La Cour Royale

Il matrimonio del Delfino

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marquise de Créquy
view post Posted on 8/4/2013, 22:46     +1   -1




Il primo dicembre 1744, il vescovo di Rennes, nominato in questa occasione ambasciatore straordinario, firmò gli articoli del contratto. Sebbene abitasse a Madrid da più di tre anni, dovette fare un’entrata solenne; Filippo V lo fece alloggiare a proprie spese tre giorni dalla “maison du Roi”; il giorno della firma, un maggiordomo venne a cercarlo in una carrozza a quattro cavalli.

La corte di Versailles desiderava che l’Infanta venisse in Francia il più presto possibile. Non era piccola cosa, questo viaggio in questa stagione dell’anno; Maria Teresa si mise in viaggio il 20 dicembre, andando a dormire per la prima tappa ad Alcalà. Il suo itinerario più dritto di quello attuale della ferrovia passava per Aranda del Duero, Burgos, Miranda, Vitoria, Saint-Sébastien, Fontarabie: 19 giorni di viaggio, più 4 di riposo; 102 leghe attraverso gli altipiani della vecchia Castiglia spazzata dall’aspra tramontana invernale; i Pirenei da superare tra Tolosa e la Bidassoa.

L’11 gennaio 1745, la Delfina arrivò a Fontarabie, dall’alto delle mura della vecchia città pittoresca il cannone annunciò il suo arrivo dal suo seguito francese che da due giorni la aspettava sull’altra riva, a Saint-Jean-de-Luz. C’era, con la Casa della Delfina, la duchessa di Brancas, il duca di Lauraguais suo figlio, inviato del Re, il marchese di La Fare, Desgranges, maestro delle cerimonie e Verneuil, introduttore degli ambasciatori. La duchessa di Brancas era sulle spine. Le intendenti e le mogli dei primi presidenti intendevano essere ricevute in abito di gala. La duchessa che si presentassero in abito lungo e mantilla. Il Re vietò le presentazioni in cerimonia, proscrisse gli abiti di gala e autorizzò gli “abiti di camera”. Vi erano altre spinose questioni di etichetta da regolare. Il giorno in cui Verneuil arrivò a Bayonne; Mme de Brancas lo assalì per fargli mille domande. Dal lato spagnolo non si era meno formali. Il conte de Montijo, che accompagnava l’Infanta ritardò, per i suoi rigori verso l’etichetta, il giorno del passaggio della Bidassoa. Bisognava che l’indomani dell’arrivo di Maria Teresa a Fontarabie, la sua casa francese andasse a farle la corte nella piccola città spagnola, appollaiata sull’altra riva. Ci si alzò all’alba, partire alle sette, in abiti di gala, passare il fiume e sbarcare ad Irun; da là un’altra lega li separava da Fontarabie, un cammino spaventoso, impraticabile se non sostituendo delle carrozze con delle portantine. Mme de Brancas, rabbrividì in anticipo : “E’ una giornata terribile per me”.

Il 13 genneaio, l’Infanta fu consegnata dal suo seguito spagnolo alla sua casa francese all’ Ile de la Conference, vi era ancora la loggia dove Mazarino e Don Luis de Haro avevano firmato, quasi un secolo prima, il trattato dei Pirenei. La cerimonia fu solenne. La futura Delfina ebbe una stretta al cuore. Tutti gli Spagnoli la lasciarono per ritornare verso Madrid. “Ha dato – scrisse Mme de Brancas – dei segni del suo buon cuore lasciando le sue dame, e poi di seguito ha ben voluto asciugare le sue lacrime in favore della nostra gioia
La casa francese era rapita dalla sua nuova padrona, ma pure in un terribile imbarazzata. Gli Spagnoli si erano dimostrati poco concilianti. Non hanno voluto lasciare il sarto Ribère prendere le misure all’Infanta a Fontarabie, né lasciargli vedere uno dei suoi abiti di gala, per permettergli di confezionare più velocemente le parures alla francese. Si rifiutarono di dire cosa vi era di bagaglio e quando avrebbero consegnato le casse, fu tutto un affare a trovare cavalli e carri. Fu una quantità di bauli contenenti la dote: biancheria, vestiti, gioielli, un insieme di oggetti di tutte le sorti dove si vide, confusi nella stessa cassa, dei libri, delle pomate, delle polveri, del cioccolato e delle reliquie!

Tutto questo convoglio si mosse nelle Lande deserte. A Saint-Vincent, presso Bayonne, vi era solo una casa. Dappertutto il popolo scoppiava di gioia. A Bordeaux la cerimonia fu sontuosa. Servandony, pittore e architetto del Re, aveva presieduto alla decorazione. Furono eretti un arco di trionfo, un palazzo dell’imene. La Delfina volle vedere la statua equestre di Luigi XV. La sera vi fu un “grand Couvert” e un ballo, a i quali Maria Teresa si recò in domino blu decorato con pizzo d’oro.

Per passare la Garonna e doppiare il “bec d’Ambez” si era costruito una “Maison navale” che doveva rimorchiare quattro barche. Il vento del Nord si mise a soffiare così forte che si dovette aspettare. Il Delfino, il Re erano in una impazienza estrema. Dopo ventiquattro ore di ansia generale, il vento finì. La “maison Navale” fu trainata fino a Blaye e si promise di guadagnare una tappa sul resto del tragitto. Ad Orléans, M. de la Mothe da parte della Regina e M. de Richelieu in nome del Re, arrivarono davanti a Maria Teresa con dei regali magnifici: gioielli, orologi, ventagli, tabacchiere, oggetti preziosi di tutte le sorti, secondo il costume destinati poco alla principessa ma per le persone della sua casa.

Luigi XV decise di andare incontro all’Infanta. Il 20 febbraio 1745, partì da Versailles, il mattino, con il Delfino e si recò ad Etampes, dove arrivò alle sei di sera. L’indomani all’uscita da messa, si recò a 3 leghe di distanza per l’incontro con la Principessa, con suo figlio, i principi del sangue, i grandi ufficiali e il fior fiore della sua Corte. Quando fu a Mondésir, la prima posta oltre Etampes, la Delfina incontrò il Re, il suo primo movimento fu di inginocchiarsi. Luigi si affrettò a rialzarla, l’abbracciò con i più grandi gesti di tenerezza e gli presentò il Delfino che la baciò sulle due guance. L’incontro fu molto toccante. Luigi XV prese la Principessa nella sua carrozza. Alle tre si arrivò ad Etampes e le presentazioni ebbero luogo con la consueta cerimonia. Il Re sembrava incantato. Alle sei ritornò da sua nuora, giocò a lanzichenecco con lei e cenò con lei con le principesse e le dame. Il giorno seguente, la portò con sé nella sua vettura. La Regina era a Sceaux e li raggiunse. Alle quattro della sera, le Loro Maestà pranzarono a Sceaux con il Delfino, poi ritornarono a dormire a Versailles. Maria-Teresa lasciò Sceaux solo l’indomani, 23 febbraio, giorno fissato per le nozze.

Arrivò a Versailles alle dieci. “Il Re – scrive d’Argenson – assistette alla sua toeletta e a quella di Monsignor il Delfino, più da padre che da Re”. Parlò così all’Infanta per quasi due ore. Alle una ebbe luogo, alla cappella del castello, la cerimonia nuziale. La Delfina cenò con il Delfino e Mesdames, sue cognate.La sera ci fu, nella sala costruita nel Gran Maneggio, coperti per le feste preparate all’occasione del matrimonio, una commedia inframmezzata da canti e danze. Mai spettacolo fu così magnifico e mai la Corte fu così brillante che in altre occasioni come in questa!”
Questo ballo fatato sembrò piacere alla Delfina. “Alle dieci, si è cenato dalla Regina; la famiglia reale e le principesse del sangue erano alla cena. Il “Coucher” fu alle due di notte. La Corte era dagli sposi che erano sembrati in buona salute, a mezzogiorno e sono andati alla messa alle una”.

Quanto alle impressioni prodotte dalla nuova Delfina, d’Argenson ci racconta: “ Mme la Delfina ha guadagnato tutti i cuori. Il Re e la Regina l’amano teneramente. Non si può dire che sia possibile ancora conoscere a fondo il suo carattere; è comunque sufficientemente sviluppato perché si possa già percepire che ha molto spirito e conoscenza. Vi unisce molta nobiltà, dignità e grazia.”

Quanto ai giovani sposi, la loro unione, decisa dalla politica si convertì attraverso il loro affetto in un affascinante idillio, sfortunatamente troppo corta. Il 16 luglio 1746, la Delfina dette alla luce una principessa. Sei giorni più tardi, se ne andò in poche ore. D’Argenson annunciò questa triste notizia all’ambasciatore francese a Madrid:


Versailles, il 22 luglio 1746, a mezzogiorno

Ecco, Signore, un evento spaventoso: Madame la Delfina è spirata; la febbre l’ha colpita ieri ed è aumentata questa notte; la testa è stata colpita alle nove, quello che doveva passare si è fermato e il medicamento di Mme Fouquet non ha fatto nulla. La si è salassata due volte al piede; le convulsioni le hanno impedito di ingerire nulla di quello che si pensava l’avrebbe curata. Immaginatevi tutti gli orrori di afflizione e di disperazione in cui è piombata la famiglia reale e tutta la Corte nell’ora in cui vi ho scritto. A mala pena il Re ha potuto rispondermi quando gli dissi che andavo a mandarvi questo dispaccio[…] Lo stato in cui versa Monsignor il Delfino ci getta nella più violenta inquietudine. Cos’è la vita buon Dio. Credo che si andrà subito a Marly e da là, in pochi giorni, all’esercito.
Sono perfettamente, Signore, il vostro umile e obbediente servitore.
D’Argenson
”.

Edited by marquise de Créquy - 16/11/2014, 01:22
 
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