Il 14 gennaio, l’amministratore della polizia Perrou risponde al reclamo di Mme Du Barry e le invia il sig. D’Angremont, capo dell’ufficio militare dell’Hotel de Ville di Parigi, incaricato di fare sul posto tutte le indagini e perquisizioni utili.
Infine, su consiglio del suo notaio e del suo gioielliere, Mme Du Barry fa pubblicare un annuncio in cui dice che donerà 2,000 luigi di ricompensa a chi le riporterà i gioielli. Quest’annuncio viene distribuito in Francia e all’estero, a tutti gli uffici di polizia e a tutti i mercanti di diamanti e gioielli. Un mese passa ma senza alcuna scoperta.

Il 15 febbraio Mme Du Barry riceve da un tale Nathaniel Parker Forth, che si dice magistrato a Londra, un’interessante comunicazione. Un grosso mercante di diamanti di Londra, chiamato Lion, detto Simon, aveva ricevuto l’8 febbraio, la visita di due sconosciuti che gli avevano offerto dei diamanti superbi a un prezzo irrisorio. Aveva accettato di comprarne per 1,500 lire sterline domandando loro se ne avevano altri e dicendo loro di venire l’indomani. Messo in guardia dalla situazione, Lion aveva comparato questi diamanti con quelli descritti nella circolare di Mme Du Barry e ne aveva riconosciuto l’identità. Informò subito il sign. Parker Forth che provvide a far arrestare l’indomani, 9 febbraio, nel momento in cui si presentarono da Lion, i due venditori di diamanti, come pure gli altri personaggi sospetti che li accompagnavano. Questi cinque individui, di cui quattro ebrei tedeschi e un francese, trovati in possesso di una gran parte dei diamanti rubati, furono subito rinchiusi nella prigione della città e i diamanti depositati dai banchieri Ranson-Morland e Hammerfly.

Al ricevimento di queste notizie Mme Du Barry domanda subito un passaporto per Londra e il 16 febbraio, parte immediatamente, accompagnata dal suo gioielliere Rouen, dal cavaliere d’Escourre, vecchio militare, suo fedele scudiere e quattro domestici. Quattro/cinque giorni dopo è a Londra, in rapporti con Parker Forth.
Parker Forth è un personaggio alquanto sinistro. Si dice che fosse un agente politico, che, dall’inizio della Rivoluzione era andato in Francia a far spionaggio e che rendeva sospetta la sua presenza vicino a Mme du Barry. Una lettera di M. de La Luzerne lo segnalava nel 1789 come un “agente subalterno” in forte attività e pericoloso. Nel 1791 divenne magistrato della contea del Middlesex e giudice di pace di Sua Maestà Britannica.

Appena sbarcata, Mme Du Barry apprese da Forth un fatto importante. Aveva ottenuto da uno dei cinque individui imprigionati due confessioni complete. Era un tale chiamato Joseph Harris, detto Abraham. Forth l’aveva portato davanti l’onorabilissimo Jean Boydell, lord-sindaco della città di Londra e alla data del 15 febbraio, Harris, aveva detto sotto giuramento, la lunga dichiarazione seguente, alla presenza di questo alto magistrato, di Parker Forth e di un certo Edouard Allon:

Il suddetto Haris disse che Jean-Baptiste Levet è il primo che abbia progettato il furto da Mme du Barry; che erano sei, otto settimane che il suddetto Levet è arrivato dal signor Simon Joseph, che dimora all’ Hotel d’Orléans, a Parigi e ha detto al suddetto Simon che aveva tre grandi furti da fare dove avrebbe trovato molto denaro con la sua assistenza. Gli disse che c’era molta argenteria e molti diamanti, all’epoca erano solo in due. Poi Simon è venuto al suo alloggio, all’Hotel du Canada, rue Saint-Martin e lo ha reso partecipe della conversazione che aveva avuto con Levet. Allora Simon, Levet e Haris sono stati lo stesso giorno da Mme Du Barry per riconoscere l’edificio; dopo averlo riconosciuto sono ritornati a Parigi, si sono separati, ma avevano convenuto che, due, tre giorni dopo avrebbero eseguito il progetto di rubare da Mme Du Barry. L’indomani si sono recati tutti e tre nella casa di Simon, erano solo loro tre; ma un giorno prima o due del furto, Jacob Moyse e Joseph Abraham si sono uniti agli altri tre, nessun altro si è aggiunto a queste cinque persone fino a che il furto fu fatto. Tutti e cinque si sono riuniti, verso le nove di sera, in una bettola a Parigi, era lunedì; si sono recati a piedi da Mme Du Barry, sono arrivati verso le undici e mezzo hanno attraversato la montagna e trovato in un campo una scala appartenente ad un giardiniere, che era incatenata ad un albero e chiusa con un catenaccio. Hanno visto questa scala per caso ed erano molto vicini alla casa prima di averla notata. Hanno rotto il catenaccio e preso la scala con loro; erano così presi che ci misero circa sei minuti per arrivare alla casa, la notte era molto scura; con la scala si sono portati al muro del giardino di Mme Du Barry, hanno abbattuto una parte della muraglia dalla quale sono entrati nel giardino; allora hanno addossato la loro scala contro una finestra del retro della casa […] sono entrati nella casa. Da notare che Jacob Moyse, Simon e Haris sono entrati nella camera e che Levet è rimasto al muro del giardino e che Moyse Abraham è rimasto in fondo la scala; avevano due pistole caricate. Haris ne aveva una e Simon ne aveva un’altra; non avevano né una spada, né un coltello da caccia, avevano portato una candela con loro che avevano acceso con una pipa che avevano nelle loro tasche. In questa casa abbiamo trovato quasi tutti gli effetti. M. Levet ci ha incaricati in particolare di andare prima in questa camera; abbiamo trovato su un camino un piccolo orologio in un astuccio, sull’astuccio delle armi, abbiamo aperto un piccolo scrittoio dove abbiamo trovato qualche diamante sparso e diversi piccoli ritratti. Dopo di ciò abbiamo cercato una piccola tavola di porcellana coi bordi d’oro; in uno dei cassetti di questa tavola abbiamo trovato tutti i diamanti, in un altro abbiamo trovato le perle; non abbiamo trovato nulla più in questa camera, eccetto due candelieri d’oro che abbiamo venduto a Parigi al mercante Philippe Joseph, negozio domiciliato in rue Saint-Martin, con altri diversi articoli che abbiamo fatto a pezzi. Questa camera era una camera da letto; da là siamo entrati in un’altra camera dal retro dove abbiamo trovato un paio di candelabri d’argento, nella camera da letto abbiamo trovato una borsa blu per i soldi che traboccava di diamanti, non abbiamo trovato alcun orologio d’oro, abbiamo trovato dei bottoni da manica di diamanti, non abbiamo trovato una catena da orologio composta da smeraldi e da diamanti. Abbiamo trovato un grande scrittoio “vecchio Giappone” montato con tutti i suoi utensili in oro e una scatola di cristallo coperta da una doppia scatola lavorata a giorno che abbiamo fatto a pezzi. Abbiamo trovato una ghinea inglese, abbiamo venduto diversi articoli e un pezzo d’oro al signor Philippe Joseph. Abbiamo rotto gli occhiali da opera e da questa stanza siamo usciti dalla casa. Ho messo tutti gli effetti in un piccolo sacco che avevo portato da casa mai, ritornando ci siamo aiutati a vicenda a portare il sacco. Siamo stati subito dal signor Levet e vi siamo arrivati verso le sette del mattino; non ci siamo mai lasciati quel giorno, il signor Simon ha fatto la guardia tutto il giorno a tutti gli effetti. L’oro è stato spaccato nel corso della giornata [---] Il tutto è stato venduto per 140 luigi d’oro. Il secondo giorno dopo il furto, l’oro era stato venduto e non ce ne restava più. Il denaro è stato diviso in parti uguali tra di noi. Simon ha tenuto il resto degli effetti fino a mercoledì; il furto era stato fatto il lunedì prima. […]”

Su consiglio di Forth, Mme Du Barry si fece fare una traduzione in francese poi Forth non abbandonò mai la contessa. Mme Du Barry ritornò presto in Francia. La traduzione fu trasmessa, a cura, probabilmente di Forth, all’amministratore della polizia Perron, il quale ne trasmette una copia al Tribunale del distretto di Versailles. Il procuratore del Comune di Louvenciennes invitava di conseguenza Mme Du Barry a reiterare la sua dichiarazione davanti a questo tribunale, cosa che si affrettò a fare il 15 marzo.

Una minuziosa inchiesta seguì. Le spiegazioni di Joseph Harris fecero nascere dei sospetti di complicità con Philippe Joseph, mercante ebreo della Rue Saint-Martin a Parigi. Grazie a diverse deposizioni degli altri membri della banda, Mme Du Barry, il 10 maggio, incarica il signor Ricadal, segretario di M. de Brissac, di procedere in suo nome all’arresto della moglie e della serva di Philippe Joseph come “sospettate di complicità del furto”. L’indomani le donne sono condotte all’Abbaye. Le due donne negano le accuse mosse contro di loro da Moyse Abraham. Il 17 maggio viene fatta una perquisizione e si trova in un tubo del camino una scatola in ferro bianco 24,000 livres in assegnati. Alle domande sulla provenienza del denaro la moglie risponde che il marito ha vinto alla lotteria. Il 19 maggio nuovo interrogatorio delle due incolpate ma senza risultati. Alla fine si scopre che il sig. Philippe si è assentato da Parigi dal dicembre precedente per cui non può essere complice nel furto dei gioielli. Mme Du Barry perde la pazienza e l’8 giugno indirizza una nuova supplica a M. il Prevosto.

Mercoledì 5 Ottobre alle dieci del mattino, il giudice istruttore è a Louvenciennes, accompagna da Joachim Thibout, segretario in capo del Tribunale e dai signori Bonnet e Colombelle. Non sono ricevuti da Mme Du Barry, assente o non ancora presentabile a quell’ora del mattino, ma da Denis Morin, il valletto di Camera e Béguin che rinnovano le loro spiegazioni già conosciute. Dopo questa perquisizione Mme Du Barry e i testimoni, compreso Parker Forth sono citati a comparire davanti il giudice istruttore. Al ricevimento di questa citazione Mme Du Barry spedisce “a M. De La Salle” la lettera seguente datata “Luciennes 6 Ottobre 1791”

Un’indisposizione che mi trattiene qui, Signore, mi impedisce di recarmi da voi per farvi la mia dichiarazione relativa al furto che ho subito nel mese di gennaio scorso.
Siccome è tanto urgente quanto nel mio interesse, Signore, dare a questa vicenda un seguito che i diversi viaggi che mi ha obbligato a fare a Londra ha ritardato fino ad ora, vi sarei obbligata, Signore, se poteste venire qui a Luciennes per ricevere la mia dichiarazione.
Porgo anticipatamente, Singore, tutte le mie scuse e i miei ringraziamenti per la pena che questo viaggio vi può procurare, e l’assicurazione dei sentimenti ai quali ho l’onore di essere, Signore, la vostra umilissima e obbediente serva.
De Vaubernier Du Barry”


Con il pretesto di un’indisposizione e con l’aiuto di un’estrema gentilezza, Mme Du Barry sperava senza dubbio di evitare la noia di un incontro e un contatto sgradevole con i testimoni e i colpevoli in un locale esiguo e poco confortevole della “Geôle de Versailles”, trasformata in tribunale. Ma il favore non le è accordato dato che il processo verbale dell’8 ottobre dice che compare insieme agli altri testimoni. La dichiarante dichiara il nome di Jeanne-Bénédicte Gamard de Vaubernier, vedova di Guillaume Du Barry, e si dice dell’età di circa quarant’anni, quando ne aveva quarantotto suonati. La sua deposizione apporta un nuovo elemento al processo accusando di complicità lo svizzero incaricato dell’esterno del castello. Grazie alla testimonianza di Harris resa a Parker Forth, l’accusa di complicità dello svizzero diventa formale. Lo svizzero nega tutte le accuse imputatagli. Il processo si trovava ad un punto cieco visto che la polizia francese era nell’impossibilità di mettere le mani sui cinque autori del furto scoperti in Inghilterra. L’estradizione allora non esisteva e la legge inglese non permetteva di perseguire e condannare degli individui colpevoli di un crimine commesso all’estero. Di conseguenza i cinque ladri imprigionati preventivamente il 9 febbraio furono rilasciati nel giro di poco tempo.

In Inghilterra la vicenda ebbe delle conseguenze altrettanto fastidiose. I diamanti presi dai ladri erano stati depositati, come detto, nella banca Ranson-Morland e Mme Du Barry non aveva potuto averne la restituzione. Ci sarebbe voluto un giudizio per autorizzare i depositari a riconsegnarli. Da subito Lion, detto Simon, reclamava la somma di 2,000 luigi promessi dalla circolare del 1791. La contessa, al contrario poteva rispondere che non doveva alcuna ricompensa, visto che non aveva potuto ancora riprendere possesso del suo bene. Visto che non tutti i gioielli erano stati ritrovati, la ricompensa sarebbe stata proporzionata ai gioielli depositati in banca. Un primo processo che si è concluso nel febbraio 1793 condanna Mme du Barry a pagare a Lion la metà della somma reclamata, 1,000 luigi. Una seconda istanza si aprì davanti la Corte del Banco del Re, ma rimase in sospeso a causa dell’assenza della contessa.

La contessa non riuscì a rimettere le mani sui gioielli che rimasero depositati dai Ranson-Morland. Mme Du Barry, desiderosa di rientrare in Francia nel marzo 1793, per difendere il suo castello messo sotto sequestro, fu costretta a lasciare i suoi diamanti in deposito nella banca inglese. La contessa non poté più ritornare a Londra e dopo la sua morte, il prodotto della vendita ordinata dalla giustizia fu insufficiente a coprire il passivo. Tale fu la sorte, per nulla misteriosa dei gioielli rubati a Louvenciennes.

Edited by marquise de Créquy - 16/11/2014, 14:23
 
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