La Cour Royale

Posts written by Liselotte von der Pfalz

view post Posted: 4/8/2017, 14:47     Philippe I de France, Duc d'Orléans - Personaggi
CITAZIONE (Valerie Fairchild @ 26/7/2017, 15:19) 
In questo "racconto" trovo tanti punti di vista personali che sembrano andare contro Philippe e il suo stile di vita, come mai ciò? È solo una mia impressione?

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È una tua impressione, infatti. Al massimo potresti vedere delle censure su Philippe negli stralci citati da Saint-Simon ma, appunto perché citazioni, riguardano il punto di vista del duca.


Duchessa, posso ricordati che il regolamento chiede una breve presentazione prima di postare qualsiasi cosa? Grazie :D
view post Posted: 28/3/2017, 08:07     Ginevra - La Cour Royale
Buongiorno Ginevra,
se hai seguito correttamente la procedura può essere che ci sia stato un problema con il server. Prova a fare un altro tentativo, ti riporto i dati essenziali.

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view post Posted: 3/1/2016, 12:57     Luigi di Francia. Monseigneur, il Gran Delfino - Personaggi
Saint-Simon, le reazioni delle due nuore alla morte del Grasso Delfino :

[…] Madame la Duchessa de Berry era fuori di lei, vedremo presto perché. La disperazione più amara era dipinta con orrore sul suo viso; vi si vedeva come scritta una rabbia di dolore, non d’amicizia, ma d’interesse; degli intervalli secchi, ma profondi e feroci, poi un torrente di lacrime e di gesti involontari, e tuttavia trattenuti, che mostravano un’amarezza d’animo estrema, frutto della meditazione profonda che li aveva preceduti. Spesso risvegliata dalle crisi di suo marito, pronta a soccorrerlo, a sostenerlo, ad abbracciarlo, a dargli qualche cosa da odorare, si vedeva una vera cura per lui, ma subito dopo una caduta profonda in sé stessa, poi un torrente di lacrime che l’aiutavano a soffocare le sue crisi. Madame la Duchessa di Borgogna consolava il suo sposo, e faceva meno fatica che a trovare il bisogno di essere consolata a sua volta, cosa che, senza mostrare nulla di falso, mostrava bene che faceva del suo meglio per assolvere un dovere di educazione sentita, ma che si sottrae al più grande bisogno: il frequente soffiarsi il naso corrispondeva alle crisi del principe suo cognato; qualche lacrima versata per spettacolo, e spesso coltivata con cura, serviva all’arte del fazzoletto per arrossare ed ingrossare gli occhi e pasticciare il viso, e tuttavia il colpo d’occhio frequentemente furtivo si posava sui presenti e sulla continenza di ognuno. […]


Alla base delle reazioni della Berry c’era la consapevolezza che diventando la cognata Delfina di Francia per lei si sarebbero prospettati stati tempi difficili; la scarsa afflizione della Borgogna, invece, era dovuta oltre che al suo carattere anche alla consapevolezza che la cabala di Meudon la odiava ma che con la morte di Monseigneur avrebbe perso tutto il suo potere.
view post Posted: 3/1/2016, 11:27     Filippo Giulio Mancini, duca di Nevers - Personaggi
Mademoiselle di Montpensier annota nei suoi Mémoires poche righe sul matrimonio di Filippo Mancini:

[…] Si fecero le nozze di m.lle de Thianges con m. il duca di Nevers. Era un affare che m. de Lauzun aveva arrangiato; erano molto amici. Era stato lungo: m. de Nevers era un uomo abbastanza straordinario e non aveva nessuna voglia di sposarsi. Lei non aveva alcun bene; era molto giovane, avendo solo tredici anni; ma gli Italiani, che sono naturalmente sospettosi, non amano molto l’attesa; ma il savoir faire di m. de Lauzun l’aveva portato al punto in cui m.me de Montespan avrebbe voluto semmai che arrivasse per il suo favore. Dicevo sempre a m. de Lauzun: “non concludete l’affare che dopo il vostro, in modo che m.me de Montespan abbia bisogno di voi”; ma era così persuaso che lei non gli sarebbe venuta meno e che nulla avrebbe potuto mutare l’umore del Re per lui che si riteneva sicuro di tutto e mi diceva: “Non diffido che di voi” […]

Quella frasetta avrebbe dovuto mettere l'Anne-Marie-Louise in allarme.
view post Posted: 2/1/2016, 18:50     Anne-Marie-Louise d'Orléans, Duchesse de Montpensier. L'ereditiera più ricca di Francia - Personaggi
Anche il duca François de La Rochefoucauld, l’autore delle Massime, ci lascia una narrazione interessante dell’affare matrimoniale della Grande Mademoiselle:

“ […] Si deve senza dubbio trovare straordinario che Anne-Marie-Louise d’Orléans, Nipote di Francia, la più ricca suddita d’Europa, destinata ai più grandi re, avara, rude e orgogliosa, abbia potuto concepire il progetto, a quarantacinque anni, di sposare Puyguilhem, cadetto della casata dei Lauzun, molto mal fatto nella persona, d’intelligenza mediocre, e che ha come buone qualità solo l’essere ardito e insinuante. Ma si deve essere ancora più sorpresi che Mademoiselle abbia preso questa chimerica risoluzione per spirito di servilismo e perché Puyguilhem era in favore presso il Re; il desiderio di essere moglie di un favorito le tenne luogo di passione, dimenticò età e nascita, e, senza essere innamorata, fece dei passi con Puyguilhem che un amore vero avrebbe scusato con pena in una giovane e di condizione minore. Gli disse un giorno che non vi era che un uomo che lei avrebbe potuto scegliere per sposarlo. Lui insistette per sapere chi fosse; ma non avendo la forza di pronunciare il suo nome, lei volle scriverlo con un diamante sul vetro di una finestra. Puyguilhem capì subito quello che stava per fare, e sperando forse che gli avrebbe dato questa dichiarazione per iscritto, della quale avrebbe potuto servirsi, finse una delicatezza di passione che avrebbe piacere a Mademoiselle, e suggerì di non scrivere su un vetro un sentimento che dovrebbe durare eternamente. Il suo disegno riuscì come desiderato, e Mademoiselle scrisse la sera su un foglio di carta: “Siete voi”. Lo sigillò lei stessa, ma, come quest’avventura accadde un giovedì e mezzanotte suonò prima che Mademoiselle desse il suo biglietto a Puyguilhem, lei non volle apparire meno scrupolosa di lui, e temendo che il venerdì fosse un giorno sfortunato, gli fece promettere di attendere il sabato per aprire il biglietto che gli avrebbe dovuto rivelare questa grande notizia. L’eccessiva fortuna che questa dichiarazione faceva intravedere a Puyguilhem non gli parve inferiore alla sua ambizione. Pensò di approfittare del capriccio di Mademoiselle, ed ebbe l’arditezza di renderne conto al Re. Tuttavia, invece di rovinare Puyguilhem per avere osato svelargli queste speranze, gli permise non solo di conservarle, ma acconsentì che quattro ufficiali della Corona venissero a domandargli la sua approvazione per un matrimonio così sorprendente, e senza che Monsieur né Monsieur le Prince ne avessero sentito parlare. Questa notizia volò per la buona società e la riempì di stupore e d’indignazione. Il Re non sentì allora quello che stava facendo contro la sua gloria e la sua dignità. Trovò solamente che fosse parte della sua grandezza elevare un giorno Puyguilhem al di sopra dei più grandi del regno e, malgrado tanta sproporzione, lo giudicò degno di essere suo cugino germano, il primo Pari del regno e padrone d cinquecentomila livres di rendita; ma quello che lo lusingò inoltre, in un così straordinario disegno, fu il piacere segreto di sorprendere il mondo, e di fare per un uomo che amava quello che nessuno si era ancora immaginato. Fu in potere di Puyguilhem l’approfittarne per tre giorni, e tanti prodigi che la fortuna aveva fatto in suo favore, e sposare Mademoiselle; ma, per un prodigo più grande ancora, la sua vanità non sarebbe stata soddisfatta se non l’avesse sposata con le stesse cerimonie che avrebbe avuto se fosse stato del suo stesso rango: volle che il Re e la Regina fossero testimoni di nozze, e che queste avessero tutto lo splendore che la loro presenza poteva dargli. Questa presunzione gli fece impiegare in vani preparativi e trascurare il suo contratto di nozze tutto il tempo che gli sarebbe occorso per assicurarsi la felicità. M.me de Montespan, che lo odiava, aveva seguito l’inclinazione del Re e non si era opposta a questo matrimonio. Ma il mormorio della gente la risvegliò; fece vedere al Re quello che lui solo non vedeva ancora; gli fece ascoltare la voce pubblica; conobbe esattamente lo stupore degli ambasciatori, ricevette le lamentale e le rimostranze rispettose di Madame douairière e di tutta la famiglia reale. Tante ragioni fecero lungamente tentennare il Re, e fu con un’estrema pena che dichiarò a Puyguilhem che non poteva acconsentire apertamente a questo matrimonio. Lo assicurò che tuttavia questo cambiamento in apparenza non avrebbe cambiato nulla nell’effetto; che vi era costretto, malgrado sé stesso, a cedere all’opinione generale, e a vietargli di sposare Mademoiselle, ma che non pretendeva che questo divieto fosse d’impedimento alla sua fortuna. Lo spronò a sposarsi in segreto, e gli promise che la disgrazia che doveva seguire una mancanza simile non sarebbe durata che otto giorni. Qualsiasi sentimento questo discorso abbia potuto dare a Puyguilhem, disse al Re che rinunciava con gioia a tutto quello che gli aveva permesso di sperare, poiché la sua gloria poteva esserne ferita; e che non c’era fortuna che lo poteva consolare di essere separato da lui per otto giorni. Il Re fu davvero toccato da questa sottomissione; non trascurò nulla per obbligare Puyguilhem ad approfittare della debolezza di Mademoiselle, e Puyguilhem non dimenticò nulla, dal canto suo, per far vedere al Re che gli sacrificava tutto. Il disinteresse solo non fece prendere questa condotta a Puyguilhem: credeva che gli avrebbe assicurato per sempre la simpatia del Re e che nulla avrebbe potuto diminuire in futuro il suo favore. Il suo capriccio e la sua vanità lo portarono così lontano che il matrimonio così grande e sproporzionato gli parve insopportabile perché non gli era permesso di farlo con tutto il fasto e lo splendore che si era proposto. Ma quello che lo determinò maggiormente a romperlo, fu l’avversione insopportabile che aveva per la persona di Mademoiselle, e il disgusto di esserne il marito. Sperava anche di trarre dei solidi vantaggi dall’intestardimento di Mademoiselle e che, senza sposarla, lei gli avrebbe dato la sovranità dei Dombes e il ducato di Montpensier. Fu on quest’ottica che rifiutò inizialmente tutte le grazie delle quali il Re voleva colmarlo; ma l’umore avaro e instabile di Mademoiselle e le difficoltà che incontrarono per assicurare dei così grandi beni a Puyguilhem resero questo progetto inutile, e lo obbligarono a ricevere le grazie del Re. Gli diede il governatorato del Berry e cinquecentomila livres. Dei vantaggi così considerevoli non rispondevano tuttavia alle speranze che Puyguilhem aveva concepito. Il suo dolore evidente diede presto ai suoi nemici, e particolarmente a M.me de Montespan, ogni pretesto che serviva loro per rovinarlo. Conobbe il suo stato e la sua decadenza e, invece di avvicinarsi al Re con dolcezza, pazienza e abilità, nulla fu più capace di trattenere il suo spirito aspro e fiero. Fece delle rimostranze al Re, gli disse delle cose dure e piccanti, arrivò a spezzare la spada in sua presenza, dicendo che non l’avrebbe più sfoderata per il suo servizio; gli parlò con disprezzo di M.me de Montespan, e si arrabbiò con lei con tanta violenza che lei stessa dubitò della propria sicurezza, e lo condussero a Pinerolo, dove provò con una lunga e dura prigione il dolore d’aver perso le buone grazie del Re, e di aver lasciato scappare per una falsa vanità tante grandezze e tanti vantaggi che la condiscendenza del suo signore e la bassezza di Mademoiselle gli avevano presentato. […]

Madame douairière è Margherita di Lorena, vedova di Monsieur Gaston e quindi matrigna di Mademoiselle de Montpensier.
view post Posted: 2/1/2016, 15:28     Maria Adelaide di Savoia, Duchessa di Borgogna, Delfina di Francia. Madre di Luigi XV - Personaggi
Liselotte è meno buona, è curioso confrontare il ritratto fatto che ne fa l’indomani dell’arrivo di Maria Adelaide a Versailles con quello del piccolo duca:

[…] 8 novembre 1696 […]


[…] Non è precisamente molto grande per la sua età, ma ha una bella corporatura fine come una vera bambolina, dei bei capelli biondi in abbondanza, degli occhi neri, delle ciglia e sopracciglia molto lunghe e molto belle, la pelle molto fine, ma non molto bianca, un naso piccolo che non è né bello né brutto, una grande bocca e delle grosse labbra, in una parola ha il mento e le labbra austriaci. Cammina bene, ha una bella figura, della grazia in quello che fa, è molto seria per una bambina della sua età, e terribilmente politica. Fa poco caso di suo suocero, e ci guarda appena, mio figlio ed io; ma appena scorge m.me de Maintenon, le sorride e va a gettarsi nelle sue braccia. Fa altrettanto appena vede la Principessa di Conti. Vedete da questo quanto sia già politica. Quelli che le parlano dicono che ha molto spirito. Ha il rango di Duchessa di Borgogna, ma la si chiama semplicemente la principessa. Non magia col Re, si fa servire da sola. Tutti adesso tornano bambini; la principessa d’Harcourt e m.me de Pontchartrain hanno giocato l’altro giorno a moscacieca con la principessa e M. il Delfino; Monsieur, la Principessa di Conti, il Principe di Conti, m.me de Ventadour, le mie due altre dame ed io, ci abbiamo giocato ieri (come trovate questa compagnia?). Per dire la verità, devo dire che non mi dispiaceva muovermi un po’ e fare un po’ di baccano […] ”

Edited by Liselotte von der Pfalz - 17/1/2016, 12:17
view post Posted: 2/1/2016, 14:30     Maria Adelaide di Savoia, Duchessa di Borgogna, Delfina di Francia. Madre di Luigi XV - Personaggi
Saint-Simon traccia un ritratto molto lusinghiero di Maria Adelaide di Savoia:

[…] Regolarmente brutta, le gote pendenti, la fronte troppo spinta in avanti, un naso che non dice nulla, delle grosse labbra sporgenti, dei capelli e delle sopracciglia castano scuro, molto en piantati, gli occhi più parlanti e più belli del mondo, pochi denti e tutti guasti, dei quali parlava e derideva per prima, il più bel colorito e la più bella pelle, un portamento del capo galante, grazioso, maestoso, e così per lo sguardo, il sorriso più espressivo, la corporatura lunga, rotonda, minuta, leggera, perfettamente tagliata, un incedere da dèa sulle nubi; piaceva estremamente: le grazie nascono da sole da ogni suo passo, da tutte le sue maniere e da tutti i suoi discorsi più comuni. Un’aria semplice e naturale sempre, sovente ingenua, ma con molto spirito, incantava, con questa facilità che era in lei, fino a comunicarla a tutto ciò che l’avvicinava […]

Edited by Liselotte von der Pfalz - 17/1/2016, 12:18
view post Posted: 2/1/2016, 12:05     Marie-Louise-Élisabeth d'Orléans, Duchessa de Berry - Personaggi
Sempre il nostro Saint-Simon:

“[…] Madame la Duchesse de Berry ha fatto tanto rumore nello spazio della sua breve vita che, per quanto la materia sia triste, è curiosa e merita che ci si soffermi un po’. Nata con uno spirito superiore e, quando voleva, altrettanto piacevole e amabile, e una figura imponente e che attirava gli occhi con piacere, ma che sulla fine la troppa rotondità guastò un poco, parlava con una grazia singolare, un’eloquenza naturale che le era propria, e che scorreva con facilità, infine con un’esattezza di espressione che sorprendeva e incantava. Che cosa non avrebbe fatto di questi talenti se i vizi del cuore, dello spirito e dell’anima, e il temperamento più violento non avessero mutato tante belle cose nel veleno più pericoloso! L’orgoglio più smisurato e la falsità continua, lei li prese come virtù, delle quali si piccò sempre, e l’irreligiosità, con la quale credeva di ornare il suo spirito, furono il culmine di tutto il resto […]”
view post Posted: 1/1/2016, 01:02     Charles de France, Duc de Berry - Personaggi
charles2c_duke_of_berry_281686e28093171429La reggia di Versailles ha visto diverse nascite durante i suoi gloriosi anni di servizio sotto l’Ancien Régime: sabato 31 agosto 1686 viene al mondo il terzo e ultimo figlio di Luigi il Gran Delfino e di sua moglie Maria Anna Cristina di Baviera: il piccolo Charles, titolato Duca de Berry. Come figlio di un Figlio di Francia gli sarebbe spettato il rango di Nipote di Francia ma in virtù di una decisione presa dal nonno Luigi XIV negli anni precedenti, a tutti i figli del Delfino e, a seguire, ai figli del suo primogenito e così via sarebbe stato assegnato il rango di Figlio di Francia. I suoi fratelli maggiori erano Luigi, Duca di Borgogna e Filippo, Duca d’Anjou, poi salito al trono di Spagna col nome di Filippo V.

 

L’anno seguente, 18 gennaio 1687, riceve il battesimo nella cappella reale del castello, tenuto sul fonte da Philippe d’Orléans, duca di Chartres e futuro reggente, e Anne-Marie-Louise d’Orléans, Duchessa di Montpensier. Berry perderà la mamma poco dopo, nel 1690; ne sentirà la mancanza per tutta la vita, ma da bambino sarà molto legato alla sua prozia Liselotte: Madame, Duchessa d’Orléans.

 

Come ultrogenito, anche se di sangue reale, è politicamente irrilevante e allevato proprio per esserlo: lui stesso un giorno si lamenterà di essere stato educato per essere nullo, dopo vere fatto una figura pietosa in un’occasione pubblica: la formalizzazione delle rinunce richieste dal Trattato di Utrech, con le quali i Borboni di Francia rinunciavano alla successione al trono spagnolo e, viceversa, Filippo V e i suoi eredi avrebbero rinunciato alla successione del trono di Francia. Saint-Simon ci racconta della seduta del Parlamento di Parigi cui presenziarono anche i Pari e i Principi, sia Figli e Nipoti di Francia sia del Sangue; Berry era imbarazzatissimo all’idea di dover dare una risposta formale al discorso del Primo Presidente, e chiese aiuto a m.me de Saint-Simon, che suggerì di far scrivere il discorso del principe al marito. Berry accettò, ma fu solo alla terza stesura che il testo raggiunse la brevità necessaria affinché lui fosse in grado di impararlo a memoria, aiutato dalla moglie di Saint-Simon. Il giorno del cimento arrivò, e…

 
[…] Monsieur il Duca de Berry al suo posto, si faticò a ottenere il silenzio. Appena ci si riuscì a capire, il primo presidente fece il suo complimento a M. il Duca de Berry. Una volta che fu terminato, fu il turno del Principe per rispondere. Alzò a metà il suo cappello, lo calzò subito, guardò il primo presidente e disse: “Signore…”. Dopo un momento di pausa ripeté: “Signore…”. Guardò la compagnia, poi disse ancora: “Signore…”. Si girò verso M. il Duca d’Orléans, entrambi più rossi del fuoco, poi verso il primo presidente, e alla fine rimase bloccato senza che nessun’altra cosa gli fosse uscita dalla bocca se non “Signore”. Ero davanti al quarto presidente à mortier e vedevo tutta lo smarrimento del Principe: ne sudavo, ma non c’era più rimedio. Si girò ancora verso M. il Duca d’Orléans che abbassò la testa. Entrambi erano perduti. Alla fine il primo presidente, vedendo che non c’erano speranze, pose termine a questa scena crudele levandosi il cappello per M. il Duca de Berry, e inchinandosi profondamente come se la risposta fosse terminata, e disse subito alle genti del Re di parlare. […]

 

E, più in là, riporta le parole usate da Berry quando si sfogò con m.me de Saint-Simon:

 
[…] Poi tutto d’un tratto se la prese con il duca de Beauvilliers e col Re, accusando la sua educazione: “Non hanno pensato -gridò- che a instupidirmi e a soffocare quello che potevo essere. Ero cadetto, tenevo testa a mio fratello, hanno avuto paura delle conseguenze, mi hanno annientato; mi hanno insegnato solo a giocare e cacciare, e sono riusciti a far di me uno stupido e una bestia, incapace di tutto, e che sarà solo un buono a nulla, e che sarà disprezzato e deriso dal mondo”. M.me de Saint-Simon ne moriva di compassione, e non trascurò nulla per consolarlo. […]

 

La duchessa di Saint-Simon era così vicina a Berry perché era la dama d’onore di sua moglie, Marie-Louise-Élisabeth d’Orléans, figlia del Reggente. Con la Francia in guerra quasi con il mondo intero, e cercare una sposa politicamente vantaggiosa per un nipote del Re sarebbe stato impossibile all’estero: giocoforza fu cercare sul territorio francese, ma dopo le esperienze del passato e l’obiettivo di Luigi XIV di sminuire la grande nobiltà feudale non fu nemmeno questione di maritare Berry a una ragazza di una qualsiasi grande famiglia del regno. La futura Duchessa de Berry sarebbe dovuta per forza essere una Borbone.

Subito le due figlie del Re, Madame la Duchesse, Louise-Françoise e la Duchessa d’Orléans, Françoise-Marie, si diedero da fare per accaparrarselo e piazzare così una loro figlia sui gradini del trono: tutto sommato, dopo il Grasso Delfino e il Duca di Borgogna e suo figlio, il piccolo Duca di Bretagna, Berry si trovava a essere il quarto in linea di successione al trono. La prima mise in lizza la terzogenita Louise-Élisabeth de Bourbon-Condé, Mademoiselle de Bourbon, la seconda la figlia maggiore, Marie-Louise-Élisabeth, detta Mademoiselle. I maneggi della Duchessa di Borgogna, nipote prediletta del Re, e di Saint-Simon furono una grande risorsa e lo smacco di vedersi scappare un’occasione d’oro allargò ancora il barato di odio che c’era tra i Condé e gli Orléans, e in particolare tra le due sorelle. La sola a consolarsi abbastanza fu Mademoiselle de Bourbon, che sposò un altro cugino che le usò perfino la cortesia di morire abbastanza presto: Louis-Armand de Bourbon-Conti, Principe de Conti. I servizi di Saint-Simon ebbero come retribuzione la nomina di m.me de Saint-Simon a dama d’onore della futura Duchessa de Berry.

 

In occasione del matrimonio il Re ebbe il pensiero gentile di costruire un vero appannaggio a Berry, prendendo in realtà una cantonata di proporzioni tali da essere subito strombazzata ovunque dal solito Saint-Simon.

 
[…] Questo appannaggio fu dei ducati di Angoulême e di Alençon, con delle leggere estensioni, e del paese di Ponthieu, con la collazione di tutti i benefici di nomina reale, eccezion fatta per i vescovadi come fu fatto per il defunto Monsieur, ma che erano in ogni caso rari e piccoli.

Una volta che questo fu fatto e sistemato, gli abitanti di Abbeville, che per la loro antica fedeltà e servizio hanno ottenuto e conservato il privilegio di scortare essi stessi il re quando passa dalla loro città, e di non ricevervi alcuna truppa, inviarono una deputazione per chiedere in considerazione di questi fatti che la loro città fosse distaccata dall’appannaggio e immediatamente riunita alla Corona. La Vrillière, segretario di stato, che l’aveva nel suo dipartimento, ne rese conto al Re, che fu estremamente sorpreso di sapere che Abbeville fosse nell’appannaggio, e chiese perché. La domanda parve strana; ma lo stupore fu grande quando, alla risposta, disse che non sapeva che il Ponthieu fosse lì, né che Abbeville ne fosse la capitale. Aggiunse che questo paese odorava troppo di polvere di cannone per essere dato in appannaggio e lo fece ritirare.

Il Berry sarebbe andato bene, e anche fin da subito sarebbe stato meglio di qualsiasi altro territorio giacché il Principe ne portava il nome. Ma indagando si scoprì che tutto il dominio era sotto il controllo della casata dei Condé. Si ricorse alla contea di Gisors e ai dintorni per rimpiazzare il Ponthieu; e poiché i nomi di Angoulême e di Alençon erano stati profanati dalla bastardigia di Carlo IX, e dal figlio morto bambino dell’ultimo duca di Guisa, il Re fece spedire delle lettere patenti a suo nipote per portare il nome di Duca di Berry, che gli era stato imposto alla nascita, nonostante non vi avesse alcuna proprietà. […]

La coppia ebbe solo tre figli tra il 1711 e il 1714, nessuno dei quali raggiunse l’anno di età:

  • una bimba prematura nata morta il 21 luglio 1711,

  • Charles di Berry, duca d’Alençon, nato il 26 marzo 1713 e morto il 16 aprile,

  • Marie-Louise-Élisabeth di Berry, nata postuma il 16 giugno 1714 e morta il giorno seguente.

 

La notte del 30 aprile 1714 Berry ha una forte febbre, ma si alza senza dire nulla e si reca dal Re che stava “prendendo medicina” (modo elegante per dire che a Sua Maestà somministravano un clistere) e contava anche di andare a cacciare il cervo, ma una volta uscito dalle stanze del Re fu preso da un brivido e fu costretto a mettersi a letto. I medici lo salassarono secondo la prassi, ma dissero al Re che la malattia era di natura tale da far rimpiangere che non fosse un avvelenamento. Berry vomitava molto, e di colore nero. Secondo il dottor Fagon era sangue, mentre gli altri sostenevano fosse del cioccolato che il Duca aveva bevuto nei giorni passati. I salassi aumentarono, e i medici cominciarono a sospettare che Berry avesse una vena rotta nello stomaco, conseguente a un incidente di caccia accaduto nei giorni prima, sembra in seguito ad una caduta del cavallo il Duca abbia urtato violentemente con l’addome sul pomolo della sella.

 

Berry morirà il 4 maggio 1714 al castello di Marly, nello stesso posto dove morì anche suo fratello il Duca di Borgogna. È stata avanzata l’ipotesi che avesse scelto di morire, tacendo volontariamente il suo stato fino a quando fosse stato possibile, e a quel punto per i medici sarebbe stato troppo tardi.

Edited by Liselotte von der Pfalz - 2/1/2016, 14:56
view post Posted: 31/12/2015, 17:51     Marie-Louise-Élisabeth d'Orléans, Duchessa de Berry - Personaggi
Due estratti di lettere di Liselotte alla sorellastra Louise:

“[…] Tutti i suoi sembrano essersi consolati facilmente della sua morte. Anche io, mia cara Louise, mene consolo, e per questo ho diverse ragioni: ho saputo alla sua morte molte cose impossibili da scrivere […]” (27 agosto 1719)


“[…] È meglio non parlare più della povera Duchessa de Berry. Volesse Dio che avessi meno motivi di consolarmi della sua morte! È peggio di ogni cosa che potreste immaginare […]” (7 settembre 1719)
view post Posted: 26/12/2015, 09:36     Étienne-François, conte di Stainville, duca di Choiseul - Personaggi
CITAZIONE
Non si sa, sappiamo solo che una lettre de cachet della vigilia di Natale del 1770 gli intima di dimettersi dal suo ministero e ritirarsi nei suoi possedimenti in Turenna

La lettera con la quale Luigi XV ordinava a Choiseul di dimettersi ha un tono abbastanza secco:

Ordino a mio cugino il duca di Choiseul di rimettere la dimissione della sua carica di segretario di Stato e di sovrintendente delle Posta nelle mani del duca di La Vrilliére, e di ritirarsi a Chanteloup fino a nuovo ordine.

Ben diversa, per esempio, da quella indirizzata a Machault:

Monsieur de Machault,
per quanto sia persuaso della probità e della rettitudine delle vostre intenzioni, le circostanze presenti mi obbligano a domandarvi i miei sigilli e la dimissione della vostra carica di segretario di stato della Marina. Siate sempre certo della mia protezione e della mia amicizia. Se aveste delle grazie da chiedermi per i vostri figli lo potrete fare in ogni momento. Conviene che restiate qualche tempo ad Arnouville. Vi conservo la pensione di ventimila
livres e gli onori di guardasigilli.

view post Posted: 3/8/2015, 16:26     Louise-Bénédicte de Bourbon-Condé, duchessa du Maine - Personaggi
 La Casa di Borbone è sempre stata prolifica, magari una generazione più di un’altra, e di certo i rami cadetti non sono stati da meno della branca primogenita: i Principi di Condé, nelle persone di Henri-Jules de Bourbon-Condé e sua moglie Anna di Baviera, riescono a tener alta la media generando dieci figli. Non che gli riescano bene tutti: cinque muoiono piccoli, al massimo verso i cinque anni, e quelli che raggiungono l’età adulta dimostrano un carattere difficile da controllare in maniera più o meno evidente che facilmente hanno ereditato dal padre, il quale al giorno d’oggi si suppone fosse affetto da licantropia clinica (tara che potrebbe avere ereditato dalla nonna materna, sorella del cardinale Richelieu e non troppo stabile mentalmente). Com’è, come non è, venerdì 8 novembre 1676 nasce a Parigi l’ottavo pargolo della coppia: Louise-Bénédicte, soprannominata dapprima Mademoiselle d’Enghien, poi Mademoiselle de Charolais; ai due nomi se ne antepone correntemente un terzo, Anne (come la mamma), ma lei stessa si firmava soltanto Louise Bénédicte de Bourbon. Sul fonte battesimale sarà tenuta da suo nonno il Gran Condé e da sua zia (sorella della mamma) Bénédicte Henriette di Baviera, duchessa vedova di Hannover.

Ha un carattere iracondo e mutevole, difficile da assecondare e quasi impossibile da gestire, come testimoniano quasi tutti quelli che l’hanno conosciuta, da Saint-Simon a quella m.me de Staal de Launay che fu la sua cameriera e implicata nella cospirazione di Cellamare. Fisicamente il destino non la favorisce: è piccina, come tutti quelli della sua schiatta, al punto che la cognata Madame la Duchesse, ex M.lle de Nantes, battezzerà lei e le sorelle les Poupées du Sang; inoltre è di carnagione scura, naso adunco e lungo, brutta di lineamenti. Non che fosse una persona in grado di destare simpatie in chicchessia: Liselotte, Madame Palatina, scrisse a Isabelle de Ludres (15 luglio 1718) che […] Cette petite crapaudine est bien méchante […] ed aveva ragione; tuttavia Liselotte dava del rospo a lei esattamente come a suo cognato il conte di Tolosa (fratello minore del duca du Maine) o al duca de Richelieu (lettera alla regina Sofia Dorotea di Prussia, 11 maggio 1719), quel libertino impenitente che cavalcherà tre regni attraverso quasi tutto il '700 e con moltissime probabilità servì a Mozart come modello di Cherubino in Le Nozze di Figaro.

La piccola riceve una buona educazione così come si confà ad una Principessa del Sangue, imparando anche a danzare, suonare il flauto ed il clavicembalo e un po’ a cantare; coltiverà un certo gusto per la scienza e l’apprendimento, anche se in maniera sregolata. A proprio vantaggio la rospetta può contare su una grande intelligenza e su un insegnante come Jean de la Bruyére, che era stato assegnato da Luigi XIV a suo fratello maggiore Luigi (Luigi III de Bourbon-Condé) e soprattutto alla sua pestifera moglie, Mademoiselle de Nantes; la vicinanza di quel fine letterato, matematico ed ellenista che fu Nicolas de Malézieux dapprima come precettore del duca du Maine, poi come membro permanente della corte della duchessa a Sceaux, perfeziona la sua cultura. L’inventario della biblioteca di Louise-Bénédicte ci parla di qualche cosa come quattromila libri.

L’orgoglio è forse il peccato maggiore della duchessa, e non sarà mai felice di ritrovarsi moglie di un bastardo: il Re Sole perseguiva da anni una politica d’innalzamento dei propri figli illegittimi, e dopo aver appioppato il fratello di Bénédicte a Louise-Françoise ritiene opportuno accasare i rispettivi fratelli: Louise-Benédicte si unirà a suo cugino e cognato Louis-Auguste, duca du Maine, il 19 marzo 1692 nella cappella reale del castello di Versailles, e lo farà pesare al marito per tutta la vita rinfacciandogli il grande onore che fattogli sposandolo giacché è solo un bastardo, trattandolo male tanto a colpi di etichetta quanto di pura cattiveria canzonandolo per le sue deformità fisiche. Il 17 marzo 1710 M.me du Maine riceve un brevetto per la conservazione del rango e onori dovuti ad una Principessa del Sangue, e l’infaticabile Liselotte scrive (lettera del 27 dicembre 1713) a sua zia Sofia di Hannover:
[…] il Re ha dato al duca du Maine, ai suoi figli e a suo fratello, il rango di principi del sangue, ma dopo tutti i principi e le principesse del sangue; è così vero che, in casa sua, la moglie del duca du Maine è seduta prima di lui; ha in ogni caso il passo sul marito, e che, quando si firma un contratto, firma al rango datole dalla sua nascita, mentre lui non mette il suo nome che dopo tutti i principi e le principesse del sangue. È quindi molto lontano da mio figlio […]

Fino all’editto che dava ufficialmente il rango di Principi del Sangue a Maine e Tolosa questi avevano goduto di fatto di privilegi similari, ma tacitamente e senza concessione alcuna, solo usurpandoli pian piano. In altra data, 26 marzo 1711, Liselotte scriveva sempre a zia Sofia:
[…] M.me du Maine s’è sposata molto giovane e ha trovato un marito compiacente, col quale non ha bisogno di discutere. Ha sempre obbedito ai propri capricci e bizzarrie. Non può vivere senza divertimento, e dev’essere sempre qualche cosa di nuovo. Suo padre, M. le Prince, faceva un gran caso del favore: s’immaginava che avrebbe governato la Francia intera tramite lei e m. du Maine. Monsieur le Prince, quello che chiamano qui il Gran Condé, era altrettanto vile e attaccato al favore. Se non avesse potuto camminare avrebbe strisciato. […]

È vero, il duca du Maine è un uomo intelligente, ma senza carattere e pur desiderando il favore e la considerazione non ha lo stesso piglio della moglie e agisce per sotterfugi; lei lo spinge ad osare, e lui le obbedisce per tenerla tranquilla. Il favore del Re lo sospinge, assieme al fratello, ma è la moglie che lo trascina in una congiura durante la Reggenza: un complotto ordito dalla Spagna per rovesciare il Reggente e insediare al suo posto Filippo V, che grazie alla malaccortezza dei congiurati fu sventato con facilità. La coppia fra gli altri, fu arrestata e furono incarcerati separatamente: lei a Digione e lui nella fortezza di Doullens. Dopo un anno di galera la duchessa torna a Sceaux nel 1720, tenendovi una piccola corte, circondata da amici, letterati e dando feste. Fin dal 1699 aveva dimostrato di aver bisogno di scappare dall’atmosfera della Corte che andava via via assopendosi nella devozione mentre il Re invecchiava e successivamente aumentava l’influenza della devozione di m.me de Maintenon; m.me du Maine amava le feste, e naturalmente dovevano essere favolosamente suntuose: iniziò dandone al castello di Châtenay (di proprietà dell’amico Malézieux) poi a Clagny (ex castello della suocera, m.me de Montespan), ma il suo trionfo sono famose le Grandi Notti di Sceaux, sedici notti scaglionate lungo gli anni 1714 e 1715. Erano degli spettacoli incantati ed incantevoli d’effetto sorprendente, con illuminazioni, danze, canti, versi, allegorie; ognuna di esse era presieduta da un re e una regina che disponevano tutto a loro piacere; la loro regista era Rose de Launay, la cameriera della duchessa, donna colta ed intelligente che ci ha lasciato dei Mémoires sulla vita nella cerchia di Sceaux e della Reggenza. Dopo la prigionia le feste riprendono nel 1722, con l’apice tra il 1729 ed il 1731; sono enormemente costose, la duchessa dilapiderà delle fortune per i suoi piaceri.

La personalità orgogliosa di Louise-Bénédicte la porta anche a creare un suo proprio ordine cavalleresco, l’Ordine de la Mouche à miel, nome ispirato ad una divisa che la duchessa aveva preso il giorno del suo matrimonio: un’ape che vola verso un’arnia, contornata dalla divisa (scritta in italiano): “Piccola si, ma fa pur gravi ferite”, riferendosi alla sua piccola statura e al suo carattere irascibile; lei stessa si definiva “Dittatrice perpetua dell’Ordine”. L’insegna era una medaglia portata appesa ad un nastro giallo, recante da un lato l’immagine della divisa sopra citata e dall’altra il profilo della dittatrice.

Nonostante i cattivi rapporti tra i due il duca e la duchessa du Maine riescono ad avere sette figli, ma nessuno di quelli sopravvissuti all’infanzia ebbe posterità:

  • N., detta Mademoiselle de Dombes (Versailles, 11 settembre 1694 - 26 settembre 1694);

  • Louis-Constantin, detto principe di Dombes (Versailles, 27 novembre 1695 - 28 settembre 1698);

  • N., detta Mademoiselle d’Aumale (Versailles, 21 dicembre 1697 - 24 agosto 1699);

  • Louis-Auguste, duca d’Aumale, conte d’Eu, principe di Dombes (Versailles, 4 marzo 1700 – Fontainebleau, 1 ottobre 1755);

  • Louis-Charles, conte d’Eu (Sceaux, 15 ottobre 1701 - 13 luglio 1775);

  • N., detto duca d’Aumale (Versailles, 31 marzo 1704 - Sceaux, 2 settembre 1708);

  • Louise-Françoise, detta mademoiselle du Maine (Versailles, 4 dicembre 1707 – castello di Anet, 19 agosto 1743)



Nel 1736 muore il marito, e trovandosi ad avere delle disponibilità economiche molto ridotte Louise-Bénédicte si trasferisce a Parigi, affittando uno stabile in rue de Varenne dalla vedova del finanziere Abraham Peyrenc de Moras, ribattezzato Hôtel du Maine e attualmente chiamato Hôtel Biron, e lo fa ammodernare; il decoro delle boiseries è opera sua.
Morirà nel suo palazzo di Parigi il 23 gennaio 1753, e sarà sepolta nella chiesa di Sceaux.

Edited by Liselotte von der Pfalz - 3/8/2015, 21:35
view post Posted: 7/6/2015, 20:51     Il trono (Traduzione estratta da un articolo di m.me Béatrix Saule) - L'etichetta di Corte
Noi siamo abituati a pensare al trono come all’insegna del potere del Re, ma a Versailles le cose andavano in maniera molto diversa; mentre lo scettro, la mano di giustizia e la corona sono rappresentate un po’ dappertutto, mentre i cortigiani s’inchinavano davanti al letto reale il Re, così come chiunque a Corte, non accordava questa importanza al trono. Anzi, non c’è nemmeno un riferimento ben definito per indicare fisicamente il concetto legato alla parola “trono” giacché si può riferire tanto al seggio in sé quanto la pedana scalinata dove era posto.

Prendiamo ad esempio un passo dei Mémoires di Louis‑François du Bouchet, marchese de Sourches, Gran Prevosto di Francia a proposito dell’ambasciata del doge di Genova (1685): “[…] il Re era seduto su una sedia d’argento in guisa di trono […]”; allo stesso modo Louis-Nicolas Le Tonnelier, barone de Breteuil, introduttore degli ambasciatori e grande sacerdote di quell’etichetta della quale Luigi XIV era il dio, parla nei suoi Mémoires della cerimonia per il ricevimento dell’ambasciata di Persia (1715): “[…] Il Delfino e tutti i principi… erano sul trono […]” e più oltre: “[…] l’ambasciatore discese dal trono […]” dove “trono” indica la pedana, la piattaforma sulla quale era posto il seggio del Re. Tuttavia va notato che nella maggior parte dei casi, soprattutto verso la fine del regno del Re Sole, il termine si riferisce in prevalenza alla sedia, e solo per estensione al resto dell’apparato (pedana e, qualora presente, al baldacchino).
Non sappiamo nemmeno con precisione che forma potesse avere il trono: lo vediamo rappresentato in un quadro che commemora l’udienza accordata all’ambasciata riparatrice dei genovesi (15 maggio 1685) ma c’è una forte probabilità che l’imponente sedia d’argento chiusa da una volta cimata dalla corona reale sia una fantasia d’artista: la tela è del 1710, e stante che tutto il mobilio d’argento fu inviato alla zecca per essere fuso nel 1689 è difficile che il pittore possa avere visto l’originale. Il Mercure galant tuttavia riporta una descrizione dell’allestimento della Galerie des Glaces in occasione dell’udienza data agli ambasciatori del Siam nel 1686, che collima con una stampa di Dolivar:
“[…] Un trono d’argento di otto piedi di altezza (circa 2,6 metri. NdR)… Quattro fanciulli recanti ceste di fiori reggono il sedile e o schienale che sono guarniti di velluto cremisi con una campana d’oro il rilievo. Sulla sommità della bordura che forma lo schienale: Apollo in piedi, coronato di alloro e che regge la lira in mano, la Giustizia e la Forza sono sedute sui due estremi. […]”

Gli elementi decorativi discordano, il che lascia supporre che il trono sia in realtà il frutto di un assemblaggio, il reimpiego di alcune figure che erano nel garde-meuble della Corona; negli archivi si possono trovare le descrizioni di alcuni pezzi d’argenteria ordinati all’ebanista dei Gobelins, tra i quali “una grande poltrona”; è la sola traccia della realizzazione di questo mobile straordinario, eccezion fatta per il pagamento delle stoffe fatto nel 1682. I bambini con le ceste dei fiori erano stati consegnati da Ballin nel 1669 per adornare la grotta del Petit Appartement del Re a Saint-Germain che era stato smantellato nel 1680 in occasione dei lavori di ingrandimento della residenza. Le tre figure (Apollo, la Forza e la Giustizia) figuravano nel mobilier reale fin dal 1664. Se mancavano le insegne del potere come corona, scettro, mano di giustizia, sappiamo che le stoffe utilizzate furono conservate alla Grande Écurie e recavano ricamato in oro il monogramma del Re sormontato da una corona e la divisa del Re.

 

Il trono d’argento di Luigi XIV, che apparve a Versailles atra il 1681 e il 1689, fu il primo a comparirvi poiché il castello non era ancora una residenza ufficiale. Dapprima vi fu menzione di un trono a Saint-Germain, in occasione dell’udienza di Soliman Aga, inviato del Sultano, nel 1669. Si trattava di un gran seggio in legno suntuosamente scolpito e rivestito d’argento, inizialmente destinato alle Tuileries; poi nel 1672 fu realizzata un’altra sedia straordinaria sempre per le Tuileries. Poi, in seguito alla sparizione del trono d’argento, fu usata solo una semplice “poltrona come d'ordinario” come diceva Luigi XIV in persona, ossia una poltrona in legno dorato e questo per gli ultimi venticinque anni del regno. Notiamo che la Regina non aveva un seggio specifico, Saint-Simon conferma che “[…] mai regina di Francia diede udienza cerimoniale, su una pedana, nemmeno su un semplice tappeto […]”.
Da quanto sopra emerge che il trono era usato di rado, in genere in occasione delle ambasciate provenienti da paesi lontani, per così dire esotici. A Versailles era posto nel salone di Apollo, che fu inaugurato come sala delle udienze per gli inviati del granduca di Moscovia nel 1618. Era posto su una pedana di un solo gradino, coperta da un tappeto persiano e sormontato da un baldacchino. Di norma il Re non vi si sedeva mai, e nelle sere di appartamento, lo si poté vedere seduto sul bordo della pedana, sulla quale erano poggiati dei cuscini.
Fu posto solamente tre volte nella Grande Galleria, per l’ambasciata dei genovesi nel 1685, per quella dei siamesi nel 1986 e per quella dei persiani nel 1715. Poiché la potenza della Francia era affatto sconosciuta all’ambasciatore persiano fu scelto di mettere in scena tutta la magnificenza e l’opulenza possibili al fine di impressionarlo. Possiamo solo immaginare che cosa provò e immaginò Mehemet-Riza-Beg quando vide lo scintillio della Grande Galleria gremita di sette fila di cortigiani su ambo i lati, e in fondo sulla pedana rialzata di nove gradini, il Re e la famiglia reale brillare nei loro abiti tempestati di gemme preziose.

 

 

 

Da: Insignes du pouvoir et usages de cour à Versailles sous Louis XIV, di Béatrix Saule,
in Bulletin du Centre de recherche du château de Versailles

view post Posted: 6/6/2015, 16:06     Louis-Alexandre de Bourbon, conte di Tolosa - Personaggi
 Il 6 giugno dell’anno 1678 cadeva di lunedì, giorno che come dice il nome è legato alla luna, che a sua volta governa le maree. Sarà vero, sarà un caso, ma un bambino nato quel giorno diventerà un marinaio. Il fatto che il pupo nasca al castello di Versailles indirizza sufficientemente le nostre supposizioni; parliamo dell’ultimo prodotto di una relazione esaurita, del figlio di un padre che si era già da molto stancato di una donna che sarebbe stata in grado di causare un esaurimento nervoso a chiunque: Louis-Alexandre è il minore dei figli doppiamente adulterini di Luigi XIV e della marchesa de Montespan; a differenza dei fratelli maggiori lui e la sorella Françoise-Marie, nata l’anno precedente, non saranno affidati alle cure di m.me de Maintenon perché questa si era rifiutata di allevarli come aveva fatto con i precedenti bastardi della coppia perché nati dopo una riconciliazione dei genitori dopo una separazione pretesa dalla Chiesa: poca fatica, non lo fa nominalmente ma li affida ad una sua vecchissima amica, Marguerite Boucher d’Orsay marchesa di Montchevreuil. Le due donne si conoscono da quando l’allora M.me Scarron era l’amante di Louis de Mornay, marchese di Villarceaux, cugino del marito di Marguerite, Henri de Mornai, e l’allegra coppia passava le estati in pianta stabile presso il castello dei Montchevreuil.

Babbo non è certo uno che si faccia mancare nulla, e soprattutto che lo faccia mancare alla sua famiglia: con lettere patenti del novembre del 1681 lo legittima, così come la sorella, e lo titola conte di Tolosa; conserverà questo titolo anche più tardi, quando acquisirà le terre di Damville (21 luglio 1694, per la quale nello stesso fa ristabilire il ducato-parìa per sé stesso e i suoi discendenti legittimi ambosessi, salvo poi vendere la terra il 20 settembre 1719), Penthièvre (acquistata dalla sorellastra Marie Anne Principessa di Conti il 23 giugno 1696, eretta in ducato-parìa con lettere patenti del 1697 con le stesse prerogative della precedente) e di Châteauvillain (acquisizione della contea di Châteauvillain e del marchesato di Arc-en-Barrois il 31 agosto del 1700, erette in ducato-parìa di Châteauvillain nel 1703, sempre compresa la parìa femminile).

Poi, stante che nel 1683 l’ufficio di Ammiraglio di Francia era vacante perché l’ultimo titolare il conte de Vermandois (figlio del Re e della duchessa di La Vallière) era appena morto, con grande sollievo del padre, che cosa di meglio che appioppare a un bimbo di cinque anni le spoglie di suo fratello maggiore ed il comando dell’intera flotta francese? Già che ci siamo gli diamo anche il governatorato della Guyenne, nel 1689 (presta giuramento per il governatorato e l’annesso ammiragliato nel 1694), per poi barattarlo con quello della Bretagna nel 1695. Lo scopo del Re è chiaro: assegnare a delle sue creature -“creature” in questo caso va inteso anche nel senso fisico del termine- così giovani degli incarichi così importanti significava innalzare loro a detrimento di altri che potrebbero anche averne avuto maggiori diritto e nel contempo conservando la possibilità di dirigere tutto di persona.

 Non che la carriera militare possa essere da meno: Louis-Alexandre è presente all’assedio di Mons nel 1691, ferito alla presa di Namur nel 1962 e ricevuto cavaliere degli Ordini del Re l’anno seguente, poi suo nipote Filippo V di Spagna lo nominerà cavaliere del Toson d’Oro nel 1703. Nel 1696 è nominato maresciallo di campo nel 1696 e luogotenente generale delle armate del Re nel 1697; ha il comando generale della cavalleria nell’armata della Mosa, e serve nell’armata di Fiandra come luogotenente generale nel 1701 e come ammiraglio nel 1702; nel 1704 comanda l’armata navale soprattutto a Malaga. Viene investito dell’ufficio di Grand Veneur nel 1714, poi diventa membro del consiglio di reggenza nel 1715 e capo del consiglio della marina.

Saint-Simon, con tutto il suo odio per la bastardigia ben noto al pubblico, lo elogia: a suo modo, beninteso, ma lo elogia.

“[…] un basso uomo, di buona accoglienza tanto quanto una naturale freddezza, ma glaciale, poteva permetterlo; di valore e con voglia di fare, ma per le strade lecite, e nel quale il buon senso diretto e giusto, per le cose ordinarie, suppliva all’intelligenza; molto applicato a conoscere la sua marina da guerra e commerciale e capendola molto bene […]”

Il conte di Tolosa sembra essere un buon amministratore dei propri dominii, nel 1695 acquista dal duca di Cheuvreuse il marchesato d’Albert, nota per essere stata il marchesato d’Ancre di Concino Concini, e nel 1706 da Joseph Fleuriau d’Armenonville compra il castello di Rambouillet, che ingrandisce ed abbellisce così come il dominio collegato, e che fa erigere in ducato-parìa maschile e femminile nel 1711. A Parigi acquista nel 1712 l’Hôtel de La Vrillière, vendutogli da Louis II Phélypeaux de La Vrillière, colui che esercitò le funzioni di segretario di stato alla Maison du Roi per conto del lontano cugino (e successivamente genero) Jean Frédéric Phélypeaux, conte de Maurepas. Lo fa ristrutturare nientemeno che da Robert de Cotte, e oggi il palazzo è la sede della Banca di Francia.
Lo stesso anno un editto del Re dichiara lui e suo fratello il duca du Maine, così come tutti i loro discendenti maschi secondo il loro rango e grado di parentela, atti a succedere alla Corona a difetto di eredi legittimi e Principi del Sangue, ed attribuendo ai bastardi lo stesso rango dei Principi del Sangue: questo tentativo di modificare le leggi di devoluzione della corona creò un grande scalpore ed una vera e propria insurrezione nella magistratura e nella nobiltà: la lotta durò per molto, e nel 1717 l’editto fu cassato dal Parlamento di Parigi e Tolosa e Maine furono spogliati dell’apparato e del rango, salvo che Tolosa fu reintegrato a titolo personale negli stessi onori, in virtù della sua probità e dei servigi resi. Saint-Simon gode nel suggerire pubblicamente questo riconoscimento, perfettamente conscio che tutta la cappa d’odio dei Principi del Sangue e dei nobili, duchi-pari in primis, sarebbe ricaduta sulla testa del terribilissimo duca du Maine.

“[…] fu un onore senza esempio fatto alla persona del cadetto, che ricade mutato in obbrobrio sul maggiore, che gli diventa oltraggio per sempre, a lui ed ai suoi figli a causa di lui […]”

“[…] Il fratello (Maine, NdR) ed anche M.me du Maine, schiacciati dal dolore e dalla rabbia di questo peso che li distruggerà, di questa separazione che gli toglierà forza, di questa distinzione così ingiuriosa per loro e così pesante per i loro figli […]”

Caso strano a Corte, Tolosa fa un matrimonio d’amore, e infatti inizialmente lo tiene segreto giacché si sposa con sua nipote, non di sangue ma sua nipote. La simpatica Marie-Victoire-Sophie de Noailles, figlia del Maresciallo Anne Jules de Noailles, aveva sposato Louis de Pardaillan de Gondrin, marchese d’Antin, figlio maggiore di un altro Louis (questo si chiamava anche Antoine) de Pardaillan de Gondrin: il duca d’Antin, figlio legittimo di m.me de Montespan. Saint Simon, il solito pettegolo, ci dice che:

“[…] Era da diverso tempo che il conte di Tolosa aveva cominciato ad apprezzare la marchesa di Gondrin alle acque di Bourbon. Era la sorella del duca di Noailles che non amava né stimava, ed era vedova con due figli dal figlio maggiore del duca d’Antin, col quale aveva avuto sempre molte frequentazioni e legami di convenienza perché erano entrambi figli di m.me de Montespan. M.me de Gondrin era stata dame de palais verso la fine della vita di Madame la Dauphine, giovane, gaia e molto Noailles, il petto molto bello, un viso piacevole, e non aveva mai fatto parlare di sé. L’affare fu condotto fino al matrimonio nel più grande segreto. […]”

Mathieu Marais, avvocato al Parlamento di Parigi, rimarca nei suoi Mémoires che questo matrimonio:

“[…] rende la contessa di Tolosa moglie del figlio e del nipote, poiché m. de Gondrin, suo primo marito, era figlio di m. il duca d’Antin, figlio di m.me de Montespan, così è suo nipote; e il conte di Tolosa è il figlio naturale di m.me de Montespan, sotto gli occhi di tutta la Francia. Questo matrimonio è nullo in sé, ma chi lo contesterà? […]”

La coppia si sposa il 2 febbraio 1723, nella cappella del palazzo arciepiscopale di Parigi, ma Tolosa ne diede parte a Luigi XV solo il 5 dicembre dello stesso anno, poco dopo la morte del Reggente.
Avranno un solo figlio: Louis-Jean-Marie de Bourbon, duca di Penthièvre.
Tolosa avrà anche due figli naturali dalla signorina Madeleine Aumont:

  • Louis-Alexandre de Sainte-Foy, nato nel 1720, battezzato nella chiesa di Saint-Roche e morto in tenera età;

  • Philippe-Auguste de Sainte-Foy (1721-1795) detto il Cavaliere d’Arcq, nato a Parigi il 20 luglio 1721, battezzato a Saint-Eustache il 22, e morto sempre a Parigi il 5 febbraio 1795, nobilitato nel 1748 e primo falconiere della maison del Conte di Provenza. Serve nella prima compagnia dei Moschettieri, poi come capitano del Royal-Cravates, cavaliere dell’Ordine di San Luigi dopo la battaglia di Fontenoy, cavaliere dell’Ordine di Malta. Sposa Anne Marie Richaud, cantante dell’Opéra, detta M.lle Ruitter.

Tolosa muore nel suo castello di Rambouillet, il giorno 1 dicembre 1737. La contessa gli sopravvive, e morirà all’Hôtel de Toulouse a Parigi il 30 settembre 1766. I loro corpi furono inizialmente inumati nella chiesa parrocchiale di Rambouillet, ma dopo aver venduto il castello a Luigi XVI il duca di Penthièvre, il 25 novembre 1783, li fece ritumulare assieme alle spoglie della moglie e dei suoi figli nella chiesa di Santo Stefano al castello di Dreux, a fianco dell’Espistola. Alla Rivoluzione i loro resti furono gettati in una fossa comune, e durante la Restaurazione furono accolti nella chiesa di San Luigi a Dreux.

Edited by Liselotte von der Pfalz - 6/6/2015, 17:37
view post Posted: 30/5/2015, 22:47     Louis-César de Bourbon, conte de Vexin - Personaggi
 Tra Jossigny e Bussy Saint-George, nei pressi di Lagny (e oggi di Euro Disney), sorgeva un castello isolato che rispondeva al nome di Le Genitoy; di origine anteriore al 1100, attualmente non ha più l’imponenza di un tempo; tuttavia nel tardo ‘600 era di proprietà di Louis Sanguin, signore di Livry e primo maître d’hôtel du Roi, e aveva ancora qualche utilità, così come racconta madame de Sévigné alla figlia:

“[…] L’amante di quella che voi avete chiamato l’incomparabilenon la trovò la prima sosta ma sulla via, in una casa di Sanguin, oltre quella che conoscete. Vi rimase due ore, si pensa che vi abbia visto i propri figli per la prima volta. La bella vi è rimasta con delle guardie e una delle sue amiche; rimarrà ancora tre o quattro mesi senza partire. Madame de La Vallière è a Saint-Germain, Madame de Thianges è qui da suo padre. Ho visto l’altro giorno sua figlia, è al di sopra di tutto quello che ci può essere di più bello. Vi è chi dice che il Re andò dritto a Nanteuil, ma ciò che è di fatto è che la bella sia in questa casa che chiamano Le Génitoy. Non vi mando che del vero; odio e disprezzo le false notizie […]”
.
È qui che m.me de Montespan partorisce Luigi Cesare il giorno 20 giugno 1672. L’amica che m.me de Sévigné si astiene dal nominare, confidando che la figlia capisca chi sia, è la governante dei figli di Luigi XIV e di Françoise-Athénaïs: la allora m.me Scarron, che dopo qualche anno farà fortuna col nome di marchesa de Maintenon.
Luigi Cesare è di salute cagionevole fin da piccolo, ha la colonna vertebrale deformata e una spalla più bassa dell’altra: per tutta la vita farà fatica a muoversi, e sarà tormentato dai medici che cercheranno di guarirlo in maniere a volte anche inquietanti. Saint-Simon lo definisce “tutto contraffatto”.

La legittimazione non tarda ad arrivare, e con lettere patenti di dicembre 1673 il cucciolo reale si vede attribuire il nome di conte de Vexin, nello stesso tempo suo fratello maggiore Luigi Augusto diventa duca du Maine e sua sorella minore Luisa Francesca riceve l’appellativo di Mademoiselle de Nantes. Notiamo velocemente che il Vexin è una terra nel nord-ovest della Francia che figura nelle cronache fin da quando Carlo Martello divise il regno dei Franchi in contee verso la metà dell’VIII secolo; una parte del contado torna alla Corona a fine XI secolo, per poi divenire appannaggio del futuro Luigi VI. Babbo Re, però, per essere sicuro di dargli un avvenire lo nomina anche abate di Saint-Germain des Prés; poi, una volta chiaro che il suo stato di salute non ne farà certo un militare, aggiunge l’abazia di Saint-Denis nel 1679.

Dopo la legittimazione i bimbi e la governante traslocano dalla casetta a Vaugirard dove alloggiavano e si installano a Corte, e tra il 1674 e il 1675 il Re sembra accorgersi che m.me Scarron, che nel 1675 prenderà il nome di marchesa de Maintenon dal nome di una terra acquistata di recente, è una donna e non solo una balia. Da cui la gelosia di m.me de Montespan oltre che per colpa dell’affetto che i suoi figli riversano sulla Scarron, la quale dal canto suo farà del piccolo Maine il suo preferito.

Luigi Cesare morirà a Parigi il 10 gennaio 1683, nell’abazia della quale era titolare e dove troverà sepoltura: Saint-Germain des Prés.

Edited by Liselotte von der Pfalz - 31/5/2015, 00:17
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