La Cour Royale

Le giornate del 5/6 Ottobre 1789

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marquise de Créquy
view post Posted on 29/9/2013, 14:13     +1   -1




Giornate del 5/6 Ottobre secondo le Memorie di Mme de Boigne.

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[...]
I miei genitori alloggiavano presso il castello ma nella città.
Gli appartamenti che davano al castello erano troppo scomodi per le persone che dimoravano di fatto a Versailles.
Non so chi venne ad avvertire mio padre, mentre era a tavola, delle voci che stavano circolando. Si recò subito al castello; mia madre doveva raggiungerlo all'ora del gioco di Mesdames. Ma, subito dopo la sua partenza, le strade di Versailles, furono inondate di gente dall'aspetto spaventoso, che gridava sfrenatamente, alla quale si aggiungevano i rumori dei colpi di fucile in lontananza. Tutto quello che si poteva evincere dai loro discorsi era ancora più terrificante del loro aspetto.
Le comunicazioni col castello furono interrotte.

Venne la notte, mia madre si mise in una camera senza illuminazione ed incollata alla persiana chiusa, si sforzava di indovinare dalle parole che poteva capire, gli eventi che si stavano verificando. Io ero seduta sulle sue ginocchia, alla fine mi addormentai. Mi sdraiò su un sofà per non svegliarmi, e si decise andare lei stessa a cercare delle informazioni, dando il braccio a quello stesso valletto che avevo già citato in precedenza.
Si recò successivamente verso i cancelli del castello senza riuscire ad entrare. Infine trovò un ribelle della Guardia Nazionale che la riconobbe, le disse :" Ritornate a casa, marchesa, non bisogna che vi facciate vedere per strada. Non posso farvi entrare, la mia consegna è troppo rigida. Da qui in poi non otterrete nulla, verreste fermata ad ogni porta. Non avete nulla da temere per coloro a cui è rivolto il vostro interesse. Ma domani mattina non resterà nessuna Guardia del Corpo."

Questo si diceva alle nove di sera, prima che i massacri iniziassero e nonostante la guardia fosse un uomo dolce e molto moderato, da come si può capire dal suo discorso, era al corrente di questo orribile segreto e non ne era per niente disgustato, tanto era l'ebbrezza in tutte le teste.
Mia madre allora non riconobbe quest'uomo, seppe poi che era un commerciante di calze.
Ritornò a casa sua [...]

Mio padre arrivò a mezzanotte. Fui svegliata dal rumore e per la gioia di rivederlo, ma non fu tanto lunga. Venne a dirci addio e a prendere un po' di denaro. Dette l'ordine di sellare i suoi cavalli e di portarli attraverso una scorciatoia a Saint-Cyr. Suo fratello, l'abate d'Osmond, che l'accompagnava, doveva andare con loro ed attenderlo.
Questi signori dovevano cambiare il loro abito di Corte con uno da viaggio. Mio padre caricò le pistole. Nel frattempo mia madre cucì tutto quello che poteva trovare in casa che era d'oro in due cinture che fece mettere loro.

Tutto fu sbrigato in una mezz'ora e loro partirono. Volevo gettarmi al collo di mio padre, mia madre me lo impedì con una brutalità a cui non ero abituata, rimasi confusa. La porta si chiuse e la vidi cadere in ginocchio in un'esplosione di dolore che catturò tutta la mia attenzione. Capii che aveva voluto risparmiare a mio padre la sofferenza inutile della nostra afflizione. [...]

Ho sentito raccontare da mio padre che, arrivato alla terrazza dell'Orangerie, dove era fissato l'appuntamento, si mise a passeggiare a lungo da solo, sopraggiunse un uomo avvilupato in un mantello, subito si evitarono, poi si riconobbero, era il Conte di Saint-Priest, allora ministro, uomo di intuito e coraggio. Continuarono a lungo la passeggiata, nessuno arrivava, l'ora avanzava. Inquieti e stupiti non sapevano che pensare sulla causa che ritardava la partenza progettata dal Re che si doveva recare la notte stessa a Rambouillet.

Non osavano presentarsi negli appartamenti con i loro abiti da viaggio, non solo era contrario all'etichetta, ma in questa circostanza, sarebbe stata una rivelazione.
M. de Saint-Priest che alloggiava al Castello, si decise a ritornare al suo appartamento per cambiarsi d'abito, dette appuntamento a mio padre in un luogo nascosto. Quest'ultimo lo aspettò per molto tempo, infine arrivò: "Mio caro Osmond, andate a rassicurare vostra moglie: il Re non parte più" e stringendogli la mano: " Amico mio, M. Necker lo guida, il Re, la monarchia sono perdute".

La partenza del Re per Rambouillet era stata decisa, ma gli ordini per le vetture erano stati trasmessi secondo le numerose consuetudini. Le voci si sparsero. I palafrenieri avevano esitato a preparare le carrozze, i cocchieri a portarle. La canaglia era in rivolta davanti le scuderie e si rifiutavano a lasciare uscire le vetture.

M. Necker, avvertito, andò ad istruire il Re che le difficoltà materiali del trasporto lo avrebbero fermato più ancora dei suoi discorsi e si decise di restare.
Andare a Rambouillet su un cavallo di truppa, lui, che copriva venti leghe a cavallo quando andava a caccia, gli parve una difficoltà alla quale non poteva reggere. E là come a Varennes, le chances di partire furono perdute per quelle abitudini principesche, che, per la famiglia reale di Francia, erano una seconda natura.

Mio padre obbligato a rientrare a casa per cambiarsi d'abito, non ritornò al castello e quella notte non fu testimone degli orrori che si commisero.

Con il consenso del Re per il suo trasporto a Parigi si ebbe aperto le porte del Castello, mia madre si recò presso la sua principessa. Trovò le due sorelle, Mme Adelaïde e Mme Victoire, nelle loro camere al piano terra, con tutti gli scuri chiusi e una sola candela accesa. Dopo le prime parole domandò loro perchè volevano rattristire maggiormente una giornata già così triste: "Mia cara, è perchè non ci si presenti come questa mattina", rispose Mme Adelaïde con una calma e dolcezza estrema. In effetti la mattina avevano sparato a tutte le loro finestre, nessuna delle loro vetrate era integra. Mia madre rimase con loro fino al momento della partenza. Volle accompagnarle, ma Mesdames si rifiutarono ostinatamente e non accettarono che quel segno di devozione delle loro dame d'onore, Mme la duchessa di Narbonne e Mme de Chastellux.

Seguirono fino a Sèvres la triste processione che scortava il Re, da là presero il cammino per Bellevue. I miei genitori andarono a raggiungerle l'indomani.
[...]




5/6 OTTOBRE secondo MME DE TOURZEL.

[...]
Il Re si trovava a caccia e non aveva la minima conoscenza di quello che succedeva a Parigi, finché M. de La Devèze, gentiluomo del Delfinato, venne ad avvertirlo della marcia dei banditi.
[...]

M. de Narbonne-Fritzlar, che si trovava in quel momento presso il Re, supplicò Sua Maestà di dargli qualche soldato con qualche cannone, assicurandolo che si sarebbe sbarazzato subito di tutta quella canaglia.

"Bisogna - disse - sorvergliare i ponti di Sèvres e di Saint-Cloud. O rinuncerà ai suoi progetti o passerà per Meudon, piazzato allora sulle alture li bombarderò e con la cavalleria la inseguirò in fuga, in modo che non rientrerà nessuno a Parigi"

Il Re che sperava sempre di riportare, con la sua buona indole, gli animi traviati, non ha saputo decidere alcunché che potesse potesse spargere il sangue dei suoi sudditi e lasciò che la banda di briganti arrivasse senza ostacoli, incapaci di provare altri sentimenti se non quello di rabbia e la speranza del saccheggio.

M. de Saint Priest, ministro della casa del Re, consigliò allora a questo principe di lasciare Versailles, lui sembrò disposto a farlo, ma quando lo lasciò un istante per portare all'Abbazia di Saint-Cyr Mme de Saint-Priest, che era prossima al parto, M. de Necker approffitò della sua assenza per gettare nell'animo del Re tante inquietudini sul seguito di questo piano e su l'impossibilità di poter trovare il denaro necessario per il sostentamento delle truppe e della sua casa, che gli fece cambiare idea.

Durante tutte queste incertezze, i briganti circondavano i cancelli del Castello e, avendo appreso che per difesa si avrebbe sparato su di loro, attaccarono le Guardie del Corpo, ferendone molti e massacrandone altri e si sparpagliarono in tutta Versailles. La Guardia Nazionale di questa città, che si unì ai ribelli, cominciò a fare fuoco sulle Guardie del Corpo, e fu da i suoi ranghi che partì il colpo che ruppe il braccio a M. de Savonnières, ufficiale delle Guardie del Corpo, quest'ultime penetrati di dolore e di rabbia per non aver potuto difendersi, restarono nel frattempo impassibili, il timore di mettere a repentaglio i gioni del Re e della famiglia Reale li teneva al proprio posto, è impossibile incontrare tanta devozione eroica come la loro.

Il Re profondamente afflitto per quel che era successo pensava ancora di lasciare Versailles, e dette l'ordine di far salire le vetture al Castello, ma le carrozze furono fermate dalle persone addette alle Scuderie di Sua Maestà e dalla Guardia Nazionale di Versailles.
Il Re fece arrivare una parte delle Guardie del Corpo nelle corti del Castello e poi sulla terrazza dell'Orangerie, da dove li cece partire per Rambouillet sotto la guida del Duca di Guiche, tenendo solo quelle di servizio all'interno del Castello
[...]

Quest'ultima [l'Assemblea Nazionale], più occupata ad arrivare al suo scopo che del pericolo che correva il Re e la sua famiglia, insistette di nuovo sull'accettazione pura e semplice del decreto e fece domandare l'ora a Sua Maestà per ricevere la delegazione che doveva rendergli conto dell'argomento. Il Re acconsentì di riceverla alle ore nove della sera. M. Mounier, presidente dell'Assemblea era alla testa della delegazione e credendo che questa sanzione fosse attaccata al benessere del Re, lo pressò tanto, che questo principe non poté rifiutarsi
[...]

Il Re, la cui porsizione diventava ogni momento più inquietante, ebbe espresso il desiderio di consultare l'Assemblea sul partito da prendere in mezzo a tanto pericolo. M. Mounier accompagnato da molti deputati si recò di nuovo davanti al Re nel momento in cui lo si avvisava dell'arrivo di M. La Fayette alla testa della Guardia Nazionale parigina.
Il Generale salì subito dal Re e gli disse che non avendo potuto impedire l'arrivo dei parigini a Versailles, veniva a difenderlo con la sua Guardia Nazionale e lo supplicò di volere affidargli la guardia delle postazioni esterne del castello. Il Re acconsentì e fece sostituire le Guardie del Corpo con la Guardia Nazionale. I primi si ritirarono nella loro sede all'interno del Castello.

Le pescivendole domandarono a gran voce di parlare al Re per portargli il voto degli abitanti di Parigi e non furono calmate che ammettendo dodici di loro presso lo sfortunato principe.
La sua bontà le disarmò e la loro opinione era talmente cambiata al ritorno dalle loro compagne, che scamparono per miracolo dall' essere vittime della loro rabbia.
Il Re disse allora a M. Mounier che, visto lo stato attuale delle cose, non aveva alcun consiglio da chiedere, ma lo assicurò che non si sarebbe separato dall'Assemblea Nazionale. M. Mounier ritornò subito all'assemblea e trovò la sala occupata da una moltitudine di donne ubriache e da banditi. Ci fu un tale tumulto che si vide costretto a togliere la seduta.

La Regina mostrò in questa giornata quella grandezza di spirito e di coraggio che l'hanno sempre contraddistinta. Il suo contegno fu nobile e degno, il suo viso calmo e nonostante non si faceva l'illusione di quel che sarebbe successo, nessuno poteva perceprie la minima traccia d'inquietudine; rassicurava chiunque, pensava a tutto e si occupava di più delle persone che le erano care che della sua persona.

Questa principessa aveva convenuto con me che, al minimo rumore, avrei condotto i suoi figli da lei, ma alle undici della sera mi fece dire che se c'era qualche inquitudinem li arei portati, invece, dal Re.
Era appena stata avvertita dei pericoli personali che poteva correre nel suo appartamento e la si era fatta promettere di passare la notte in quello del Re, ma lei si rifiutò: " Preferirei -disse - espormi a qualche pericolo, se devo correrlo, e allontanare la persona del Re e dei miei figli". Questo fu il motivo del contrordine che mi aveva dato subito.

La calma seguì il tumulto e M. La Fayette, che era tornato in città si adagiò talmente su quell'apparente tranquilltà che ritonò ancora al castello per assicurare il Re e la Regina che non avevano più nulla da temere, le diverse persone inviate in città confermavano che tutto era tranquillo. La Regina mi fece dire alle due del mattino che lei andava a dormire e mi consigliava di fare altrettanto. Le paure che l'avevano provata si dissipavano. L'illusione fu completa e ciascuno si ritirò nei propri appartamenti. I briganti non andarono a dormire e,rassicurati dalla Guardia Nazionale di Versailles, si occuparono di mettere in esecuzione il loro progetti. Una mescolanza di supertizione che accompagnò le loro barbarie, il che si fa a fatica a credere, li fece andare, alle sei del mattino, presso il curato di Saint-Louis, nella parrocchia nella quale avevano passato la notte, per pregarlo di dir loro la messa.
Non era ancora finita che una parte della loro orda si sparse in città, forzò la residenza della Guardia del Corpo, massacrò quelle che incontrò e si impadronì degli altri e li condusse ai cancelli del castello per deliberare il supplizio da infliggere loro. L'altrà parte frozò i cancelli e si sparpagliò nelle corti e nelle terrazzo al fianco del giardino, per penetrare poi nel castello. Questi banditi che non trovarono alcun ostacolo massacrarono due Guardie del Corpo che facevano la sentinella sotto la volta dell'appartamento di Mesdames, zie del Re, e tagliarono loro la testa da un mostro che li seguiva e che si faceva chiamare "Il Tagliatesta". Salirono poi la "Grande Escalier" e andarono diritti all'appartamento della Regina. Le Guardie del Corpo, sebbene in minoranza, difesero l'entrata con gran coraggio; molti furono feriti seriamente, tra essi MM. de Beaurepaire e de Sainte-Marie, ma ebbero foutunatamente il tempo di gridare: "Salvate la Regina!".

Madame Thibaut, sua prima dama di camera non ebbe che il tempo di darle un vesto e di farla riparare peresso il Re. Sua Maestà aveva appena lasciato il suo appartamento, che questi scellerati forzarono la porta e furiosi di non averla trovata, dettero dei colpi di picca nel suo letto, per non lasciare alcun dubbio sul crimine che si proponevano di commettere.

Mentre succedeva questa orribile scena, M. de Sainte-Aulaire, capo della Guardia del Corpo e in servizio presso il Delfino, entrò nella camera del giovane principe e mi avvertì che il castello era invaso.

Mi alzai precipitosamente e portai subito Mgr. il Delfino dal Re, che era assieme alla Regina. Il pericolo che aveva appena corso non aveva alterato il suo coraggio, il suo viso era triste ma calmo. Non vedendo con me Madame, che non avevo avuto il tempo di avvertire, scese da lei attraverso una piccola scala interna che comunicava attraverso il mio appartamento e, trovandoci le mie figlie che avevano passato lì la nontte, le rassicurò e disse loro di salire presso il Re e condusse Madame con una fermezza ed una dignità ragguardevoli in un tale momento.

L'appartamento del Re non era ancora stato forzato. Le Guardie del Corpo convenirono tra loro di difendere uno dopo l'altro ongni appartamento, dove uno solo si trovava gli altri gli davano il cambio successivamente, fino a quello dove era la famiglia Reale e attesero con più grande coraggio la morte che credettero non poter evitare.
M. La Fayette, la cui negligenza lo aveva messo nella più spaventosa posizione, fece in questa occasione, i più grandi sforzi per far promettere la guardia Nazionale di difendere il Re e a salvare le Guardie del Corpo. I Granatieri lo promisero e colpirono di conseguenza alla porta della sala di quest'ultimi, gridando che venivano come amici e per difendere loro e salvare il Re.
M. de Chavannes, brigadire delle Guardie del Corpo, disse allora ai suoi compagni: "Amici miei,bisogna che uno di noi si presenti loro per vedere se dicono la verità, quella persona sarò io. Ritiratevi tutti per difendere le altre stanze se non sentirete nulla di buono". Aprì loro la porta mettendosi fieramente il cappello sulla testa e dicendo:" Venite a assassinarci o a difendere con noi il nostro Re?". Essi si misero a gridare:" Viva il Re! Noi veniamo a difendere lui e anche voi"

Il Re profondamente afflitto di vedere sgozzate le sue Guardie del Corpo da questa moltitudine che riempiva le corti del Castello, apriì le finestre e si presentò sul suo balcone per domandare al popolo di salvare loro la vita. Le Guardie del Corpo che erano in quel momento con il Re, gettarono le loro bandoliere per calmare il furore della folla e gridarono "Viva la Nazione!"

Questo segnale del Re intenerì il cuore di queste tigri, esse abbracciarono coloro che stavano per sgozzare e invitarono a scendere quelle presso Sua Maestà per condividerne le carezze.
La famiglia si recò dal Re così pure come le persone che abitavano il castello, qualcuno era scosso per quello che era successo e nella grande paura per il seguito di questa catastrofe.
La Regina, sempre all'altezza nella sventura, cercava di rassicurare coloro che vedeva spaventati
[...]
Il popolo nel frattempo non perdeva di vista lo scopo della sua impresa. Domandò a gran voce che il Re andasse a soggiornare a Parigi e M. La Fayette inviava consigli su consigli per convincerlo. Il Re spaventato per tutto quello che era successo, pressato e sollecitato da tutte le parti, alla fine si arrese. Malgrado la sua ripugnanza di stabilirsi in quella città, dette la sua parola che sarebbe partito a mezzogiorno. Questa promessa gli valse le acclamazioni del popolo e presto i colpi di cannone e i fuochi rulanti della moschetteria risposero loro.
Il Re apparve una seconda volta per confermare la sua promessa e l'ebbrezza di quella moltitudine fu al culmine. Ci si impadronì delle Guardie del Corpo che erano state salvate dalla morte e si dette loro i berretti dei Granatieri
[...]
Le pescivendole erano sempre in gran numero nelle corti del castello, cantando, danzando e facendo vedere la loro gioia in modo chiassoso e nel modo più indecente. La "Cour de Marbre", sulla quale davano le finestre dell'apartamento del Re, era piena di quelle donne, che ebbre del loro successo chiesero di vedere la Regina. La principessa apparve sul balcone tenendo per mano Mgr. il Delfino e Madame. Tutta questa moltitudine la guardò con furore e gridò." Fate rientrare i bambini". La regina li fece rientrare e apparve sola. Quest'aria di grandezza e di coraggio eroico nel momento del pericolo fece trasalire tuttti e impressionò tutta questa folla che abbandonò alll'istante i suoi progetti sinistri e, piena di ammirazione gridò." Viva la Regina!". Si notò , cosa singolare, che tutte le pescivendole avevan la pelle bianca, dei bei denti e portavano dei tessuti più fini di quelli che usavano di solito: il che provava che c'erano in mezzo al loro molte persone pagate per interpretare un ruolo in questa orribile giornata.
Il Re salì sulla sua vettura alle una e mezza lasciando con dispiacere il palazzo che non avrebbe più rivisto. Era in fondo alla vettura con la regina e Madame sua figlia. Io ero sul davanti, tenevo sulle ginocchia Mgr. il Delfino e Madame era vicina a questo principe. Monsieur e Mme Elisabeth erano vivino alle portiere. M. La Fayette, comandante della Guardia Nazionale di Parigi e M. d'Estaing, di quella di Versailles, erano tutti e due a cavallo vicino alle portiere della carrozza delle loro Maestà. Che contrasto tra la loro condotta e quella dei loro avi.
[...]
Si è vedeva sfilare da subito il grosso delle truppe parigine, dove ogni soldato aveva un panino in cima alla sua baionetta. Erano accompagnati da una plebaglia sfrenata, che portava su delle picche le teste delle sfortunate guardie del corpo, massacrate da loro
[...]

Si gettò presso Sèvres, nella vettura del Re, un piccolo pacco che cadde sulle mie ginocchia "Mettetevelo nella vostra tasca - mi disse il Re- e l'aprirete quando arriveremo". Cadde nella carrozza, non seppi mai cosa fosse il contenuto, ma sospettai a ragione che potesse essere qualche orrore proprio ad affliggere il cuore della sventurata famiglia reale
[...]

Edited by marquise de Créquy - 16/11/2014, 14:22
 
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marquise de Créquy
view post Posted on 2/12/2013, 20:33     +1   -1




Dai Souvenirs del conte di Semaillé:

"...Quattro giorni dopo, il 5 Ottobre 1789, il Re, accompagnato dal suo servizio, si recò alla caccia nel bosco di Meudon. Noi lasciammo i nostri abiti al "rendez-vous", e ci mettemmo i gilets di "tenuta piccola", bordati con galloni d'oro. Molti bracconieri sparavano a caso sulla selvaggina: il Re mi disse :

- Andate a dire a quegli uomini che vadano più lontano, che potrebbero ferire qualcuno del mio seguito -.
Questi uomini accolsero con rispetto gli ordini del Re. Qualche istante dopo, arrivò a piedi, da Parigi, un cavaliere di Saint-Louis, di cui non ricordo il nome, informando Luigi XVI che su Versailles si stavano dirigendo delle bande di assassini, e lo supplicava di mettere il castello in stato di difesa.

- Vi ringrazio molto, Monsieur - rispose il Re - del vostro atto di devozione, ma non ho paura. Voi dovreste essere molto affaticato; bisogna farvi salire su una delle mie vetture e farvi condurre a Versailles -

Nel momento in cui il Re stava finendo questa frase, M. il marchese di Salvert, scudiere della Regina, arrivò al galoppo con una lettera di quest'ultima, supplicando Sua Maestà di ritornare al più presto da lei. Non ci fu tempo di ritornare al "rendez-vous". Il Re montò in carrozza e noi saltammo a cavallo per seguirlo. Ma Luigi XVI, che aveva fatto forzare la velocità, rientrò al castello quando noi eravavamo ancora alla curva dell'Avenue de Paris.

Là, noi scorgemmo, a cinquecento passi al massimo dalla Place d'Armes, quella spaventosa avanguardia di briganti che marciava su Versailles. I due lati dell'avenue erano pieni di uomini e donne , che gettavano imprecazioni orribili e ci gettavano pietre e bastoni. Sebbene fossimo col gilet sentimmo dire: - Sono i paggi: bisogna ucciderli!-. Io ricevetti una pietra al gomito sinistro, che mi fece talmente male che lasciai la briglia. Il mio cavallo mi portò con sé e l'animale spaventato mi portò direttamente nella corte delle grandi scuderie. I nostri abiti furono portati da una vettura di servizo, e potemmo montare al castello prima dell'arrivo dell'orda, che si era fermata per qualche istante davanti alla piccola casa chiamata "Pavillon de Vergennes" dimora del duca d'Orléans, e quartier generale degli agitatori di quella banda orribile.

Il Reggimento delle Fiandre fu messo in posizione di battaglia sul lato destro della Place d'Armes e un distaccamento delle guardie del corpo era di fronte, davanti alla caserma delle guardie svizzere. Queste truppe erano le sole forze presenti a Versailles, dato che il Re, per eccesso di bontà, aveva acconsentito che i reggimenti degli ussari, che erano davanti all'Orangerie, si ritirassero. L'orda arrivò urlando sulla piazza. Alla sua testa c'era un operaio, modello per le accademie, con la barba lunga. Aveva una ascia alla mano e un fucile messo di traverso; aveva allo stesso tempo il ruolo di tamburo maggiore e quello del sergente dell'insurrezione. Avevo ricevuto, come i miei camerati, un moschetto per difendere le scuderie in caso fossero state attaccate- il che non avvenne, il castello era l'obiettivo degli assalitori. Allora mi misi degli abiti civili e mi recai, per una via traversa, sull'Avenue de Paris di fronte all'Hotel de Vergennes, a casa del luogotenente de Tilly.

Non trovai nessuno, dato che Mme de Tilly, spaventata aveva condotto sua figlia Caroline, di tre anni, nella casa di Vergennes, credendo, a ragione, di essere risparmiata da tutto il pericolo sotto il tetto dove dimorava il duca d'Orléans. Ritornai, quindi, senza perdere tempo alla Grande Scuderia dallo stessa via di Montreuil, e fui designato, con altri tre paggi, a montare al castello e prendervi servizio.

Lo scudiere che comandava le piccole scuderie aveva avuto la precauzione di inviare due vetture preparate sulla terrazza del castello, facendo fare loro il giro dalla "Pièce d'Eau des Suisse". Queste due carrozze lasciavano al Re la possibilità di ritirarsi con la sua famiglia a Rambouillet, o più lontano se fosse stato necessario. Molte persone erano là riunite e il Re era risoluto a partire, quando, sulla rappresentazione che la sua partenza sarebbe stata il segnale di grandi sventure, si lasciò persuadere e ritornò ai suoi appartamenti.

Poco dopo si sentì una scarica; il popolo tirava sulle guardie del corpo, che avevano ricevuto l'ordine di non difendere il castello. M. de Savonnière, che le comandava, ebbe un braccio rotto; molti cavalli furono feriti. Uno dei miei camerati, più vecchio di me, M. de Lastours, fu inviato per vedere se , come si diceva, arrivavano dei briganti dal lato del Buc. Prima che attraversasse la Place d'Armes, M. de Lastours, fu fatto cadere da cavallo e si salvò per miracolo.

Questo avvenimento fece insistere ancora Luigi XVI ad impegnarsi a partire; ma gli stessi individui che la prima volta fecero fallire gli sforzi dei veri amici della famiglia reale. Tra loro si trovavano il comandante della Guardia Nazionale di Versailles, M. de Lusignan, colonnello del reggimento delle Fiandre, Berthier, ufficiale della Guardia Nazionale, lo stesso che divenne più tardi principe di Neuchatel, etc. Il Re in procinto di montare in vettura si decise a restare. La Regina, disperata,disse:
- Voi vi perderete e sacrificherete tutta la vostra famiglia -
- E' un dovere per me - rispose - di sacrificarmi per evitare le più grandi sventure-

Fummo rinviati alle scuderie, condotti da M. du Theil, e sempre armati dei nostri moschetti. Prendemmo una scorciatoia che portava dal palazzo al teatro della cittadina, seguendo la Rue de la Paroisse, ed entrammo dalla porta delle scuderie che dava sull'Avenue di Saint-Cloud.
Stremato, mi buttai a letto tutto vestito non sentendo unna dell'orribile rumore che si faceva sulla piazza. Quando mi risvegliai, notai dalle finestrele teste delle due guardie del corpo infilzate sui ferri di lancia del cancello. Questi due sventurati erano MM. de Varicourt e des Huttes, che erano stati massacrati dal popolo e decapitati dall'uomo con la lunga barba di cui ho parlato sopra...."
 
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