La Cour Royale

10 Agosto 1792 raccontato dai testimoni

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marquise de Créquy
view post Posted on 3/8/2013, 10:50     +1   -1





Dalle Memorie di Pauline de Tourzel:

“[…] Dalle cinque del mattino sentimmo suonare le campane e battere la generale. Qualche battaglione di guardia nazionale si recò al castello per respingere con la forza coloro che erano stati annunciati come assalitori.
Verso le sette del mattino, il Re passò nelle corti la rivista delle guardie svizzere e delle guardie nazionali. Il battaglione della sezione dei Filles-Saint-Thomas, quasi interamente composto da persone devote, fu introdotta all’interno del castello. Riuniti nella Galleria di Diana, la Regina, M. il Delfino, Madame e Madame Elisabeth, accompagnate da mia madre e da me, si presentarono a loro e furono accolte dalle assicurazioni della più intera devozione. La Regina parlò a questi uomini di cuore della fiducia che ella metteva loro in modo da raddoppiare il loro entusiasmo.

Al ritorno del Re, tutta la famiglia e le persone attaccate alla Famiglia reale si trovarono nel Cabinet du Roi. Si sapeva che i faubourg erano in marcia verso il castello. L’ansia era al suo culmine quando M. Roederer arrivò per parlare al Re. Lo convinse a lasciare il castello, a recarsi all’Assemblea: - Là solo – diceva- il Re poteva essere in sicurezza con la sua famiglia – Il re rifiutò ad ottemperare a questo consiglio: non voleva abbandonare tante persone che si erano riunite nel progetto di difenderlo…
Roederer insistette; parlò del sangue che sarebbe stato sparso; dei pericoli che correva la vita della Regina, del Delfino e di Madame Royale…

Infine il Re cedette. Ciascuno si disponeva a seguire il Re, ma Roederer esigette che solo la Famiglia Reale si recasse all’Assemblea.

Mia madre accompagnò i Figli di Francia; Roederer vi si oppose; ma il Re insistette dicendo che, essendo governante dei suoi figli, non poteva lasciarli. Non potei quindi essere ammessa a seguire mia madre. La partenza fu così veloce, ch’ella ebbe solo il tempo di abbracciarmi e di raccomandarmi alle cure della Principessa di Tarente. Dalla finestra della camera del Re vedemmo passare questo triste corteo, a piedi, attraversando i giardini delle Tuileries, scortati da qualche guardia nazionale, da qualche membro dell’Assemblea, e accolto dal silenzio più profondo. Era uno spettacolo che faceva serrare i cuori. L’idea di un corteo funebre si presentò al mio animo; era, in effetti , il corteo funebre della Regalità.
Per quel che successe in questa funesta giornata e in quelle che seguirono non posso dirvi nulla di più completo e di più preciso di quello che troverete nella lettera che sto per leggervi. […]

“Ho avuto ieri solo il tempo di dirvi, mia cara Joséphine, che mia madre ed io siamo fuori pericolo; ma vi voglio raccontare oggi come siamo scappate ai più spaventosi pericoli. Una morte certa mi sembrava il meno, tanto il timore di orribili circostanze cui poteva essere accompagnata si aggiungevano alle mie paure. […] Voi sapete che il 10 agosto, mia madre con M. il Delfino, accompagnò il Re all’Assemblea Nazionale.
Io , rimasta alle Tuileries, nell’appartamento del Re, mi attaccai alla buona principessa di Tarente, alle cure di colei a cui mia madre mi aveva raccomandato: ci promettemmo, quali fossero gli eventi di non separarci mai più. Il castello era assalito da tutte le parti. Ci si occupava dei modi di salvezza: la fuga era impossibile. Parecchie persone pensarono di ritirarsi nei sottotetti: Mme de Tarente ed io pensammo che bisognava piuttosto avvicinarsi alle porte d’uscita, al fine di scappare se si presentava qualche possibilità. La carica di fucile che cominciò ci fece decidere. Per metterci un po’al riparo per non essere dalla parte dove tiravano, scendemmo nell’appartamento della Regina, al pianterreno, attraverso quella scala segreta che serviva da comunicazione tra il suo appartamento e quello del Delfino.

Nell’oscurità di questo passaggio, la luce e il rumore di un colpo di cannone arrivò a ghiacciarci dallo spavento: tutte le dame che erano nell’appartamento del Re ci seguirono allora, e ci trovammo riunite. Il rumore della carica di fucile, il rumore del cannone, le finestre, i vetri che si rompevano, il fischio delle pallottole, tutto ciò faceva un fracasso spaventoso.

Fermammo le imposte per correre meno pericolo e accendemmo una lampada del passaggio per non essere nell’oscurità più completa. Questa posizione mi fece venire un’idea che fu adottata all’istante: - Accendiamo- dissi- tutte le candele del lampadario, dei candelabri, delle torce; se i briganti dovessero forzare la nostra porta, lo stupore che causerà loro tanta luce potrà salvarci dal primo colpo e darci il tempo di parlare
Ciascuna allora si mise all’opera. E appena tutti i nostri doveri furono finiti, sentimmo, nelle camere che precedevano quella in cui eravamo, delle grida spaventose e un ticchettio d’armi che ci annunciava troppo bene che il castello era stato invaso e che bisognava armarci di coraggio. Fu affare di un momento. Le porte furono sfondate e degli uomini, spada alla mano, si precipitarono nel salone…si fermarono all’istante… una dozzina di donne in questa camera…e tutte queste luci ripetute negli specchi facevano, con la luce del giorno che lasciavano, un tale contrasto che i briganti restarono stupefatti. Eravamo riunite con molte dame della Regina, di Madame Elisabeth e di Mme de Lamballe.

Molte di queste dame si sentirono male. Mme de Genestou si inginocchiò talmente aveva perso la testa, e balbettò delle parole di perdono…andammo verso di lei e le imponemmo il silenzio e, mentre la rassicurai, questa buona Mme de Tarente pregò un Marsigliese di aver più pietà della debolezza della testa di questa dama e di prenderla sotto la sua protezione. Questo uomo dopo un momento di esitazione, acconsentì e la tirò fuori dalla camera; poi tutto d’un colpo, ritornando a colei che gli aveva parlato in favore di un’altra;…colpito apparentemente da una tale generosità in quella circostanza…disse a Mme de Tarente: - Salverò quella dama, salverò pure voi e la vostra compagna…- Effettivamente rimise Mme de Genestou nelle mani di uno dei suoi camerati, poi prendendo Mme de Tarente sottobraccio e me dall’altro ci portò fuori dell’appartamento.

Uscendo dal salone passammo sul corpo di un valletto a piedi della Regina e uno dei suoi valletti di camera, che fedeli al loro posto, non volendo abbandonare l’appartamento della loro padrona, erano stati vittime del loro attaccamento. La vista di questi due uomini morti ci serrò il cuore…Mme de Tarente ed io ci guardammo…pensammo che in un istante, forse, avremmo avuto la stessa sorte. Infine, dopo molta pena questo uomo riuscì a farci uscire dal castello da una piccola porta dei sotterranei. Attraversammo la terrazza presso il cancello del Pont-Royal. Là il nostro protettore ci lasciò, avendo, disse, adempiuto alla sua promessa di condurci al sicuro fuori delle Tuileries.
Presi allora il bracco di Mme de Tarente, che, credendo di sottrarsi ai guardi della moltitudine, volle, per ritornare da lei scendere verso il bordo del fiume. Camminammo dolcemente e senza dire una parola quando sentimmo delle grida spaventosa dietro noi: girandoci notammo una folla di briganti che stavano correndo verso di noi, spada alla mano; all’istante ne apparvero altrettanto davanti noi e sul viale, sul parapetto, ci tenevano in pugno, gridando che eravamo dei fuggitivi dalle Tuileries. Per la prima volta provai una paura reale. Credei che saremmo stati massacrati…Mme de Tarente parlò…fece fatica contenere la moltitudine…infine ottenemmo che una scorta ci avrebbe portato al distretto.
Abbiamo attraversato tutta la piazza Louis XV in mezzo ai morti… Molti degli Svizzeri erano stati massacrati e molte altre persone …. Eravamo seguiti da una folla immensa che ci copriva di ingiurie inimmaginabili. Fummo portate al distretto, rue Neuve-des-Capucines: là fummo riconosciute. La persona a cui eravamo state affidate era una persona onesta, giudicò la nostra posizione: gli ispirò dell’interesse, accusò ricevuta delle nostre persone e ad alta voce annunciò che saremmo state condotte in prigione: congedò così coloro che ci avevano portato.

Solo con noi, ci assicurò di tutto il suo interesse, promettendo che , alla fine del giorno saremmo state portate a casa.
Verso le otto di sera ci diede due persone sicure per guidarci, e ci fece uscire da una porta posteriore, al fine di evitare gli spioni che sorvegliavano la sua casa. Arrivammo dalla duchessa La Vallière, prozia di Mme de Tarente e dove lei alloggiava.[…]

Edited by marquise de Créquy - 16/11/2014, 14:24
 
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