La Cour Royale

Marie-Adélaïde-Clotilde-Xavière di Francia, Principessa di Piemonte

« Older   Newer »
  Share  
marquise de Créquy
view post Posted on 21/2/2013, 21:02     +1   -1




Marie-Adélaïde-Clotilde-Xavière di Francia nasce a Versailles il 23 settembre 1759. La “Gazette” aveva annunciato ai lettori, dal mese di agosto, un’assemblea di nutrici, per il 3 settembre alle quattro del pomeriggio nell’appartamento della contessa de Marsan, governante dei Figli di Francia. Erano le cinque del mattino e l’ostetrico che dormiva nell’anticamera ebbe appena il momento di mettersi addosso una vestaglia, la nuova nata ebbe per testimoni solo il Delfino, la prima camerista e la levatrice. La cosa fu inusuale visto che di solito l’usanza prevedeva di dare molta pubblicità alle nascite reali. Quando il duca di Borgogna venne al mondo, attorno alla Delfina c’era talmente tanta gente che le figlie del Re persero le loro cuffiette. Informato subito, Luigi XV e la corte accorsero subito, a riceverli il Delfino in vestaglia da camera e con il berretto da notte, con un’aria di soddisfazione che provava tutta la sua tenerezza per la puerpera. La nuova principessa fu battezzata dal vescovo d’Autun, primo elemosiniere alla presenza del vicario della parrocchia, poi la contessa de Farsa la portò nell’appartamento, dove vi erano le nutrici. A differenza di altre volte non vi fu alcuna festa e alcun “Te Deum”. "Ciò non è sorprendente per una bambina che ha tre fratelli in vita” riferisce Barbier; questi quattro fratelli erano: il duca di Borgogna, il duca de Berry, il conte di Provenza e il Conte d’Artois.

A corte si parla poco di lei e l’unico a fare menzione di lei è Horace Walpole che termina così il racconto delle sue presentazioni a Versailles: “Infine si va a vedere pranzare la piccola figlia del Delfino; che è rotonda e paffutella come un budino”.
Nel 1761 sono battezzati nello stesso giorno il duca di Berry, i conti di Provenza e d’Artois e la loro piccola sorella Clotilde. Madame Clotilde intanto cresceva e …. Ingrassava! La storia non ci ha lasciato il nome del buon Svizzero, poco familiare con la grammatica francese, che, durante le sue ore di guardia, vedendo la principessa, graziosa ma grassa all’eccesso esclamò ingenuamente: “Le Gros Madame”. A Luigi XV che amava i nomignoli, non dispiacque e tutta la corte lo adottò per designare la nipote del Re in modo che “Gros-Madame” restò. Madame Clotilde sapeva molto bene che la si chiamava così e mostrò fin troppo intelligenza per formalizzarsi. Una dama al gioco, una volta, si permise di rivolgersi a lei chiamandola così e ricevette un vivo rimprovero da Mme de Marsan. L’indomani Madame Clotilde fece chiamare la colpevole e le disse “La mia governante ha fatto il suo dovere, io farò il mio: ritornate a fare la vostra corte e dimenticate una sbadataggine che io stessa ho già dimenticato”.

La piccola, si fa per dire, cresce sotto le cure amorevoli di Mme de Marsan la quale si interessa, come Governante dei Figli di Francia anche ai loro divertimenti; a un Martedì Grasso, ci fu nei loro appartamenti una mascherata: il duca de Berry e Mlle de Mazarin erano vestiti da Enrico IV e Maria de’ Medici; il conte d’Artois e Mlle de Guéménée avevano i loro costumi da Luigi XIII e Anna d’Austria; il conte di Provenza e Madame Clotilde, impersonavano Luigi XIV e Mme de Maintenon.

Dal 1765, i lutti si susseguono a Versailles, il primo è il Delfino. Lascia delle istruzioni scritte sul metodo di educazione morale dei figli ai quali Mme de Marsan si conforma, non è lo stesso per il duca de La Vauguyon, spirito molto inferiore. Due anni dopo muore la Delfina e poi Marie Leczinska. Alla morte della Delfina, il duca de La Vauguyon e Mme de Marsan portano i cinque orfani a Saint-Cyr e dopo la messa “che si fece al loro arrivo, si recarono al giardino, dove si divertirono, sebbene in un modo un po’ serio visto la circostanza”.

Sotto gli occhi vigili di Mme de Marsan, Clotilde, di undici anni, dotata di un’intelligenza precoce, comincia a prendere nei confronti della sorella minore, Elisabeth, il ruolo di mentore. Del resto quest’ultima, che un giorno sarà la pia Elisabeth, nella sua infanzia, si dimostra viva, indocile e irascibile. Fu la ferma saggezza della governante, l’affetto paziente e calmo di Madame Clotilde a portare col tempo questa natura difficile a dominarsi e a vincersi. Una circostanza fortuita doveva portare un primo cambiamento nell’umore bizzarro della bambina. Ammalatasi, Clotilde domanda con prendersi cura di lei, ottenne che il suo letto fu portato nella camera di sua sorella, se non le fu permesso di vegliarla durante la notte almeno non la lasciava durante il giorno. Clotilde dette degli eccellenti consigli a sua sorella e in più, fu la prima vera sua istitutrice; presto Elisabeth, che si era rifiutata fino allora, acconsentì a compitare le sue parole, e nel giro di poco tempo si appassionò alla lettura.

Le piccole Mesdames sono affidate a gente molto seria che collabora alla loro istruzione. Apprendono la storia e la geografia con Guillaume Leblond, la fisica con l’abate Nollet, il catechismo con l’Abate de Montégat; Mauduit insegna loro la matematica; M. Lemonnier, medico celebre e sapiente botanico accompagna le principesse e la loro amabile governante nei giardini o nel bosco, facendo loro apprendere i nomi degli arbusti, dei fiori, semplici o rari, il loro luogo d’origine, la data di acclimatazione e le loro proprietà. A dei giorni scelti, delle donne istruite e distinte, amiche di Mme de Marsan, formavano un circolo dalle principesse che apprendevano così l’arte di ricevere, della facilità di comunicazione, la grazia animata dei gesti e la dignità del contegno. Mercy-Argenteau, più tardi, loderà, in una lettera all’Imperatrice, l’educazione data alle cognate di Marie-Antoinette, soprattutto la graziosa affabilità di Madame Clotilde.
Durante i soggiorni a Compiègne, a Fontainebleau, le principesse e le loro dame recitano la commedia davanti agli abitanti del vicinato. Mme de Marsan compone l’opera, Mme de Mackau fa apprendere i ruoli e Mme. d’Aumale suggerisce.

Nel 1770, in occasione delle nozze del Delfino con l’arciduchessa Marie-Antoinette, Clotilde, “la Grosse petite Madame”, com’è chiamata da Croy, è ammessa a partecipare alle feste organizzate per l’evento e la ritroviamo a danzare, nel famoso ballo di Mlle de Lorraine, assieme al fratello conte di Provenza.

In un giorno di settembre 1772, quando la corte è a Compiègne, Mme de Marsan porta le sue allieve a visitare “L’Enfant-Jesus”, comunità situata all’estremità di Parigi nella parrocchia di Saint-Sulpice. Sono ricevute con onore. Alla fine dell’ufficio le ventotto giovani sfilano davanti alle due principesse e Madame Clotilde le ringrazia e abbraccia. Madame Elisabeth, meno perfetta nell’educazione offre loro la mano da baciare.
Certe memorie raccontano una sorta di party a sorpresa offerto a Madame Clotilde da sua cugina e amica Louise de Condé (Mademoiselle) al castello di Vanves, dove risiedeva. Il 31 luglio 1773, Mesdames Clotilde ed Elisabeth trovano la principessa Louise nella sua latteria, vestita da contadina, intenta a battere la panna per fare del burro. Si assaggia il prodotto latticino. Si mordono i frutti dell’orto e, dopo i ritardi che danno luogo a dei piacevoli incidenti, Mademoiselle chiama le sue dame. Arrivano nei loro costumi rustici e ciascuna offre il suo regalo: un agnello, un nido di capinere, dei fiori…poi Mademoiselle e il suo seguito lasciano i loro costumi per ritornare tutte ben vestite a prendere Madame Clotilde e portarla verso un portico di foglie, edificato in giardino, all’entrata del tempio dell’Amicizia. Dei musici invisibili accompagnano il canto di un inno, sempre all’Amicizia. Le tre cugine stendono la mano su un libro, dove i loro nomi sono scritti in lettere dorate e si giurano fedeltà.

Il 2 gennaio 1773 in una lettera della Contessa di Provenza, Maria - Giuseppina di Savoia, ai genitori, si intravede il primo approccio per un eventuale matrimonio con il rampollo della casa sabauda e prega sua madre di inviarle dei tartufi, poiché sua zia Victoire (che è una buongustaia) li ama follemente e la sua giovane cognata, Madame Clotilde, non li disdegna “vi dirò che lei è affascinante, e più grande di me, il che non è molto ma ha solo quattordici anni”. Un mese dopo il Re Carlo - Emanuele muore. Il principe di Piemonte, suo figlio primogenito, gli succede con il nome di Vittorio - Amedeo III e come primo atto ha la gioia di acconsentire alla mano di sua figlia Maria Teresa con il giovane conte d’Artois. La corte di Francia si prepara a ricevere la seconda figlia del Re di Sardegna sapendo benissimo che si acconsentirà alla condizione di un matrimonio tra il figlio dei sovrani sabaudi e si assicura così la sorte di Madame Clotilde.

I messaggi tra le due corti si sprecano, la contessa di Provenza lavora per assicurare la cognata al fratello, poi una volta giunta in Francia, anche la sorella, la contessa d’Artois si adopererà per la stessa causa. Nel dicembre 1773, la contessa di Provenza ritorna alla carica: “Siamo molto legate con Madame [Clotilde]. E’ la più amabile delle persone. E’ così allegra e nello stesso tempo molto onesta. Il più bel viso. La sua statura si è fermata ed è molto alta. La contessa d’Artois l’ha trovata molto meno grassa di come la credeva e pure, se proprio volete che vi dica di più, quando l’ha notata a Choisy, non credeva fosse lei…bisognerebbe che lui [Piemonte] venga a trovarmi e vedrebbe nello stesso tempo che dico il vero. Questo povero fratello ha ventitré anni non sarà seccato di sposarsi. Scusate se mi immischio in una cosa che non mi riguarda[…]
Davanti alla difficoltà di corrispondere senza che gli occhi vigili degli agenti del Re potessero intercettare le lettere, la contessa d’Artois scrive a suo fratello in Piemontese…vana speranza, ecco il biglietto, tradotto in francese che si trova negli archivi di stato:
10 dicembre 1773, Joséphine, ha detto il vero, vorrei ben che la cosa si facesse, ma lei ha detto che bisognerebbe che tu la vedessi, perché è un po’ possente. Meno di come mi aspettavo. E’ bella, amabile e buona. Scrivo in Piemontese, al fine che, se qualcuno leggesse la mia lettera, non capisca nulla” ed ecco la risposta di Piemonte, non tradotta:
Mia cara Tera, y ai cet le toc de papa que t’as butà ent la letra. Te dise de vedè? Ma, se, dop avete vist a piaseissa, nen, sarà un brut embreui. Basta: y son en bone man e y spero que Dio farà lo qu’a sarà mei. Mostre lo deo à Giup
Lo scambio di corrispondenza tra fratelli manda du tutte le furie, il Re di Sardegna che si vede tolto il diritto paterno di decidere delle sorti del figlio e da parte sua ripete che suo figlio non sembra desiderare l’unione con “Gros-Madame”. Le cose sono in questi termini quando la morte ritorna a bussare a Versailles. Questa volta è Luigi XV che riceve la brutta visita. Il 10 maggio 1774 il Re muore dopo giorni di agonia.

Il 2 febbraio 1775, il conte de Viry, ambasciatore del Re di Sardegna, porta a Luigi XVI, la missiva che reca la domanda della mano di Madame Clotilde per il figlio, principe del Piemonte. Il Re accetta e la risposta viene data l’indomani.

Il 21/22 agosto dello stesso anno hanno luogo il banchetto e la festa in maschera in onore del matrimonio di Clotilde, l’ultimo matrimonio reale festeggiato a Versailles. Horace Walpole testimone dell’evento ci riferisce: “ Madame Clotilde si è sposata lunedì mattina e la sera ebbe luogo il banchetto reale, il più bel colpo d’occhio che si possa vedere sulla terra![…] La notte scorsa mi sono intrufolato al ballo mascherato e siccome ho una folla di veri amici, mi si è messo al tavolo degli ambasciatori, giusto dietro la famiglia Reale. Il ballo ha avuto luogo nella sala di spettacolo la più brillante dell’universo e, dove il gusto vince ancora sulla ricchezza. Una parola d’altronde sarà sufficiente per tutto quello che ho da dirvi: si aveva occhi solo per la Regina. Le Ebe e le Flora, le Elena e le Grazie sono solo delle passeggiatrici di strada al suo confronto. Quando è in piedi o seduta, è la statua della bellezza, quando si muove, è la grazia in persona. Aveva un abito d’argento seminato di oleandri, pochi diamanti e delle grandi piume. Si dice che danza fuori tempo ma allora è il tempo che ha torto! Quanto alla nuova principessa del Piemonte, il suo viso scoppia di freschezza e il resto è quasi delle stesse dimensioni di Lord Holland, che non rende bene in un vestito con corsetto rigido[…]
Il 28 agosto Madame Clotilde parte per la sua nuova patria ecco la testimonianza di Marie-Antoinette: “ Madame carissima madre, mia sorella, la principessa di Piemonte, è partita il ventotto da Choisy, dove eravamo andati con lei la vigilia verso sera. E’ stata un po’ afflitta dalla separazione; ciò è naturale, viveva poco con noi e Mme de Marsan, che era di nome e, di fatto, la “sua piccola cara amica”, l’aveva totalmente soggiogata”.
La versione che dà Bachaumont dell’evento differisce un po’ da quella della Regina, dice che Luigi XVI pianse al momento di lasciare sua sorella e che quest’ultima si sentì male, quanto a Madame Elisabeth il suo dispiacere non fu messo in discussione da nessuno.
Mme de Marsan accompagna la principessa nel suo viaggio verso il Piemonte, assieme alla contessa de Breugnon e i marchesi di Sorans e di Bonnac. Pure il conte e la contessa di Provenza si recarono a Chambéry, viaggiando in incognito sotto il nome di conte e contessa d’Alençon, ma a causa di problemi di etichetta non raggiunsero mai la sorella seppur facendo lo stesso itinerario.

E’ in Savoia che il principe di Piemonte aspetta la sua sposa. Vittorio Amedeo ha fatto preparare il vecchio castello di Chambéry. Dal 21 agosto il cannone della città saluta il suo principe e si canta il “Te Deum". Madame Clotilde arriva a Pont-de-Beauvoisin il 5 settembre verso le quattro del pomeriggio. Verso le otto della sera comincia la presentazione delle dame piemontesi destinate a formare il seguito della giovane principessa: la marchesa de la Mourre, dama d’onore; la marchesa Ferrero, dama d’atours; la contessa Carri, le marchese di Salzey, de Condré, d’Augrogne…dame di palazzo. L’indomani mattina avviene la cerimonia della consegna. Il conte de Viry riceve Madame la principessa di Piemonte dalle mani del conte di Clermont-Tonnerre e la conduce nella stanza disposta per la toilette, dove è servita dalla sua nuova corte piemontese. Madame Clotilde è così emozionata e così stanca che, quando il Principe di Piemonte si presenta per vederla, lei si sente male. Infine è introdotto. Lei vuole, in segno di rispettosa sottomissione baciargli la mano, ed ecco che con un gesto spontaneo gli si getta al collo, lo abbraccia da buona moglie e tradisce subito la sua più grande preoccupazione:
Mi trovate molto grassa?”
“ Vi trovo affascinante!farete la mia felicità!”
“ E’ tutto quello che desidero”
“Possa io fare la vostra!

Dopo questo toccante incontro gli sposi si separano, ma per poco tempo. Il principe ritorna alle Echelles, dove ha lasciato il Re e la Regina. Clotilde li raggiunge. Dopo le presentazioni e i complimenti d’uso, la sposa veste i suoi abiti nuziali. Poi sale nella carrozza dei suoceri e si incammina verso Chambéry. La stessa sera la nobiltà è ammessa a baciare la mano di Mme la principessa di Piemonte. Intanto il conte de Viry e Mme de Marsan, che erano stati mandati avanti il conte e la contessa di Provenza, li raggiunsero a Pont-de-Beauvoisin e li scortarono fino a Chambéry.

Verso la metà di settembre, la partenza della sua cara governante, causa a Madame Clotilde il suo primo dolore e procura al principe di Piemonte l’occasione di consolare sua moglie. Il 30 settembre il corteo arriva a Torino e tra i viva e le acclamazioni, Madame Clotilde sente distintamente queste parole:
Quant’è grassa!
Sua suocera, seduta accanto a lei, nel fondo della carrozza la consola: “Non è nulla figlia mia! Quando sono arrivata, gridavano: Dio quant’è brutta!”.

Madame Clotilde si piegherà presto alle abitudini nuove e si vedrà apprezzata dalla sua nuova famiglia, “fa la nostra gioia – dirà la principessa Félicité, sorella del Re – e i quattro giovani fratelli del principe di Piemonte non possono contraddire[…]” La principessa si dedica alla musica e apprende il piemontese. Il suo medico, Pipino, compone un testo di grammatica, un dizionario e una raccolta di poesie piemontesi.

Siamo alla fine dell’estate 1789. La famiglia reale conduce al castello di Moncalieri, secondo le sue abitudini, una vita modesta e patriarcale. Quattordici anni sono passati, la regina è morta nel 1785 e il Re sta invecchiando, Madame Clotilde per diventare madre e dimagrire si è sottoposta alle invenzioni più disparate dei ciarlatani, a scapito della sua salute. In quel momento arriva il conte di Castelnau a Torino per conoscere le disposizioni di Vittorio Amedeo III per la possibilità di accogliere il Conte d’Artois, la moglie, i figli e il suo numeroso seguito. Dopo essersi attardato presso Mme de Polastron, il conte d’Artois arriva. Carlo Felice, annota l’evento nel suo diario: “ 14 settembre – Si è venuto ad avvisarci che stava arrivando e ci siamo recati in fondo alla scala per riceverlo. E’ arrivato alle undici del mattino. Scese dalla carrozza in modo molto leggero e si presentò con una disinvoltura veramente francese; non si sarebbe mai detto che fosse uno sventurato che fuggiva dalle mani di gente che voleva ucciderlo…il Re lo condusse dalla principessa di Piemonte e noi l’abbiamo seguito. Lei aspettava nel suo studio con la duchessa d’Aosta e Mme Felicité, perché non aveva la forza di sostenere questo incontro con suo fratello alla presenza di tutti. Come lo notò, si gettò al suo collo ed esclamò: “ Ah! Fratello mio!” “si abbracciarono talmente forte – scrive il conte de Maurienne – che diventarono cremisi”. Madame Clotilde andò a fare visita pure alla sua cugina e amica Louise de Condé.

Nel mese di marzo 1791, le due ultime figlie viventi di Luigi XV, Mesdames Adélaïde e Victoire, passarono per Torino per andare a Roma, sempre il giovane duca Carlo - Felice scrive: “13 marzo – la domenica 13, dopo pranzo, abbiamo visto partire i Piemonte per Rivoli. Vanno a incontrare delle principesse…Noi siamo andati tutti sotto le arcate per accoglierli…I Piemonte scesero per primi, poi Mme Adélaide, alla quale il Re dava la mano per scendere dalla carrozza, ma lei non lo riconobbe finché la principessa (Clotilde) non glielo disse. Allora si girò e gli chiese mille scuse e volle baciargli la mano…Madame Victoire scese di seguito… Madame Adélaïde è un po’ più alta della media. Si dice che fosse graziosa ma al presente è spaventosa; ha gli occhi fuori dalle orbite, le labbra grosse, la pelle grigia e l’aria rozza e cattiva. Aveva un vestito bruno con un fichu nero annodato dietro come le giovani…Madame Victoire è un po’ più alta, molto grassa, un’aria buona, dei begli occhi e sembrava avere un buon carattere; era vestita quasi come sua sorella ma aveva una gran cuffia e una mantellina nera…” e il conte di Maurienne si esprime pressappoco nella stessa maniera “ Adélaïde è orribile. Victoire grande e grossa. Guardavano tutti con l’aria imbarazzata”

La fuga di Varennes suscita molte speranze a cui fanno seguito notizie contraddittorie sull’esito del viaggio. Poi è il turno della Contessa di Provenza a chiedere asilo al padre. Che gioia riabbracciare la cognata ma ci si accorge subito che la sventura unita a una salute cagionevole hanno fatto della saggia e pratica Joséphine una persona bizzarra e squilibrata.

Madame Clotilde ha spesso la febbre. Attende con angoscia, l’esito del processo di Luigi XVI, il conte de Maurienne scrive sul suo diario: “ 4 febbraio – all’ora della messa, si seppe che il Re di Francia era stato effettivamente decapitato, che era morto innocente da cristiano e da Re e che la sua fine fu un ammirevole esempio di fermezza e rassegnazione. La principessa del Piemonte faceva pena e mostrava un gran coraggio".

Nel maggio 1794 (il 10) Madame Elisabeth, a trent’anni, non avendo nessuna colpa se non quella di rimanere accanto a coloro che amava, montava sul patibolo. Bisognava annunciarlo a Madame Clotilde. Il principe di Piemonte entrò nei suoi appartamenti, con un crocefisso in mano e guardandola teneramente le disse:
“Bisogna fare a Dio un gran sacrificio”.
Lei comprese, levo gli occhi a cielo e rispose: “ Il sacrificio è fatto”. Poi svenne avendo attinto troppe forze dal suo cuore.

Le truppe della Repubblica francese invasero il Piemonte senza dichiarazione. Due decreti della Convenzione trasformarono la Savoia e la contea di Nizza in due dipartimenti francesi. Forte delle belle promesse dell’Austria, Vittorio- Amedeo apre le ostilità, ma non può nulla contro Augereau e Masséna. Bonaparte infine dà il colpo di grazia e dopo la battaglia di Mondovì, e costringe il Re di Sardegna a chiedere un armistizio che fu firmato a Cherasco il 28 aprile 1796. Ucciso da un colpo di apoplessia al castello di Moncalieri, Vittorio-Amedeo moriva il 15 ottobre 1796.

Il marito di Clotilde diventa Re e i malintesi crescenti tra i patrioti francesi e i partigiani della monarchia, si accusano a vicenda di tradirsi. Da molto tempo Madame Clotilde è nel più triste stato di salute il che non le impedisce di prendere parte alle pratiche austere a cui aveva preso abitudine. Mme Therese Badia, sua camerista, incaricata di interrompere il sonno della principessa se si prolungava oltre l’istante fissato le diceva: “Madame, a quest’ora, sono svegli solo gli Angeli, Vostra Altezza e me”. Ma le campane di un convento vicino chiamava le suore alla preghiera e sovente, Madame Clotilde si associava ai loro servizi. Uscita all’alba aspettava davanti al monastero dell’Annunciata, che la porta si aprisse. In chiesa si metteva, dove capitava. Il giorno di San Giuseppe, nella chiesa dei Carmelitani Scalzi, nel momento in cui si inginocchiava alla tavola della comunione, una donna tirò la Regina dal suo abito, al fine di occupare il suo posto…e la Regina glielo cedette subito. Il cardinale Costa, arcivescovo di Torino, visto le sventure dell’epoca, cedette alle richieste della Regina e l’autorizzò a spogliarsi della magnificenza degli abiti, adottò dunque, in modo definitivo, un abito di lana blu, il fichu e la cuffietta bianca.

Per il Re la situazione con i francesi diventa insostenibile tanto che, il 10 dicembre 1798 Carlo-Emanuele rinuncia a tutti i poteri e ordina ai suoi sudditi di obbedire al Governo francese stabilito dal generale francese in comando a Torino e acconsente che l’esercito piemontese facesse parte di quello francese. Si era creduto che il Direttorio si riservava il delicato piacere di portare a Parigi i membri detronizzati dalla famiglia di Savoia. Il Tempio li attendeva e Mme Clotilde avrebbe subito le stesse sorte dei suoi parenti. La sua energia la salvò, come pure tutta la famiglia reale. Studiò con la più grande calma e con una perfetta lucidità i dettagli della loro fuga. Nella notte tra l’11 e il 12 dicembre, con un tempo spaventoso, alla luce delle torce che portavano qualche servitore fedele, i fuggitivi scendevano le rampe dei bastioni del castello per recarsi fuori città. Una scorta di dragoni e di cacciatori a cavallo accompagna il triste corteo che va a chiedere asilo all’Infante di Parma. Il corto viaggio da Torino a Piacenza e a Parma fu veramente penoso, il coraggio di Madame Clotilde non si smentì ma le sue forze la tradirono.

Infine i fuggitivi sono a Firenze e la Regina ottiene dal capo di scorta Chipault il permesso di rendere visita al Papa. Ma subito viene fatto notare quanto sarebbe stato funesto per loro prolungare il soggiorno a Firenze e la Regina convince il Re ad andare in Sardegna. Arrivati a Livorno il 13 febbraio, i sovrani sardi si imbarcano il ventiquattro su un vascello ragusano. Due fregate inglesi scortano il convoglio poiché le coste sono infestate dai pirati. Un corsaro segue il battello reale che riceve nella notte due colpi di cannone. Madame Clotilde non mostra la minima emozione e ridà coraggio a tutti. A Cagliari, i sovrani sardi sbarcano tra le acclamazioni.

La coppia reale lascia Cagliari il 20 settembre 1799 e dopo tre giorni di navigazione arrivano a Livorno. Là il Re e la Regina di Sardegna apprendono la morte di Pio VI. Si stabiliscono a Firenze, dove la salute di Madame Clotilde si stabilizza un po’, permettendole di riempire i suoi doveri della devozione visitando le chiese e i conventi. Anche durante il suo soggiorno romano la principessa non manca di visitare i luoghi religiosi. Da Roma Madame Clotilde dovette accompagnare il Re che andava a Napoli. Lei aveva allora dei frequenti eccessi di febbre e le sue forze non erano più all’altezza del suo coraggio. Nel settembre 1801 i sovrani sardi si stabiliscono nella Reggia di Caserta e durante il Carnevale 1802 la Regina, già malata, confessa che si sente talmente abbattuta al punto di non riuscire a stare in piedi. Una febbre forte si dichiarò, accompagnata da mal di testa. Cotuguo, medico della corte di Napoli, fu chiamato in consulta e diagnosticò una febbre putrida, ma non si preoccupò dello stato preoccupante della Regina. Lei sentiva avvicinarsi la fine e la mattina della prima domenica di Quaresima ascoltò la messa e ricevette con gioia il Santo Viatico. Un servitore, Dominique Drogenet, le chiese, verso le dieci, il permesso di recarsi all’ufficio: “ Andate – rispose – poiché non vi chiamerò più”. Quando ritornò, verso mezzogiorno, la Regina era senza conoscenza, ma il Re le fece prendere un cordiale e Mme Clotilde poteva ancora pronunciare qualche parola d’addio. Riceve poi l’Estrema Unzione e si spense, dolcemente, senza agonia il 7 marzo 1802 a quarantadue anni.

La sera del terzo giorno, le spoglie mortali di Madame Clotilde furono portate alla chiesa di Santa Caterina, del Terzo Ordine di San Francesco e deposta nella cappella del Buon Pastore. Il Papa Pio VII dichiarò Madame Clotilde di Francia, regina di Sardegna, venerabile il 10 aprile 1808. Carlo- Emanuele IV visse solo del ricordo di colei che aveva sempre teneramente amato. Rinunciando alla corona, firmò il 4 giugno 1802 un’abdicazione in favore di suo fratello, il duca d’Aosta (Vittorio-Emanuele I).

Edited by marquise de Créquy - 27/12/2014, 16:02
 
Top
Cartaphilus
view post Posted on 21/2/2013, 21:25     +1   -1




Giovanni Paolo II ha promulgato nel 1982 il decreto sull'eroicità delle virtù di Clotilde. Se le chiediamo qualche grazia possiamo contribuire alla sua canonizzazione!
(vedi anche www.santiebeati.it/dettaglio/90716)
P.S. Mi piace molto l'idea che una regina debba ottenere un permesso per non vestirsi "da regina". Implica l'idea che anche un abbigliamento regale sia una specie di uniforme.
 
Top
marquise de Créquy
view post Posted on 21/2/2013, 21:39     +1   -1




Ah per carità...la preghierina la faccio dire a qualcuno che non sia peccatore come me!
:lol:
 
Top
view post Posted on 22/2/2013, 00:09     +1   -1
Avatar

Partecipante

Group:
Administrator
Posts:
240
Reputation:
0
Location:
Bardolino (VR)

Status:


Fammi capire, la poverina è stata battezzata da Talleyrand?
 
Top
marquise de Créquy
view post Posted on 22/2/2013, 19:27     +1   -1




No all'epoca il vescovo d'Autun era tale Nicolas II de Bouillé de Saint-Géran, Talleyrand sarà vescovo d'Autun dal 1788 al 1791
 
Top
4 replies since 21/2/2013, 21:02   468 views
  Share