La Cour Royale

Étienne-François, conte di Stainville, duca di Choiseul

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Liselotte von der Pfalz
view post Posted on 28/12/2012, 14:37 by: Liselotte von der Pfalz     +1   -1
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Siamo a Nancy, quella che allora era la capitale della Lorena, e mercoledì 28 giungo del 1719 sentiamo un creaturino lanciare il suo primo vagito. Non è bello, non certo con l’occhietto furbetto e un po’ porcello, i labbroni spessi, il naso a trombetta ed il mento che ha una fossetta ma sembra po’ l’osso che sbuca della coscia del pollo; bello no, dicevamo, ma rompipalle si: si tratta dell’intrigantissimo Étienne-François, dapprima titolato conte di Stainville, e poi duca di Choiseul.

Il suo cielo ci lancia degli avvertimenti: un Marte in Pesci afflitto lo inclina all’autoindulgenza, oltre che alla sensualità non troppo regolata, opposto ad un Giove in Vergine che gli aumenta le capacità critiche e d’analisi ma in cambio gli procura la possibilità che i suoi lo possano tradire; l’opposizione dei due pianeti lo porta a strafare, strafare… i rischi di perdite dei beni e di danni economici sono alti, così come quelli di vertenze legali. Una Venere non troppo ben posizionata ne fa un soggetto dispersivo in amore, Mercurio in Gemelli male influenzato da Marte ce lo fa vedere pettegolo, linguacciuto, dispersivo e arruffone negli affari.

Passando dalla carta del cielo a quella dei libri di storia vediamo che il nostro Étienne-François nasce in piena Reggenza, con un clima totalmente diverso da quello del regno precedente: la vecchia nobiltà inizia a rialzare la testa, dopo essere stata debitamente bastonata da Luigi XIV a colpi di etichetta. Il sistema di Law porta un po’ di prosperità, per quanto effimera, e la gioventù di Luigi XV crea speranze per il futuro, ma anche le premesse per la sua ossessione per il proprio piacere… in tutto questo come s’inserisce l’infanzia del piccolo Étienne? Non lo sappiamo bene, perché non ne fa granché parola nei suoi Mémoires: “[…] la mia infanzia e la mia giovinezza sono trascorse come quelle di tutti […]”; dagli archivi familiari sappiamo che la sua educazione fu molto trascurata, e che della sua permanenza nel collegio dei Gesuiti il Nostro conserva un ricordo, oltre che un beneficio, molto mediocre.

La cosa migliore, per lui, fu iniziare la carriera militare a 17 anni, fa le campagne francesi dal 1736 al 1738, e nel 1739 passa al servizio dell’Imperatore. Come aiuto di campo del Duca di Lorena assiste alla famosa giornata di Kreska nella quale gli imperiali si fanno battere dai Turchi. Peccato però che al suo ritorno in Francia scopra di avere perso il giro della giostra: tutti i suoi coetanei sono provvisti di un reggimento, e lui no. Se uno non ha un reggimento, neanche piccino picciò o di scarto, come ammazza il tempo? Leggendo, divertendosi, e seminando epigrammi in giro dappertutto grazie alla sua proverbiale linguaccia. Ma che genio! Giusto per crearsi dei nemici furibondi, come il marchese d’Argenson, ministro della guerra… infatti nel 1741 inizia la guerra di Successione Austriaca, e Étienne-François resta a piedi un’altra volta, d’Argenson è intrattabile e la sola speranza possibile per Stainville è il Maresciallo de Noailles; questi non riesce ad ottenere nulla, perché è necessario vincere troppe prevenzioni, cara grazia se riesce a prendere Étienne-François nel suo stato maggiore. Non che Stainville fosse un codardo, tuttaltro: gagliardo e spregiudicato nel guerreggiare come nel parlare, dà più volte prove di coraggio che gli faranno avere una carriera rapida nonostante l’ostilità delle alte sfere; intanto dalla sua posizione accanto a Noailles riuscirà ad assistere alla famosa battaglia di Dettingen nella quale, per colpa dell’indisciplina d’alcuni ufficiali francesi, Noailles fu battuto dagli Inglesi. Chi porta la rovinosa notizia a Corte? Noailles di certo no, ma ritiene opportuno spedirci Stainville, contando sul suo eloquio e sulla sua oratoria che, si spera, userà a proposito per una volta. Colpo di scena: Étienne-François fa meraviglie, si fa notare per la sua intelligenza vivace e il suo savoir-faire. Gli viene perfino proposto, in via ufficiosa, un viaggio a Vienna per scoprire se e quanto potessero essere pacifiste le vocazioni degli imperiali; lui rifiuta, saggiamente, preferendo aspettare un’occasione migliore per spendere il credito di cui godeva a Vienna.

Torna al servizio militare, dove passa dal servizio del Principe di Conti (battaglia di Charleroi) a quello del Maresciallo Maurice de Saxe, ma senza perdere la sua capacità di inguaiarsi per aver detto una parola di troppo: infatti scommetteva sulle sconfitte dei francesi coi compagni; lo stesso Maurice de Saxe lo deve rimettere al suo posto più di una volta; durante una riunione di ufficiali gli disse: “[…] Monsieur de Stainville, voi avete un bel nome e vi deve attirare della considerazione. Siete alla testa di un bel reggimento, e ve ne attira ancora. Ma dovete a Re fedeltà e riconoscenza. So che linguaggio usate di solito. Se mai vi capitasse di ripeterle, o di accettare una sola scommessa della natura di quelle che fate tutti i giorni, Monsieur de Stainville, ricordatevi bene questo: vi farò marcire in un forte per tutto il tempo che avrò l’onore di comandare le truppe del Re […]”. Étienne-François ricordò la lezione e non marcì da nessuna parte, almeno in quell’occasione: dodici anni dopo, diventato ministro della Guerra, Choiseul doveva ripristinare l’ordine e la disciplina nelle armate reali, le stesse cose che aveva tanto dileggiato in gioventù.

Nel 1748 la pace di Aix-la-Chapelle mette fine alla guerra ed anche alla carriera militare del Nostro, che riprende la sua vita gozzovigliante di dissipazione e piacere; tuttavia, non essendo ricco come il cugino César-Gabriel de Choiseul-Chevigny, duca di Praslin e segretario di Stato per gli affari esteri, si vede assediato dalla rovina, e quindi nel 1750 pensa bene di sposare un mucchio di soldi, personificato nella graziosa e docile Louise-Honorine Crozat de Châtel, nipote del celebre finanziere che colonizzando la Louisiana acquisì fortune immense.

Devota sposa ripagata malissimo, aveva più corna in testa lei di un cesto di chiocciole, sposata minorenne con un marito che non solo le sarà infedele e la maltratterà per tutta la vita, ma che sembra l’abbia perfino violentata, dodicenne, la prima notte di nozze, questo per lo meno secondo la penna di un altro bell’esempio d’integrità morale: Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, quindi è una notizia da prendere abbastanza con le pinze; certo è che il matrimonio di Stainville resterà sterile. Ma che cosa pretendere da un’unione nata solo per sostituzione, come legato ereditario di affetto mancato? Antoinette, moglie di un lontano cugino di Stainville (figlio del Maresciallo de Biron), il duca di Gontaut, era la sorella maggiore di Louise-Honorine, ed anche la prima delle donne cui Étienne-François dovrà la sua fortuna; ne è perdutamente innamorata, e poiché ha la sfortuna di morire di parto alla giovanissima età di 19 anni pensa bene di strappare alla sorellina, di soli 10 anni, la promessa che un giorno futuro sposerà Stainville. Tanto per essere pettegoli, il legame tra la moribonda ed il futuro ministro è tale che tutta la corte sospettava che il figlio fosse suo, non del marito; figlio destinato a far del chiasso abbondantemente per conto suo: si tratta nientemeno che di Armand Louis de Gontaut-Biron, duca di Lauzun, lo stesso dell’affare della piuma d’airone di Marie-Antoinette e generale rivoluzionario ghigliottinato durante il Terrore. Che fare di tutti quei soldi, adesso che se li è sposati? Ma buttarli dalla finestra, ovviamente: in un solo inverno Étienne-François si mangia i ventimila scudi risparmiati dal padre in sessant’anni, i milioni della moglie gli sono più necessari dell’aria che respira.

Nel 1750 scopre che è vacante l’ambasciata a Roma. Gli fa gola, e molto. Per arrivarci riesce a cambiare l’iniziale inimicizia della Pompadour in un legame molto stretto che gli spianerà la strada del successo: vi riesce tramite un affare di donne, come al solito. La duchessa di Choiseul-Romanet, sua cugina, è manovrata da un’altra intrigante, la contessa d’Estrade, perfida amica della Pompadour. Un intrigo inizia, e la Romanet intrattiene una corrispondenza con Luigi XV; Étienne-François pensa bene di impossessarsi delle lettere della cugina e di consegnarle alla favorita, della quale tutto possiamo dire tranne che fosse stupida o irriconoscente. La strada per l’ambasciata di Roma è libera, nonostante Luigi XV gli serbi un enorme rancore per avergli scoperto gli altarini; il Re è sempre inerte e la marchesa è più pressante del dovuto, alla fine Luigi cede e Stainville scrive divertito nei suoi Mémoires: “[…] credo di essere il solo esempio che abbia avuto modo di dare al re la forza di rifiutare al suo ministro quello che non voleva accordarle […]”. Ricordiamoci che Roma è al terzo posto per importanza in Europa, dopo Madrid e Vienna, e un’ambasciata simile è solo un trampolino di lancio per migliori cariche future.

La coppia comitale di Stainville si installa a Roma il 5 novembre 1754, senza alcuna fretta; Étienne-François vi dispiegherà un tale lusso e fasto da annebbiare quello pesante dell’opulenta corte pontificia. La sua entrata trionfale, il 21 marzo 1755, gli costerà oltre centomila livres, e assicurerà alla Francia una grandeur senza pari. Grandeur che Stainville cerca di mantenere sopra ogni limite consentito e oltre ogni pudore. Al teatro Argentina, tradizionalmente, veniva assegnato un palco all’ambasciatore di Francia ma la nobiltà romana aveva ottenuto da Papa che i palchi fossero estratti a sorte. Stainville fece un tale clamore che il Papa gli inviò un camerlengo per cercare di farlo ragionare, e lui chiese nientemeno che la pubblica riparazione ed il palco del governatore di Roma, cardinale Archinto, sottolineando allegramente che “era inutile fare tanto rumore per un piccolo pretucolo quando si trattava dell’Ambasciatore di Francia”. Roma fu obbligata a cedere, e occorse un anno perché Stainville si degnasse di restituire il palco al cardinale Archinto per riprendere quello che da sempre era riservato alla Francia. I rapporti tra lui ed il Cardinale si guastarono, ma non credo sia una sorpresa.
Di bene in meglio, quando morì il cardinale Valenti, allora segretario di Stato, il papa Benedetto XIV Lambertini pensava di rimpiazzarlo proprio con Archinto; Stainville lo seppe, e si precipitò dal pontefice per notificargli la sua nettissima opposizione alla nomina. Il papa fu stupefatto, poi si misero a litigare violentemente tanto che Benedetto, preso Stainville per un braccio, lo sedette di peso sul soglio pontificio gridandogli “Fa’ il Papa! Fa’ il Papa!” e Stainville, senza scomporsi, rispose “No, Santissimo Padre, facciamo ognuno il nostro lavoro: continuate a fare il Papa, e io farò l’ambasciatore”. La collera scese, la nomina fu approvata e Stainville reclamò il favore di poterla comunicare personalmente ad Archinto, aggiungendogli di non esservi estraneo. Archinto fu abbastanza signore da fare finta di credergli, e si dichiarò soddisfatto. Il predominio che Étienne-François pretendeva su tutto ha del bislacco, a volte, o quasi del maniacale. Un aneddoto riporta che un giorno Benedetto XIV abbia visto dalla finestra l’ambasciatore di Spagna fermare la carrozza e scendere per una necessità fisiologica, mentre contemplava rapito il muro del palazzo pontificio. Il Papa gli chiese di lasciare perdere, non perché lo trovasse sconveniente, ma perché il giorno seguente l’ambasciatore di Francia avrebbe preteso far la stessa cosa negli appartamenti pontifici.

L’ambasciata di Stainville non si limitò a queste bagattelle, tornò a Parigi con delle dichiarazioni papali ed un’enciclica che mitigavano la Bolla Unigenitus, lasciando a Roma il ricordo di un’amabile contessa di Stainville, e della grandezza della Francia: “[…] La Francia ha la reputazione di fare molti complimenti, anche promesse ma, di fondo, non fare né bene né male. Ho cambiato, durante la mia ambasciata, quest’idea e credo che assolutamente sia necessario mantenere questo cambiamento, ed il punto di timore o di riguardo cui ho abituato i romani quando è questione degli affari di Francia […]”; è anche vero che scrisse al ministro degli affari esteri “[…] sapeste, Monsieur, com’è difficile far lavorare un Papa e dei Cardinali, sareste stupefatto che un affare del genere sia stato concluso in così pochi mesi […]”



Edited by Liselotte von der Pfalz - 26/12/2015, 09:33
 
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