La Cour Royale

Honoré-Gabriel Riqueti, Conte di Mirabeau

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marquise de Créquy
view post Posted on 5/6/2013, 22:10     +1   -1




Honoré-Gabriel Riqueti nasce il 9 marzo 1749 a Bignon-Mirabeau.
Secondo i racconti della tradizione famigliare i suoi avi si sarebbero chiamati Arrighetti. Sarebbero stati esiliati, essendo Ghibellini, da Firenze e andati a stabilirsi in Provenza nel XIII secolo. Là gli Arrighetti diventarono presto Riquetti, e presero facilmente il titolo del castello e della terra di Mirabeau dove avevano fissato la dimora principale della loro famiglia. Ma come detto in precedenza, questa è una leggenda familiare. Il castello di Mirabeau venne acquistato nel 1570 da Jean Riquet o Riqueti, primo console di Marsiglia, un mercante. La sua famiglia può risalire fino al 1349. All’inizio del XVI secolo la si trova a Marsiglia, nel XV secolo a Digne, nel XIV secolo a la Seyne dove un Pierre Riquet figura, nell’anno 1346 come notabile e console.

Il compratore del castello di Mirabeau, Jean Riquet era un uomo abile. Ha cominciato con lo sposare una dama di vecchia nobiltà Provenzale, una Glandevès, ed è da un parente di quest’ultima che acquista l’antico maniero signorile.
Delle alleanze illustri, un fasto principesco, dei servizi resi alla Corte durante la Fronda fanno meritare, nel 1685, l’elezione della terra di Mirabeau in marchesato, ed ecco che i Riquetti si intrufolano nell’alta aristocrazia del Paese. Si faranno notare allora per il loro coraggio e l’intemperanza del loro umore. Figura degna di nota il nonno di Mirabeau, Jean-Antoine. Capitano, arriva in ritardo sul luogo dove è di posta: un ispettore generale vuole segnarlo assente. Jean-Antoine risponde con dei colpi di cravatta apostrofandolo: “Dato che sono assente, scrivete che questo è successo in mia assenza”. Fatto colonnello, è presentato a Corte dal duca di Vendome e che dice a Luigi XIV? “ Sire, se lasciando il vessillo, fossi venuto a corte a pagare qualche signora poco per bene, avrei avuto più avanzamenti e meno ferite”. Tanto coraggio viene ricompensato da tanta insolenza. A Cassano lascia la metà del suo corpo sul campo di battaglia. La sua testa resta ormai attaccata sulle sue spalle solo da un collare d’argento. Questi tratti di insolenza e coraggio contraddistingueranno pure il nipote.

Mirabeau era il secondo figlio di Victor Riqueti, marchese di Mirabeau, economo di fama e di Marie-Geneviève de Vassan. Il primo figlio della coppia era morto in un incidente singolare. Si era avvelenato con un liquido di cui suo padre e suo fratello fecero un uso smodato, bevve dell’inchiostro. Per una strana ironia della sorte il futuro oratore, nascendo, ebbe la lingua bloccata dal frenulo. In rivalsa era un robusto e precoce bambino. Appena nato aveva già due denti e qualche anno più tardi, lo si vedrà crescere di sei pollici nella prigione di Vincennes a quasi trent’anni.

Il giovane Mirabeau aveva un carattere indisciplinato e focoso, una testa calda e suo padre non lo comprese e usò solo il vigore per educare il figlio, che fu affidato a M. Segrais, un vecchio ufficiale, membro dell’Académie des Inscriptions, e che presto si stancò di questo ruolo di carceriere mettendolo in collegio a Parigi, una scuola militare dove si faceva esercizio alla prussiana o facendolo entrare all’età di sedici anni nel Reggimento Berri-Cavalleria e sottomettendolo attraverso la scelta dell’ufficiale al quale lo affidò alla più rude scuola di soldato. Nel collegio Choquart i suoi camerati lo giudicano severamente. Dicono che sia: tagliente nella conversazione, goffo nelle sue maniere, sgraziato nel portamento, sudicio nei suoi vestiti e soprattutto di una sufficienza insopportabile. A Saintes dove è di guarnigione, conduce una vita leggera e spensierata, disertando il suo posto e promettendo il matrimonio ad una ragazza del paese che poi sposerà un arciere, suo colonnello, il marchese de Lambert.

Nel 1770 tanta esuberanza nel temperamento provoca l’affermazione del marchese: “Conosco solo l’Imperatrice di Russia che quest’uomo possa sposare”. Per suo padre è “M. l’Ouragan”, per suo zio “M. le comte de la Bourrasque”. La donna che deve sposare, all’età di 23 anni, non aveva né nel fisico e né il carattere in comune con Caterina II. Di costituzione Mlle de Marignane era piccola, sgraziata, malaticcia; nel carattere birichina, ridanciana, leggera di contegno, di educazione e di sapere. Suo suocero scopriva in lei “un recesso scimmiesco nelle maniere e nei giochi” e il suo unico talento consisteva nel cantare con una bella voce, l’aveva battezzata “le singe mélodieux” . La fortuna dei giovani sposi era brillante solo nelle aspettative. Mirabeau diede libero sfogo alle sue tendenze alla spesa e alla prodigalità. Tenore di vita, regali, toilette non avevano altri limiti che la fantasia e il credito. Per elargire ad uno e soddisfare l’altro, si affidò agli usurai, talmente tanto che un anno dopo il matrimonio aveva accumulato 20,000 livres di debiti. Fu allora che per sottrarlo ai creditori viene messo, attraverso lettre de cachet, “sous la main du roi”; bisognava pure togliergli la possibilità di contrarre nuovi debiti, facendolo interdire. La prima misura fu adottata con suo sommo piacere fungendo il castello di Mirabeau come prigione, ma si indignò contro l’interdizione. Un’indignazione solo di facciata, la sicurezza che doveva a questa misura gli fece così bene che si dimenticò di farla togliere, pure quando divenne uno degli arbitri della situazione politica della Francia. Morì nell’interdizione.

Altre avventure erano all’orizzonte, la prima in ordine cronologico, ma non meno grave per le conseguenze che si rifletterono sulla vita intera di Mirabeau fu l’infedeltà della moglie. Lei lo tradì con un moschettiere. Il marito perdona, ma ormai tutti e due si danno ad una vita sregolata. Poi è il turno della sorella, la più bella, la più spirituale ma non meno stimabile, Mme de Cabris. Per vendicarsi di un barone de Villeneuve-Mouans, chiama suo fratello da lei e provoca tra i due uomini una scena di pugilato poco degna dei due gentiluomini. Il barone furioso si lamentò di essere stato vittima di un tentativo di assassinio e per sottrarre Mirabeau alla giustizia, il padre fa domandare, tramite lettera di cachet, il suo internamento nel castello d’If.Trasferito dal castello d’If al forte de Joux presso Pontarlier, trova che è un nido di gufi, rallegrato da qualche invalido. Il comandante del carcere è compiacente con Mirabeau e lo fa alloggiare in paese, viaggiare pure in Svizzera. In Svizzera ne approfitterà per far pubblicare un “Saggio sul despotismo” e a Pontarlier per sottrarre la Marchesa de Monnier al despotismo coniugale. Più che un legame d’amore è un legame di passione con tanto di rapimento ed è nelle casse del marito che l’amante trova le risorse per rapire la moglie e fuggire con lei in Olanda. Sulle lamentele di M. de Monnier, Mirabeau è condannato a morte in contumacia il 10 maggio 1777, arrestato qualche giorno più tardi, estradato e riportato in Francia; ma invece di essere consegnato alla giustizia è di nuovo messo “sous la main du roi”. Suo padre, tramite lettera di cachet lo fa internare come prigioniero di Stato nel torrione di Vincennes. Questa volta la prigionia sarà lunga e severa. Durerà più di tre anni.

Uscito dalla prigione di Vincennes Mirabeau cerca subito di riavvicinarsi alla moglie. Lei si rifiuta. Gode della sua libertà, è la stella, la virtuosa dei salotti d’Aix, regina senza bellezza di una corte d’amore senza ideali. Non vuole cambiare la sua vita di piacere con le ambizioni che Mirabeau le prospetta. Durante la causa di separazione Mirabeau difende la sua causa e sebbene la perda, l’esperienza lo prepara alla notorietà e alla vita politica.
La partecipazione di Mirabeau nel panorama politico avviene con la convocazione degli Stati Generali. Ancora una volta la leggenda vuole che Mirabeau sia stato escluso dall’ordine della nobiltà, che gli sia impedito di deliberare tra le sue file, di essere nominato da essa; si racconta allora che abbia affittato un negozio e che abbia fatto mettere sopra la porta questa insegna: “MIRABEAU, MERCANTE DI BANDIERE”; e che in questa veste sia stato eletto…la verità però è un’altra.

La Provenza, come molte province dell’antica Francia, pretendeva essere un vero e piccolo Stato, uno Stato in uno Stato, unito alla corona da un legame federale. E’ come conte di Provenza e non come Re di Francia, che ai suoi occhi, Luigi XVI era suo signore. Lo stato di Provenza aveva la sua assemblea indipendente e i suoi stati ma siccome comprendeva solo nobili che possedevano un feudo, l’alto clero, consoli delle città, la piccola nobiltà e il basso clero, il Terzo stato chiedeva dei veri Stati rappresentanti i tre ordini della Provenza. Mirabeau prese al balzo la causa e siccome aveva un interesse personale e diretto, di fatto l’alta nobiltà voleva escluderlo dai suoi ranghi obbiettandogli che, essendo ancora suo padre in vita e non aveva alcun feudo non poteva essere eletto.
Gli Stati particolari della Provenza furono convocati per la fine del mese di gennaio 1789, in vista di votare i sussidi annuali. Dovevano occuparsi nello stesso tempo dei voti da emettere riguardo l’elezione agli Stati Generali. Mirabeau fu ammesso a parteciparvi solo a titolo provvisorio. Nella seduta del 30 gennaio si alza e chiede con calma e misura che sia fatto diritto ai reclami del Terzo Stato. Il clero e la nobiltà vi si oppone con veemenza, l’assemblea viene aggiornata al mese d’aprile. Mirabeau, non potendo rispondere a voce lo fa per iscritto con un discorso vibrante d’eloquenza che scuoterà nel profondo le masse:
In tutti i Paesi, in tutte le ere, gli aristocratici hanno implacabilmente perseguitato gli amici del popolo. Se per qualche combinazione di fortuna, si è levato qualcuno nel loro seno, è quest’ultimo soprattutto che hanno colpito, avidi com’erano di ispirare il terrore attraverso la scelta della vittima. Così perì l’ultimo dei Gracchi, per mano dei patrizi. Ma, colpito dal colpo mortale, lanciò della polvere verso il cielo, prendendo a testimone gli dei vendicatori, e da questa polvere nacque Mario; Mario meno grande per aver sterminato i Cimbri tanto quanto per aver abbattuto a Roma l’aristocrazia della nobiltà”.

L’alta nobiltà replicò e si vendicò escludendo Mirabeau dagli Stati di Provenza non possedendo un feudo. Vendetta vana, poco tempo dopo una decisione del Re estende alla Provenza il regolamento elettorale fatto per le altre province, dichiara che in nobili non possedenti feudo saranno elettori e che le elezioni si faranno con una doppia rappresentanza del Terzo Stato. Mirabeau aveva riportato la sua prima vittoria. Viene festeggiato in tutta la Provenza, lo si arringa, lo si abbraccia lo si acclama: “Viva il conte di Mirabeau! Viva il Padre della Patria!”.

Eccolo ormai l’uomo più popolare della Provenza. E’ più potente degli ufficiali del Re. Quando i motti scoppiano a Marsiglia e a lui che il comandante militare M. de Caraman si rivolge per far rientrare l’ordine nella città. A Marsiglia congiura l’anarchia, organizza una guardia borghese. Non è escluso dalle file della nobiltà, riesce a fare inserire nei registri della nobiltà della Provenza le rivendicazioni più liberali. Poteva essere eletto dal suo ordine, ma vuole essere in quello del popolo. Lo diventa.

Nell’assemblea Costituente lavora con un talento oratorio senza pari. Mirabeau lavora di concerto con l’Assemblea per distruggere l’Ancien Régime, ma a differenza di quest’ultima fece degli sforzi immensi e vani per organizzare una nuova società. La forza distruttiva però aveva sempre la meglio su quella creatrice. Mirabeau quasi solo si rese conto che l’una non poteva sussistere senza l’altra. Da tempo accarezza il sogno di creare un grande ministero parlamentare di cui sarebbe il capo ma questa prospettiva gli è tolta dal voto del 7 novembre 1789, che esclude dal ministero tutti i membri dell’Assemblea e quindi decide di esercitare nelle tenebre quello che gli viene impedito di esercitare alla luce del sole.
Mirabeau entra al servizio della Corte, diventa consigliere segreto della Regina e del Re, rimette loro delle note dove spiega il piano da seguire per arrivare ad uno scopo: la restaurazione del potere regale.

Mirabeau serve il re ma non rinuncia, se le circostanze lo richiedessero, ad abbandonarlo alla sua sorte, lui e il suo trono e prendere nelle sue mani la dittatura. Il piano che propone alla corona è di lasciare che l’Assemblea faccia perdere la stima di se stessa da sola attraverso tre modi quasi infallibili:

1- Non opponendole resistenza dato che dice che “Tutta la forza di un’assemblea è nella resistenza a cui deve far fronte. Togliete il peso che produce le risorse, si rilassa, si allenta, resta senza forze”
2- Assicurandosi il concorso dei deputati agli impegni del Re
3- Influenzando l’opinione attraverso la corruzione della stampa, le generosità, la polizia segreta.

Ma presto questo ruolo ambiguo mette in allarme l’Assemblea e nascono sospetti per le sue spese, la sua dimora lussuosa nella Chaussée d’Antin, l’acquisto di una casa di campagna ad Argenteuil, i suoi festini, il tenore della sua casa. Questo ruolo lo interpreterà con pieno successo fino alla sua morte. Si approprierà delle parole di Augusto morendo: “ Amici miei, trovate che abbia recitato bene questa commedia? Applaudite se siete contenti”

La morte di Mirabeau, il 2 aprile 1791, a seguito di una malattia, che certi attribuiscono ad avvelenamento e altri alla sua vita di vizi, provoca un dolore profondo in tutta la nazione. La strada dove muore vene ribattezzata “Rue Mirabeau”. Il 4 aprile dopo una cerimonia religiosa nella chiesa di Saint-Eustache, dove l’abate Cerruti pronuncia la sua orazione funebre, il suo corpo è trasportato in pompa magna al Pantheon di Parigi e vi resta fino al 12 settembre 1794. La scoperta dell’Armoire de Fer nel novembre 1792 rivela che ha preso contatto clandestinamente col Re e la sua corte. La Convenzione decide di escludere le sue spoglie dal Pantheon. Viene sostituita da quella di Marat. Trasportato al deposito mortuario del gran cimitero di Saint-Etienne-du Mont , si ritirerà il corpo dalla bara di piombo e verrà inumato. Nel 1798, sua sorella procedette alla sua esumazione e l’inumò al cimitero di Clamart in maniera anonima. La regalità e i suoi partigiani avevano perduto il loro migliore difensore. Gli uni lo ammiravano per la sua resistenza alla corona e gli altri per i servigi che le aveva reso.

Edited by marquise de Créquy - 16/11/2014, 14:05
 
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